Una strana icona con un papa oggi "fatto" santo |
Detto ciò,
quando parliamo della canonizzazione dei santi entriamo in un
argomento fondamentale. La canonizzazione non si “fa” ma si
riconosce. L'autorità ecclesiastica non ha alcun potere di “fare”
un santo, poiché chi “fa” i santi è Dio. L'autorità dovrebbe
limitarsi a riconoscerne la santità e li propone come modello ai
cristiani.
Prima che
l'autorità ecclesiastica proclamasse i santi, chi li proclamava
erano i fedeli, la Chiesa nella sua totalità. Ambrogio di Milano,
Ireneo di Lione, Benedetto da Norcia, giusto per fare qualche nome,
non hanno avuto alcuna autorità ecclesiastica che li riconoscesse.
L'insieme dei fedeli li riteneva santi grazie ad un “fiuto” per
le cose soprannaturali che viene dato al battezzato.
Il
battezzato, in chi è attivo questo “fiuto”, sente subito se uno
è un “contenitore di grazia” o meno, per il semplice fatto che
avverte la presenza di tale grazia.
Faccio un
esempio.
Un giorno, a
Patmos, una persona entrò in un monastero femminile, fondato a suo
tempo da un padre spirituale di gran cuore. Tale persona non
conosceva nulla di quest'uomo se non che aveva fondato il monastero.
Quando entrò nel monastero sentì un'atmosfera particolare che, man
mano che si avvicinava ad una stanza, aumentava. Sulla soglia di
quella stanza, nella quale non c'era alcuno, sentì nell'aria una
presenza molto forte. Entrò e sulla sua sinistra vide la reliquia
del cranio del padre spirituale fondatore.
Ecco, la
grazia è una realtà sperimentale: o esiste o non esiste. Laddove
esiste si fa sentire a chi ne ha “naso” ma laddove non esiste non
si può crearla perché non ci appartiene, essendo una realtà oltre
questa terra.
Detto ciò,
i santi veri hanno tutti questa grazia, questa forza particolare che
li fa essere sicuri, sereni, forti, pur dinnanzi a mille
tribolazioni. La presenza di questa forza è l'unica cosa che spinge
alcuni ad abbandonare tutto, ad affrontare serenamente la morte. La
presenza di questa forza sosteneva i martiri e dava loro serenità.
Ora, devo
dirlo chiaramente e mi spiace per chi non è d'accordo con me: non
pochi santi che si stanno “facendo” ultimamente a Roma sono degli
pseudo-santi. Mi spiego meglio: eticamente potranno anche essere
persone rette, avranno pure insegnato bene, avranno forse anche un loro
eroismo, ma non mi hanno mai minimamente dato alcuna sensazione di
soprannaturalità.
Anni fa
incontrai personalmente la nota Teresa di Calcutta. Le appoggiai la
mano sulla schiena curva, la ascoltai parlare, ma non mi dette nulla
di particolare se non la sensazione d'essere davanti ad una “buona
vecchietta”. Ma una santa non è una “buona vecchietta”, è
qualcosa di molto più, quel molto più che solo chi lo ha
intravvisto lo capisce. Potrei dire la stessa cosa di Giovanni Paolo
II che, ovviamente, per me non è santo.
Costoro e
altri loro simili sono “santi etici”, ossia persone umanamente
buone, quand'anche non siano dei “santi politici”, come nel caso
della recente canonizzazione di Paolo VI. Sono fermamente convinto
che santi come Paolo VI non siano santi veri. Può essere che Dio li
abbia con sé in gloria, come potrebbe essere nel caso dei miei
genitori ma ciò non deve per nulla significare che siano detti santi
con tutto ciò che questo poi comporta.
La santità
non è affare dei preti o delle autorità ecclesiastiche. È prima di
tutto affare dei credenti che riconoscono o meno in una persona dei
tratti che non sono terreni. Nel caso di Paolo VI siamo dinnanzi ad
una persona psicologicamente sofferente, torturata dalle sue stesse paure,
come testimoniava il card. Siri il quale, pur rispettandolo, non ne
aveva simpatia. Papa Montini era talmente torturato da rimanere
profondamente ferito quando, leggendo il giornale, vedeva commenti
contro di lui. Dov'è, qui, la santa “indifferenza” all'opinione
del mondo, quell'indifferenza che, tanto per dirne una, viene
insegnata dai padri del deserto?
Fare santi
gente così significa prendere in giro gli inconsapevoli credenti!
Se la
santità non è più il cambiamento di un cuore per la grazia divina
vivente, cambiamento che fa di se stessi la “roccia di pietro”,
ma una pura questione di virtù umane; se è una pura questione
etica, se poi diviene addirittura una questione politica, allora si
possono fare santi anche quanti, diverso tempo fa, non lo sarebbero
assolutamente stati.
E non mi si venga a parlare di eventuali miracoli, perché eventi soprannaturali di tal genere esistevano pure nelle religioni pagane. Il miracolo in sé non significa molto, tant'è che tempo fa lo testimoniò pure una signora guarita dal cancro da... Sai Baba! Il miracolo bisogna associarlo ad una reale santità di vita e ad una fede integerrima.
La posta in
gioco non è piccola perché quelle autorità che “fanno” santi
quanti di fatto non lo sono stati, finisce per impiantare nella Chiesa
un'anti-Chiesa dinnanzi all'indifferenza passiva di fedeli sempre più confusi e disorientati.
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