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lunedì 22 ottobre 2018

La confusione tra ciò che è essenziale e ciò che è accessorio nella Chiesa

Nei nostri tempi di montante confusione mi sembra necessario fornire gli strumenti per discernere ciò che è essenziale da ciò che è accessorio nella Chiesa. Tutto ciò non è scontato per nessuno e anche chi ci dovrebbe insegnare può, per interessi personali o perché troppo assorbito dal compito di difendere l'istituzione che rappresenta e sente minacciata, avere idee confuse o infondere la netta idea d'averle.
Ciò che è necessario nella Chiesa è quanto discende direttamente dalla rivelazione. Ad es. i sacramenti sono ritenuti essenziali, il sacerdozio è ritenuto essenziale (nell'unica funzione di santificare e insegnare ai fedeli). Le cose essenziali, dunque, derivano tutte dall'epoca apostolica e non sono mai numerose.
Ciò che è accessorio (e anche non essenziale) nella Chiesa sono le istituzioni che nel tempo si è data. L'arcipretato, l'archimandritato, il cardinalato, sono tutte cose non essenziali. Un altro esempio: l'ordinamento diocesano si plasma sulla divisione geopolitica dell'impero romano. Esso dunque può variare nel tempo. 
Gli arcivescovadi e i patriarcati (creati da una certa epoca in poi) sono emersi a partire dalle città più importanti dell'Impero romano. Se, ad esempio, la seconda città imperiale fosse stata Milano (e non Costantinopoli) oggi Milano sarebbe sede patriarcale e Costantinopoli non conterebbe nulla, forse non avrebbe più neppure quel poco di cristiano che le rimane.
La Chiesa, se non ci fossero stati i patriarcati (lasciamo per il momento da parte il patriarcato romano che ha una storia tutta sua), sarebbe comunque cresciuta; si sarebbe sviluppata con un altro ordinamento poiché, in queste cose, l'ordinamento ecclesiastico è modificabile, contingente, variabile. Non dovrebbe mai essere fisso una volta per tutte perché non è un dogma di fede e portarlo a livello di un dogma di fede significa cadere in una confusione fatale dove il creato si confonde con l'increato, l'umano con il rivelato. Tutto è utile, nulla è essenziale fuorché quant'è stato rivelato!
Oltretutto, dare un eccessivo peso all'istituzione transeunte (come tutte le cose di questo mondo) potrebbe far levare lo sguardo da quanto non viene mai meno ossia dallo scopo principale della Chiesa. Il suo compito fondamentale è cambiare gli uomini nella grazia, non fare azioni sociali, artistiche, culturali o - peggio! - incensare se stesso.
Detto ciò, copio e incollo la parte finale di un'omelia del patriarca Bartolomeo e lascio ai lettori capire se questa divisione fondamentale è qui rispettata o meno.
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«La santa Grande Chiesa di Cristo non coltiva e promuove solo i preziosi valori della tradizione ortodossa, ma influenza creativamente anche il futuro culturale. Crea e insegna l'alta civiltà della comunione e dell'amore. Il Patriarcato ecumenico ha sigillato e siglato in modo indelebile la storia dell'umanità. È anche oggi la speranza per il presente e il futuro. [... il Patriarcato è] un'istituzione che, se non ci fosse stata data dalla grazia di Dio e specialmente alla nostra nazione, sarebbe stato necessario inventare».

Omelia del 21 ottobre 2018, vedi qui.

domenica 14 ottobre 2018

La canonizzazione dei santi


Una strana icona
con un papa oggi "fatto" santo
Prima di entrare in quest'argomento faccio una premessa. In qualsiasi tempo della Chiesa, nella confusione come nella pace, alle persone ben disposte Dio non ha mai fatto mancare il suo aiuto e sperimentare la sua presenza. Infatti la Chiesa pur con ministri indegni e con cristiani poco credibili, è voluta da Dio per portare lo sguardo degli uomini oltre le contingenze terrene, laddove risiede la vera felicità. Questo significa che nessun vero credente dev'essere pessimista perché l'ultima parola non è mai parola umana.

