Quest’argomento
meriterebbe una trattazione ben più dettagliata ed estesa di questo semplice
articolo che si limiterà a tratteggiare alcuni importanti aspetti.
Lo stile letterario di un testo si
diversifica a seconda dei luoghi, dei tempi e degli autori, per quanto vi siano
degli elementi di fondo che, in campo liturgico, sono delle costanti.
Ogni componimento
letterario ha il suo stile e lo si individua da diverse angolazioni. Prendiamo,
ad esempio, una preghiera tratta dal “Vetus Ordo Missae”, del Messale Romano, quello
che comunemente si definisce impropriamente “tridentino”.
Concede
nos famulos tuos, quaesumus, Domine Deus, perpetua mentis et corporis sanitate
gaudere: et, gloriosa beatae Mariae semper Virginis intercessione, a praesenti
liberari tristitia, et aeterna perfrui laetitia. Per Christum Dominum nostrum.
℟
Amen.
In traduzione suona così:
Concedi
ai tuoi diletti, Signore Dio, la sanità perpetua della mente e del corpo e per
la gloriosa intercessione della beata Maria sempre Vergine, liberaci dalla
tristezza presente e donaci la letizia eterna. Per Cristo nostro Signore.
℟
Amen.
La preghiera si apre con
una richiesta diretta immediatamente a Dio: la sanità della mente e del corpo.
Prosegue invocando l’intercessione della Madonna, della quale si confessa la
perpetua verginità (inserto dogmatico), al fine di essere sollevati dalla tristezza
ed essere avvolti dalla letizia che troveremo nell’eternità (aspetto escatologico).
Cristo viene invocato alla fine per garantire l’esaudimento della preghiera
stessa.
Come si vede, Dio è il
centro e la preghiera fa rivolgere gli occhi degli oranti direttamente a lui
per ottenere dei benefici ma evocando l’escatologia che non viene affatto
trascurata.
Qual è il modo di
pregare, invece, nel Messale Romano del Novus Ordo? Assieme ad un limitato numero
di preghiere antiche (che hanno lo stile sopra indicato), troveremo molte preghiere
di nuova composizione. Queste preghiere hanno prospettive più o meno lontane
dalla precedente. Per essere chiaro, citerò una preghiera che non vi fa parte
ma che, in tutto, ricalca quella mentalità completamente nuova che possiamo
ritrovare in sempre più preghiere del Novus
Ordo.
Questa preghiera è stata
proposta dalla Conferenza Episcopale Fiamminga, qualche settimana fa, per la
cosiddetta benedizione delle coppie gay in chiesa. Al di là del tema
controverso che solleva, è interessante notare lo stile con il quale è stata
composta.
God van liefde
en trouw, vandaag staan we voor Uomringd door familie en vrienden. Wij danken U
dat we elkaar mochten vinden. We willen er zijn voor elkaar in alle
omstandigheden van het leven. Wij spreken hier vol vertrouwen uit dat we aan
elkaars geluk willen werken, dag aan dag. Wij bidden: schenk ons kracht om
elkaar trouw te zijn en ons engagement te verdiepen.
Op uw nabijheid
vertrouwen wij, van uw Woord willen we leven, aan elkaar gegeven voorgoed.
In traduzione suona così:
Dio d'amore e di fedeltà, oggi siamo
davanti a te circondati da famiglie e amici. Ti ringraziamo per averci permesso
di ritrovarci. Vogliamo esserci l'uno per l'altro in ogni circostanza della
vita. Parliamo qui con fiducia che vogliamo lavorare sulla reciproca felicità, giorno
per giorno. Preghiamo: dacci forza essere fedeli gli uni agli altri e
approfondire il nostro impegno.
Confidiamo nella tua vicinanza, con
la tua parola vogliamo vivere, donandoci l’uno all’altro per sempre (*).
Nella preghiera precedente, il
sacerdote si poneva come intercessore davanti a Dio pregandolo per ottenere dei
benefici corporali e spirituali in vista dell’al di là, dove vi sarà la
pienezza di ogni bene. In questa seconda preghiera, non esiste intercessore ma
uno prega per un altro, usando la prima persona plurale, “noi”. Il ruolo
sacerdotale, quindi, scompare o non è affatto evidente. Nonostante sia invocato
Dio, gli occhi di chi prega non si fermano a Lui ma si posano attorno agli
astanti, famiglie e amici che sono convenuti per l’unione gay. Non è il luogo né ha senso inserire qualche breve accenno dogmatico perché il fulcro di tutto non è la confessione della fede ma il progetto di vita di due persone. Infatti, la preghiera si concentra su di esso, sulle attese della coppia che,
si nota, sono unicamente terrene. In questo contesto come interpretare il “vogliamo
vivere”? Non certo in una prospettiva escatologica, come ogni preghiera
veramente cristiana dovrebbe avere. Piuttosto, in una prospettiva nuovamente
secolare.
Ne consegue che l’invocazione a Dio
è puramente strumentale e non c'è alcun bisogno di definire la fede alla quale si crede. Il centro di questa preghiera è rivolto all’interno
della coppia gay declamata da uno dei due membri o da chi vuole rappresentarli.
Questo testo ha un'evidente perdita della prospettiva teocentrica, un appiattimento in una spiccata dimensione secolare e psicologica. Ma ciò
non è, dunque, solo la caratteristica di questa “preghiera” proposta dai
vescovi fiamminghi che, quindi, non nasce dal nulla. Infatti, tale stile lo si può constatare, seppure con accenti diversi, in tutti i testi di nuova
composizione che senz’alcuna difficoltà si può sentir risuonare in molte chiese. Lascio al lettore farne l'ovvia constatazione.
Mi sembra dunque vero quanto a suo
tempo si scriveva: “Non si prega più come una volta!”.
Bello o brutto che sia, questo è
realmente un fatto incontestabile e incontrovertibile.
(*) https://www.kerknet.be/sites/default/files/20220920%20PB%20Aanspreekpunt%20-%20Bijlage%201.pdf