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giovedì 11 agosto 2011

L'inumanazione della grazia


Una reliquia del monaco Amphilokios Makris (Monastero dell'Annunciazione, Patmos)

Chissà perché, ma quando si parla di sacro, liturgia, "riforma" della liturgia, in Italia si evita o è molto difficile parlare di spiritualità, mistica e, soprattutto, d' "inumanazione della grazia".

Quest'ultima definizione, poi, lascia la maggioranza dei cristiani allibiti, come se si parlasse di ... marziani!

Non è un segno positivo, significa l'esistenza d'ignoranza su come funziona la "meccanica" della salvezza divina. Un'ignoranza di tal genere significa, poi, che si è di fatto molto lontani dall'essenziale, quell'essenziale che, in ultima analisi, fonda la liturgia stessa e ne dovrebbe motivare pure un'eventuale "riforma".

L'inumanazione della grazia, è una definizione un poco aulica ma significa una semplice cosa: vivere la grazia divina.

Questo discorso non rientra nell' "edificazione", nella "morale", nel tentativo di commuovere pie vecchiette (tanto, oramai, pure loro non ci sono quasi più).

Rientra, semmai, nell'essenza del mistero cristiano.

Sant'Atanasio lo ricorda con una frase divenuta celebre e che suona pressapoco così: Cristo diventa uomo perché l'uomo diventi Cristo. La cosa ha enormi conseguenze, pure in campo liturgico.

La grazia si può definire come una "forza" divina.

Chiunque sa di Catechismo, conosce che essa è riferibile ed attingibile nei sacramenti.
Ma se la grazia è attingibile nei sacramenti, vuol dire che colui che ne attinge ne viene riempito.
Se ne viene realmente progressivamente riempito, non è più quello di prima, dal momento che la grazia non è una realtà inefficace (se la si lascia lavorare).

Lutero ha negato questo principio logico e ontologico. Per Lutero, l'uomo rimane comunque e sempre peccatore, viene solo giustificato, non ha alcun essenziale cambiamento. Di fatto, Dio non si può "sporcare le mani" con lui e rimane chiuso nel suo bel paradiso. Gli dice solo: "Qualcunque cosa farai ti giustifico se hai fede in me". Poi torna tra i suoi angeli che lo onorano lasciando all'uomo le Scritture da interpretare liberamente. Nel frattempo, l'uomo sente di avere carta bianca per divenire pure... ateo!

Purtroppo quest'idea è entrata in gran parte del mondo cattolico ma è una deviazione rispetto la fede antica.
Ne consegue che, se si parla a protestanti o a critpo-protestanti d' "inumanazione della grazia", significa quasi bestemmiare. Certamente si appare ingenui o ridicoli quando, invece, tale prospettiva è ampiamente riscontrabile nella letteratura patristica.

Gli stessi Padri sono convinti che la grazia assunta nei sacramenti, provoca qualcosa in chi l'assume, altrimenti se ne deve negare l'esistenza.
Detto diversamente, se si vive di questa grazia, inevitabilmente s'irradia qualcosa, se ne lascia il segno: si diventa, in qualche modo, noi stessi un sacramento.

Un'assemblea cristiana che vive il mistero della grazia, lascia in un ambiente, in una chiesa, un'atmosfera che non è come quella dell'osteria del paese, di una biblioteca o di un tempio non cristiano.

Questo riguarda anche le reliquie di un uomo vissuto santamente: irradiano attorno a loro una realtà indefinibile che dona una sensazione particolare, una sensazione di "presenza vivente".

In un ambiente di questo genere, ha poco senso se la preghiera è detta in latino o greco-bizantino, in spagnolo o in swahili. Quello che ha senso, è la percezione di questa realtà che, una volta avvertita, fa immediatamente capire cosa significhi il termine sacro o il termine Dio.

Questa realtà viene descitta da santa Maria Egiziaca come delle "mani" che la respinsero mentre stava entrando in una chiesa, sospingendola nel deserto per praticare la conversione.