Detto ciò, quando parliamo della canonizzazione dei santi entriamo in un argomento fondamentale. La canonizzazione non si “fa” ma si riconosce. L'autorità ecclesiastica non ha alcun potere di “fare” un santo, poiché chi “fa” i santi è Dio. L'autorità dovrebbe limitarsi a riconoscerne la santità e li propone come modello ai cristiani.
Prima che l'autorità ecclesiastica proclamasse i santi, chi li proclamava erano i fedeli, la Chiesa nella sua totalità. Ambrogio di Milano, Ireneo di Lione, Benedetto da Norcia, giusto per fare qualche nome, non hanno avuto alcuna autorità ecclesiastica che li riconoscesse. L'insieme dei fedeli li riteneva santi grazie ad un “fiuto” per le cose soprannaturali che viene dato al battezzato.
Il battezzato, in chi è attivo questo “fiuto”, sente subito se uno è un “contenitore di grazia” o meno, per il semplice fatto che avverte la presenza di tale grazia.
Faccio un esempio.
Un giorno, a Patmos, una persona entrò in un monastero femminile, fondato a suo tempo da un padre spirituale di gran cuore. Tale persona non conosceva nulla di quest'uomo se non che aveva fondato il monastero. Quando entrò nel monastero sentì un'atmosfera particolare che, man mano che si avvicinava ad una stanza, aumentava. Sulla soglia di quella stanza, nella quale non c'era alcuno, sentì nell'aria una presenza molto forte. Entrò e sulla sua sinistra vide la reliquia del cranio del padre spirituale fondatore.
Ecco, la grazia è una realtà sperimentale: o esiste o non esiste. Laddove esiste si fa sentire a chi ne ha “naso” ma laddove non esiste non si può crearla perché non ci appartiene, essendo una realtà oltre questa terra.
Detto ciò, i santi veri hanno tutti questa grazia, questa forza particolare che li fa essere sicuri, sereni, forti, pur dinnanzi a mille tribolazioni. La presenza di questa forza è l'unica cosa che spinge alcuni ad abbandonare tutto, ad affrontare serenamente la morte. La presenza di questa forza sosteneva i martiri e dava loro serenità.

Ora, devo dirlo chiaramente e mi spiace per chi non è d'accordo con me: non pochi santi che si stanno “facendo” ultimamente a Roma sono degli pseudo-santi. Mi spiego meglio: eticamente potranno anche essere persone rette, avranno pure insegnato bene, avranno forse anche un loro eroismo, ma non mi hanno mai minimamente dato alcuna sensazione di soprannaturalità.
Anni fa incontrai personalmente la nota Teresa di Calcutta. Le appoggiai la mano sulla schiena curva, la ascoltai parlare, ma non mi dette nulla di particolare se non la sensazione d'essere davanti ad una “buona vecchietta”. Ma una santa non è una “buona vecchietta”, è qualcosa di molto più, quel molto più che solo chi lo ha intravvisto lo capisce. Potrei dire la stessa cosa di Giovanni Paolo II che, ovviamente, per me non è santo.

Costoro e altri loro simili sono “santi etici”, ossia persone umanamente buone, quand'anche non siano dei “santi politici”, come nel caso della recente canonizzazione di Paolo VI. Sono fermamente convinto che santi come Paolo VI non siano santi veri. Può essere che Dio li abbia con sé in gloria, come potrebbe essere nel caso dei miei genitori ma ciò non deve per nulla significare che siano detti santi con tutto ciò che questo poi comporta.
La santità non è affare dei preti o delle autorità ecclesiastiche. È prima di tutto affare dei credenti che riconoscono o meno in una persona dei tratti che non sono terreni. Nel caso di Paolo VI siamo dinnanzi ad una persona psicologicamente sofferente, torturata dalle sue stesse paure, come testimoniava il card. Siri il quale, pur rispettandolo, non ne aveva simpatia. Papa Montini era talmente torturato da rimanere profondamente ferito quando, leggendo il giornale, vedeva commenti contro di lui. Dov'è, qui, la santa “indifferenza” all'opinione del mondo, quell'indifferenza che, tanto per dirne una, viene insegnata dai padri del deserto?
Fare santi gente così significa prendere in giro gli inconsapevoli credenti!

Se la santità non è più il cambiamento di un cuore per la grazia divina vivente, cambiamento che fa di se stessi la “roccia di pietro”, ma una pura questione di virtù umane; se è una pura questione etica, se poi diviene addirittura una questione politica, allora si possono fare santi anche quanti, diverso tempo fa, non lo sarebbero assolutamente stati.
E non mi si venga a parlare di eventuali miracoli, perché eventi soprannaturali di tal genere esistevano pure nelle religioni pagane. Il miracolo in sé non significa molto, tant'è che tempo fa lo testimoniò pure una signora guarita dal cancro da... Sai Baba! Il miracolo bisogna associarlo ad una reale santità di vita e ad una fede integerrima.

La posta in gioco non è piccola perché quelle autorità che “fanno” santi quanti di fatto non lo sono stati, finisce per impiantare nella Chiesa un'anti-Chiesa dinnanzi all'indifferenza passiva di fedeli sempre più confusi e disorientati.