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mercoledì 22 novembre 2017

Preghiera, digiuno, sonno

Sembra che il papa argentino in uno dei suoi ultimi interventi abbia proferito la seguente frase: "Possiamo pregare da soli e se, mentre diciamo il Padre nostro, ci addormentiamo, come faccio io, al Signore piace lo stesso". È una frase molto accomodante e giustifica le persone, come spesso Bergoglio fa.
Ma cosa dice la tradizione ascetica antica della Chiesa? Usa tutto un altro linguaggio! Prima di tutto la veglia (quindi l'andare contro il sonno) è associata sempre al digiuno ed entrambe servono per sostenere la preghiera. Digiuno (secondo una regola equilibrata) e veglia sono il segno di un cuore che ama veramente Dio e che non si lascia sopraffare dalla trascuratezza come succederebbe in caso contrario. La veglia infatti esprime la vigilanza del cuore, come le vergini sagge che rimangono in piedi con il lume acceso ad attendere il Signore.
È evidente che andare contro questa mentalità, giustificando la trascuratezza, come pare si faccia nella frase sopra riportata, significa porsi, magari senza saperlo, contro l'antica tradizione ascetica della Chiesa e, alla lunga, minare la preghiera stessa senza la quale non c'è più vita cristiana. È qui che vogliamo arrivare?
Comunque sia, osserviamo cosa dice in proposito uno dei migliori patrologi viventi. 

Il digiuno e l'astinenza ai quali il monaco è chiamato non sono dunque una semplice moderazione nel bere e nel mangiare, tali da farci evitare ogni eccesso, né una semplice osservanza di regole esteriori, per quanto queste siano necessarie e debbano essere osservate fedelmente nello spirito che le ha redatte; il senso dell'astinenza deve ancora spingerci a tagliare con fermezza, con un generoso slancio spirituale e con con la libertà d'animo che offre l'assenza di ogni ricerca mascherata di se stessi, tutte le nostre "volontà proprie" e tutte le nostre voglie di cercare la nostra soddisfazione nell'alimentazione. La debolezza di salute obbliga forse l'uomo moderno ad utilizzare maggior moderazione rispetto al passato per quanto riguarda il digiuno in senso stretto. Ma esistono pure forme di digiuno che gli sono particolarmente necessarie: la restrizione dell'uso di eccitanti, di tranquillizzanti e di diversi prodotti farmaceutici di cui si ha, talora, un abusivo consumo in certe realtà comunitarie.
Seguendo la Scrittura, i Padri stabiliscono uno stretto legame tra il digiuno e la preghiera. Da una parte, in effetti, il digiuno (come d'altra parte il servizio effettivo del prossimo) da consistenza e autenticità alla nostra preghiera [...]. La nostra contrizione, la riconoscenza della nostra miseria e il nostro amore al Signore rischierebbero di essere più teorici, immaginari e sentimentali che reali, se non fossero vitalmente simbolizzati dal digiuno; grazie a quest'ultimo la nostra preghiera può divenire più veridicamente un atto che procede dal nostro cuore, dal fondo più intimo del nostro essere e nella quale siamo interamente impegnati. E, d'altra parte, il digiuno è un ausilio indispensabile della preghiera contemplativa perché sviluppa in noi il senso delle realtà spirituali e il gusto di Dio. Ecco perché il digiuno ha una grande affinità con il silenzio e il raccoglimento: i giorni in cui digiuniamo devono essere giorni di maggior silenzio e, al contrario, una giornata di ritiro non può di certo concepirsi senza digiuno.
Ecco perché al digiuno i Padri associano ordinariamente le veglie. Il digiuno sviluppa in noi il gusto di Dio e tale gusto ci incita a prevalere sul nostro sonno, a sacrificare una parte del nostro riposo corporeo, per prolungare o anticipare il nostro intrattenimento con Dio. Nulla lo esprime meglio se non le veglie, la vigilanza dell'attenta anima in modo che il torpore spirituale non la invada e attenda ardentemente il divino incontro,  tali visite dello Sposo quali preludi a quella dell'ultimo giorno.
"Da quando si inizia a digiunare, dice sant'Isacco di Ninive, si è immediatamente spinti dallo Spirito Santo ad intrattenersi con Dio. Un corpo che digiuna non sopporta passare la notte intera nel letto poiché il digiuno porta naturalmente a vegliare in compagnia di Dio" (Sant'Isacco di Ninive, Trattati Mistici [in inglese], Wensinck, p. 161)

p. Placide Deseille, Nous avons vu la vrai lumière
L'age d'Homme, Lausanne 1990,  p. 86.

2 commenti:

  1. Grazie per questo intervento.
    Si potrebbe allargare il discorso soffermandosi anche sulla moda, tutta recente, di traslare il digiuno dalla sfera alimentare - storicamente e intrinsecamente sua - a quella di altre realtà.
    Gli ambienti cattolici sono pieni ormai di fedeli che digiunano da internet, digiunano dai social network, digiunano dall'uso dell'automobile, ecc. Si cerca insomma di salvare la faccia, digiunando da tutto fuorché dal cibo e/o da certe bevande, epperò non riuscendoci, dal momento che non è la stessa cosa (per quanto utili possano essere queste forme moderne di "digiuno" ma, a mio avviso, solo se unite al digiuno propriamente detto).

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    1. Questo succede perché oramai non ci sono più veri maestri, ossia gente che ha imparato sulla propria carne, non tanto sui libri.
      L'intervento di B. è come al solito inquietante: ammicca, tranquillizzando le persone che così finiranno per non pregare più. Di tutt'altro genere l'intervento di Deseille nel quale si capisce che c'è un uomo che cerca Dio, non se stesso o il consenso di gente secolarizzata.
      Inoltre, inutile dirlo!, nell'intervento di B. non si evince alcun metodo, alcuna tradizione antica di cui si fa portavoce; egli parla con il "secondo me" di stampo individualista e ne è talmente convinto che pensa che Dio sia d'accordo con lui... CHe tristezza!

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