E' solo di questo che ha bisgno la liturgia cristiana, non di ulteriori affaticanti e, forse, vuote chiacchiere.

Isola di Patmos (Grecia)
Una volta mi trovavo a Patmos, la famosa isola nella quale la tradizione vuole che san Giovanni abbia scritto l'Apocalisse.
Visitai il grande monastero maschile, in cima alla collina, ma non mi attrasse particolarmente: lo sentii vuoto di spirito.

Per giunta, trovai l'isola molto commercializzata al punto che i negozianti vendevano di tutto, pur di far soldi con i turisti.

Un bel giorno, affittando una mountain-bike, raggiunsi un monastero di monache, abbastanza lontano dai centri abitati e dalle vie turistiche.

Monastero greco-ortodosso dell'Annunciazione
Appena disceso, sentii subito un'atmosfera diversa, un silenzio che ricordava vagamente quello atonita. Mano mano che entravo nel monastero, questo silenzio s'infittiva ma donava, pure, una sensazione profonda molto difficile da descrivere: una sensazione "magnetica". Ad un certo punto, questa sensazione fu molto forte. Mi guardai attorno e vidi, in un contenitore d'argento, una parte di cranio di un monaco vissuto santamente, morto nel 1970: Amphilokios Makris. 

Tale sensazione "magnetica" è, precisamente, quello che caratterizza un ambiente sacro. Non è solo data dalla fatica delle preghiere e da cuori amanti. Ha qualcosa di "non umano" che potremo definire, appunto, grazia di Dio, la quale può  "inzuppare" un uomo e le sue reliquie.

Immagino che un tempo pure La Verna di Francesco d'Assisi donasse sensazioni del genere. Molte cose me lo fanno supporre. Purtroppo oggi pure quel luogo è "vuoto di spirito" ma, in compenso, pieno del fragore di turisti schiamazzanti e per nulla rispettosi del posto: essi si comportano come se fossero nella piazza del loro villaggio.

Un ambiente si "riempie di spirito" quando gli uomini s' "inzuppano" di grazia che, come abbiamo visto, si avverte.

Questa è una fase importantissima, nella cosiddetta "salvezza cristiana". Se la prima fase è quella sacramentale, l'assunzione dei sacramenti, quella immediatamente seguente è l' "inumanazione della grazia", il far proprio la forza sacramentale.

Se questa seconda fase non avviene, anche se i sacramenti celebrati sono validi, finiscono per risultare inefficaci, quindi inservibili.
San Simeone il Nuovo Teologo (XI sec.) aveva profonda coscienza di ciò, al punto da mettere in dubbio la reale efficacia di alcuni sacramenti in casi particolari e quindi l'alterazione della Chiesa stessa in determinati contesti decaduti.

Una comunità cristiana in cui né il sacerdote, né i cristiani vivono la grazia, finisce per essere un' "altra cosa". Si finisce veramente per alterare l'essenziale ma lasciando la realtà esteriore materialmente ... inalterata.

Quelle chiese sono spiritualmente "vuote di Dio" perché Dio,  per manifestarsi, ha bisogno della carne umana, nel modo che è stato solennemente riconosciuto nel quarto concilio ecumenico, quello di Calcedonia (451).

Chi è "vuoto di Dio" ma pieno d'idee rellgiose personali, entra inevitabilmente in false prospettive e falsi problemi; intravvede false soluzioni. Una è, appunto, quella per cui, per avvicinare le persone al Cristianesimo, è necessario tradurre una liturgia nell'italiano dell'ultima generazione o in dialetto (non cessando mai di fare continue traduzioni e adattamenti), abolire segni ritenuti oramai arcaici, inventarsi cose "simpatiche", spettacolarizzare il culto, ecc.

In realtà i Padri direbbero che, in una condizione del genere, si potrebbe avere smarrito l'esperienza della grazia o, semplicemente, non la si potrebbe mai aver avuta!