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sabato 20 gennaio 2018

La "pornoteologia"

Mi intratterrò su questo tema brevemente, ben sapendo che ai cristiani non è conveniente parlare di certe cose, come ricordava l'Apostolo Paolo.
Già da tempo ho pensato di coniare il termine "pornoteologia" per indicare quel tipo di riflessioni "teologiche" che nascono da presupposti non spirituali. 

La teologia tradizionale prende spunto da quella patristica la quale si muove sempre ed esclusivamente da presupposti spirituali. San Gregorio il Teologo (il Nazianzeno) ricorda spesso nei suoi scritti che il vero teologo è colui che si trasforma con l'azione dello Spirito Santo divenendo uomo spirituale. Solo l'uomo che prega e che si muove in una logica divina è un vero teologo. Di qui l'indispensabilità di essere trasformati, di cambiare radicalmente la mentalità secolare per assumere la dignità dei figli di Dio i quali non sono mossi da uno spirito carnale ma direttamente dallo Spirito Santo. Di qui pure la centralità della vita monastica nella Chiesa che diviene un vero e proprio paradigma per il vissuto ecclesiale.

Questa è la tradizione della Chiesa e impone prima di tutto una trasformazione personale e solo dopo una formazione intellettuale (sequenza che oramai non è più osservata dando erroneamente per scontata la prima e ritenendo assolutamente marginale la vita monastica).

Se ci si stacca da questa tradizione teologico-spirituale non osservandola più (il che è un vero e proprio scisma che implica o prima o poi delle eresie), succedono i pasticci odierni che si potrebbero tranquillamente qualificare come "pasticci diabolici".

È da anni, oramai, che nel mondo cattolico corre l'idea secondo la quale i rapporti tra le tre Persone Trinitarie sono analoghi ai rapporti sessuali o carnali. È un'idea, questa, che si può sentire pure in certe omelie com'è capitato al sottoscritto. Ultimamente si sta diffondendo l'idea che l'eucarestia è paragonabile al dono del corpo il quale implica una donazione sessuale (idea diffusa da un paio di sacerdoti di Bergamo, Manuel Belli e Andrea Grillo, come si può riscontrare nel web).

La bocca parla per la pienezza del cuore e se il cuore, invece di essere purificato dallo Spirito, è invaso da compulsivi pensieri carnali è ovvio che la stessa teologia viene oscurata e capovolta.

In questi casi l'unica cosa da fare, oltre a denunciare queste vere e proprie bestemmie, è quella di evitare accuratamente tale genere di persone e le loro idee, persone che, secondo i Padri, sono ormai divenute come diavoli. 
Infatti la loro non è più la teologia della Chiesa ma  una vera e propria "pornoteologia", diffusa anche a causa dell'indifferenza e dell'ignavia episcopale odierna.
Il fine della teologia è l'elevazione della persona dalle contingenze del mondo presente alla sfera spirituale con la quale assume la "veste nuziale" per prepararsi all'incontro con il Signore. Se questo non avviene e ci si intrattiene su argomenti quanto meno sconvenienti, non ci si potrà poi meravigliare quando, giunto il momento, ci si sentirà respingere dallo Sposo per non essersi rivestiti della veste nuziale stessa, come ricorda la parabola evangelica. Un clero che non aiuta le persone a mettersi in questa prospettiva è veramente divenuto collaboratore del diavolo.

giovedì 18 gennaio 2018

I vasi sacri

I vasi sacri sono quelle particolari suppellettili adibite a contenere il pane e il vino eucaristico. Nel rito romano-latino i vasi sacri sono il calice, la patena e la pisside. Nel rito bizantino sono il calice e il disco o patena con il suo asterisco. 
La terminologia “vaso sacro” è ancora in uso comune e indica sia l’atto del contenere qualcosa (vaso), sia la sacralità di tale oggetto, ossia il suo uso esclusivo per un atto sacro o liturgico.

Non è dunque un caso che nel tradizionale rito romano-latino, come presumibilmente avviene pure nel rito bizantino, il calice e la patena vengano consacrati. Il Pontificale Romanum prevede determinate preghiere e l’unzione, con il sacro Crisma, del calice e della patena che d’ora in poi avranno l’esclusivo utilizzo eucaristico.

Si badi bene al significato sotteso: l’unzione crismale accomuna sia i vasi sacri che le mani di chi viene ordinato sacerdote nonché la consacrazione dell’altare. Il Crisma, o Myron, indica la presenza dello Spirito santo che si effonde su cose e persone prendendone possesso, facendole entrare, in qualche modo, nella sfera del divino.

Nella tradizione della Chiesa, sia in Occidente che in Oriente, si è stabilita la consuetudine di velare gli oggetti sacri in modo che non fossero immediatamente visibili. In Oriente l’iconostasi nasconde, di fatto, tutto il santuario e quanto vi è in esso. In Occidente, ai tempi di papa Innocenzo III, esistevano tre veli: le tende che chiudevano il santuario pendendo dalla pergula delle balaustre, le tende che chiudevano il ciborio e il velo sul calice. In questo modo, il calice durante parte del culto, finiva per essere coperto da ben tre veli!

