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lunedì 12 settembre 2022

La Pornodulìa.

 
Il termine con il quale apro questo scritto è un neologismo formato da due termini: πόρνη, ossia prostituta, e δοῦλος, ossia schiavo, servitore. La nostra cultura europeo-occidentale veicola in molti suoi aspetti la pornodulìa, ossia la sottomissione dell’individuo al piacere sessuale in qualsiasi forma si possa concretizzare. Rifiutare la pornodulìa, oggi, equivale a non vivere la parte migliore della vita e, quindi, significa sprecare inutilmente il proprio tempo. Tale mentalità ha pervaso talmente la società che ampi settori ecclesiastici ne sono stati impregnati. Il soddisfacimento sessuale di una coppia (etero o omo) significa, oramai, favorire il bene e costruire un saldo legame. Non si può non vedere, in quest’opinione, la generale idea che ne ha la psicologia. La psicologia ha, dunque,  soppiantato, in molti ambienti ecclesiastici, la spiritualità che assume contorni sempre più imprecisi e new age.

Se il soddisfacimento sessuale di una coppia è fondamentale e costituisce il “bonum”, indipendentemente dalla procreazione e, quindi, dal legame matrimoniale tra uomo e donna, non si capisce perché la Chiesa non deve accogliere le coppie omosessuali e offrire loro un rito con il quale benedire tale “bonum”.

La proibizione del piacere sessuale, in base a concezioni di ordine legale-moralistico, infatti, non convince più nessuno, tanto meno la maggioranza del clero cattolico, da quanto sembra. Il sinodo della “Chiesa cattolica tedesca”, tuttora in corso, ne è la prova più lampante.

Davanti a tutto ciò quella che, in realtà, è stata persa è proprio la visione spirituale, chiara alla Chiesa antica. Molti intellettuali critici e biblisti attuali dipingono a tinte fosche san Paolo per la severità con cui tratta i pornòduli del suo tempo. Nei secoli la Chiesa non è stata meno intransigente dell’Apostolo delle Genti e ha sempre indicato illecita l
attività sessuale al di fuori della procreazione e del contesto matrimoniale. Tacciare la Chiesa di “sessuofobia” come molti oggi fanno, non offre affatto una risposta corretta in merito. La qualifica impedisce di far capire che non si tratta di “paura del sesso” ma di ben altro.

Anche qui, come per molte altre mie riflessioni, è necessario attingere all’antropologia biblica e patristica con la quale si vede nell’uomo un aspetto razionale, stabilito dal termine anima, uno corporeo, sperimentato con le nostre sensazioni fisiche e uno trascendente e spirituale, indicato biblicamente come le "profondità del cuore" o con il termine "spirito".
Il godimento sessuale, collegato all
’istinto procreativo, è una delle più forti e piacevoli sensazioni fisiche  nell’uomo. L’attrazione ad esso è sempre stata molto forte, da che l’uomo è sulla terra. Su questo nulla di nuovo. La novità dei nostri tempi, è stabilita dalla separazione tra procreazione e godimento sessuale che è, di fatto, massivamente attuata nella società da alcuni decenni a questa parte. Cosa avviene nel momento in cui si soggiace permanentemente alla ricerca del piacere e ci si sottomette a tale attrazione, divenendo de facto, dei pornòduli?
 
Volendo utilizzare le spiegazioni di Gregorio Palamas (XIV sec.), per il quale l’uomo quando prega efficacemente fa scendere il pensiero della propria mente nel cuore, sede dello spirito, si può dire che il pensiero della propria mente, con la sua energia, scende nelle parti intime del corpo umano e vi risiede costantemente. A quel punto, si attua la pornodulìa, ossia la propria energia è a servizio del piacere genitale, ne diviene schiava.

Il noto lòghion evangelico ricorda che “non si può servire due padroni”. Ciò significa che in una situazione di pornodulìa è impossibile pregare ed elevare la propria interiorità a Dio. Le energie spirituali vengono sacrificate al sesso e, in tal modo, non possono elevarsi. 
Non è casuale che, prima della parte centrale e solenne della Messa, il sacerdote esorti i fedeli ad elevare i cuori. Tale esortazione è presente in tutte le liturgie antiche e non può passare inosservata:  esprime l’esatto contrario della pornodulìa. Le energie interiori dell’uomo devono stare dove spiritualmente sono efficaci, nel cuore, che, così, si può innalzare a Dio. Non si può assistere alla parte più solenne della Divina Liturgia o della Messa, ossia all’anafora eucaristica, senza avere il cuore verso il Signore! In caso contrario sia il celebrante sia chi assiste non vi traggono alcuna efficacia. Chi, oggi, lo dice e lo spiega?

La vera ragione per cui la Chiesa ha sempre condannato la pornodulìa è, dunque, legata al fatto che “non si può servire due padroni”, non ad una banale “sessuofobia”, seppur possa pure esserci stato, lungo i secoli, qualche autore sessuofobo.

Per essere più chiari, ci troviamo nell’analoga situazione di uno studente che legge in biblioteca un libro consigliato per un esame. Se lo studente impiega l’energia della sua mente in divagazioni, disapplicandosi allo studio, è ovvio che non potrà trarre alcun giovamento dalla sua lettura poiché, come si dice solitamente, “la mente è altrove”. Per applicarsi fruttuosamente allo studio, dovrà essere concentrato nella lettura del libro e vivere come se ogni altra cosa non lo riguardasse e non esistesse.

Non diversamente chiede la tradizione antica della Chiesa per quanto riguarda la preghiera e il rapporto con Dio. Non si tratta di una semplice elevazione sentimentale, di un insieme di orazioni da dirsi col cervello o meccanicamente con la bocca. Si tratta di portare l’energia delle propria interiorità nelle profondità di se stessi, nel proprio cuore, come dice Palamas, per presentare la preghiera a Dio allontanandosi con cura da ogni situazione che ne impedisce l’attuazione (pornodulìa compresa). 
Non è affatto un caso se tutti i testi liturgici antichi ricordano al celebrante che la preghiera che sta per fare deve mantenersi lontana da ogni preoccupazione mondana e da ogni pensiero malvagio. Oggi questo concetto basilare è stato ampiamente dimenticato al punto che cè chi crede di pregare dandosi da fare nelle cose del mondo come la Marta evengelica e chi crede di rendere culto a Dio mantenendo la mente immersa in pensieri pornòduli. Mai la confusione è stata più grande e soprattutto tra il clero!

Al contrario, il rifiuto della pornodulìa porta Cristo ad affermare nel Vangelo: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.

Chi si oppone a questa prospettiva, inevitabilmente si opporrà alla preghiera, oscurerà il proprio cuore e farà, come ricorda l’Apostolo, “del proprio ventre un dio”.

Nell’eternità, poi, ognuno riceverà quanto cercava nelle sue scelte terrene: la schiavitù a se stesso, in un corpo divenuto oramai polvere, come ricorda lApostolo, o la liberazione nella visione di Dio.


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