Perché il bisogno di nascondere le cose sacre e di allontanarle dal tocco di mani non consacrate? Perché per la Chiesa altomedioevale Dio non è immediatamente percepibile e neppure pensabile. La sua presenza agisce nel mistero, essendo un Deus absconditus. Dio non cade immediatamente sotto il dominio dei cinque sensi perché agisce nell’interiorità umana, nel cosiddetto cuore. Anche oggi chiunque può ammettere che la divinità è così discreta da lasciare all’uomo perfino la libertà di negarne l’esistenza. Ad Essa ci si accosta tramite un’ascesi mistica. Non a caso le mistagogie patristiche paragonano il santuario di una chiesa all’intimità spirituale dell’uomo, intimità che è normalmente velata alla ragione. E nel medioevo, infatti, i santuari sono normalmente tutti velati.

Il velare ha dunque un fine educativo per un approccio religioso equilibrato e tradizionalmente sensato.

Pian piano in Occidente, però, iniziano ad esercitarsi due elementi che cambieranno lentamente gli equilibri alto-medioevali: il devozionalismo e il razionalismo. Al primo caso appartiene l’ostensione dell’Ostia santa, subito dopo la sua consacrazione, essendo unesigenza dettata dalla devozione che pone l’accento sul “vedere”, sullo svelare; è un vedere senza poter vedere con l’intenzione, però, di voler vedere a tutti i costi. L’uomo della fine del medioevo aveva bisogno di questa visione per capire se, in qualche modo, l’ostia consacrata subisse dei fenomeni sensibili dovuti alla consacrazione
Al secondo caso appartiene l’esercizio della ragione nella fede, spingendola oltre i limiti nei quali si erano contenuti i Padri Qui si pone l’accento sul capire prima che sull’esperire determinando, volente o nolente, la secondarietà della spiritualità e della mistica a favore dell’indagine filosofico-teologica. Anche questo determina, in un certo qual modo, uno svelamento.

Non è dunque strano che con il trionfo del Rinascimento i santuari delle chiese latine perdano due dei tre veli ancora esistenti al tempo di Innocenzo III. Ora lo sguardo del fedele può penetrare in ogni dove senza incontrare più ostacoli: egli vuole vedere per capire, per dedurre logicamente!
Nonostante ciò il santuario rimane ancora un luogo intangibile: il laico non vi può penetrare se non con un permesso particolare e i vasi sacri non possono normalmente essere toccati dai laici tant’è vero che, ancora dopo il Concilio di Trento, il sacerdote porta direttamente sull’altare calice e patena velati mentre si reca a celebrare la Messa.

Sappiamo che queste ultime disposizioni sono attualmente venute meno: il santuario di una chiesa cattolica è divenuto uno spazio aperto, quindi praticabile da tutti, e i vasi sacri sono oramai toccati dai laici senza alcuno scrupolo (si pensi ai cosiddetti “ministri straordinari” dell’eucarestia ma anche agli infiniti altri casi riscontrabili nella pratica). 

Il razionalismo teologico attuale ha portato, da parte sua, ad accantonare ulteriormente il cosiddetto mistero, che pure alimentava generazioni di credenti, soprattutto nell’alto medioevo. La logica conseguenza a tutto ciò è stata la desacralizzazione e la cosiddetta “demitizzazione” con la quale non si è solo decurtato il Vangelo ma si è oscurata la tradizione pedagogica propria al Cristianesimo. In casi estremi tutto ciò ha portato ad un vero e proprio agnosticismo religioso che ha invaso anche gli ambienti ecclesiali.

Illustrato questo cammino, sono dunque comprensibili tutte le conseguenze attuali, quelle che vengono prosaicamente definite “abusi” ma che, in realtà, rispondono perfettamente alla nuova sensibilità che si è venuta a creare, nonostante esista ancora qualche norma contraria.

Non mi sono dunque meravigliato quando, entrando nella bella chiesa medioevale di Muggia Vecchia (Ts) ho osservato dei vasi sacri posti su un tavolinetto, all’ingresso della chiesa stessa. L’orario della mia visita era quello di una messa vespertina ma questo non scusa tale disposizione. 

Simbolicamente tutto ciò impone un capovolgimento di significati: ciò che dovrebbe rimanere intangibile diviene toccabile e raggiungibile nella sua materialità. Inoltre, il luogo deputato alla riposizione di questi oggetti particolari non è quello che dovrebbe essere, il che da l’impressione che essi siano oggetti comuni. A monte di tutto questo, non è difficile capirlo, c’è una demitizzazione, la negazione del sacro, come se Dio tutto ad un tratto fosse qualcosa di materialmente toccabile, razionalizzabile. In una parola: consciamente o meno, Dio diviene qualcosa di puramente creato, il che spiega sufficientemente l’arianesimo occidentale odierno.

Ma senza scomodare la simbolica liturgica e la teologia una qualsiasi persona capirebbe che porre le cose così fuori posto potrebbe indicare qualche problema psicologico: una casalinga che mette le lenzuola negli armadi della cucina e le stoviglie in camera da letto non da certo un’impressione molto positiva! 

Oltretutto se si pongono degli oggetti di valore vicino alle porte di una chiesa li si lascia a disposizione del primo malintenzionato che passa…



Quello che mi preme aver osservato, con questo scritto, è che anche le cose più originali, che oggi si possono riscontrare facilmente in una chiesa, non sono poste a caso ma rispondono tutte ad una logica il cui significato, il più delle volte, affonda le sue origini in atteggiamenti nei quali la fede o è alterata o è inesistente. 

Oramai o non si crede più come un tempo o non si crede affatto.