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giovedì 18 gennaio 2018

I vasi sacri

I vasi sacri sono quelle particolari suppellettili adibite a contenere il pane e il vino eucaristico. Nel rito romano-latino i vasi sacri sono il calice, la patena e la pisside. Nel rito bizantino sono il calice e il disco o patena con il suo asterisco. 
La terminologia “vaso sacro” è ancora in uso comune e indica sia l’atto del contenere qualcosa (vaso), sia la sacralità di tale oggetto, ossia il suo uso esclusivo per un atto sacro o liturgico.

Non è dunque un caso che nel tradizionale rito romano-latino, come presumibilmente avviene pure nel rito bizantino, il calice e la patena vengano consacrati. Il Pontificale Romanum prevede determinate preghiere e l’unzione, con il sacro Crisma, del calice e della patena che d’ora in poi avranno l’esclusivo utilizzo eucaristico.

Si badi bene al significato sotteso: l’unzione crismale accomuna sia i vasi sacri che le mani di chi viene ordinato sacerdote nonché la consacrazione dell’altare. Il Crisma, o Myron, indica la presenza dello Spirito santo che si effonde su cose e persone prendendone possesso, facendole entrare, in qualche modo, nella sfera del divino.

Nella tradizione della Chiesa, sia in Occidente che in Oriente, si è stabilita la consuetudine di velare gli oggetti sacri in modo che non fossero immediatamente visibili. In Oriente l’iconostasi nasconde, di fatto, tutto il santuario e quanto vi è in esso. In Occidente, ai tempi di papa Innocenzo III, esistevano tre veli: le tende che chiudevano il santuario pendendo dalla pergula delle balaustre, le tende che chiudevano il ciborio e il velo sul calice. In questo modo, il calice durante parte del culto, finiva per essere coperto da ben tre veli!

Perché il bisogno di nascondere le cose sacre e di allontanarle dal tocco di mani non consacrate? Perché per la Chiesa altomedioevale Dio non è immediatamente percepibile e neppure pensabile. La sua presenza agisce nel mistero, essendo un Deus absconditus. Dio non cade immediatamente sotto il dominio dei cinque sensi perché agisce nell’interiorità umana, nel cosiddetto cuore. Anche oggi chiunque può ammettere che la divinità è così discreta da lasciare all’uomo perfino la libertà di negarne l’esistenza. Ad Essa ci si accosta tramite un’ascesi mistica. Non a caso le mistagogie patristiche paragonano il santuario di una chiesa all’intimità spirituale dell’uomo, intimità che è normalmente velata alla ragione. E nel medioevo, infatti, i santuari sono normalmente tutti velati.

Il velare ha dunque un fine educativo per un approccio religioso equilibrato e tradizionalmente sensato.

Pian piano in Occidente, però, iniziano ad esercitarsi due elementi che cambieranno lentamente gli equilibri alto-medioevali: il devozionalismo e il razionalismo. Al primo caso appartiene l’ostensione dell’Ostia santa, subito dopo la sua consacrazione, essendo unesigenza dettata dalla devozione che pone l’accento sul “vedere”, sullo svelare; è un vedere senza poter vedere con l’intenzione, però, di voler vedere a tutti i costi. L’uomo della fine del medioevo aveva bisogno di questa visione per capire se, in qualche modo, l’ostia consacrata subisse dei fenomeni sensibili dovuti alla consacrazione
Al secondo caso appartiene l’esercizio della ragione nella fede, spingendola oltre i limiti nei quali si erano contenuti i Padri Qui si pone l’accento sul capire prima che sull’esperire determinando, volente o nolente, la secondarietà della spiritualità e della mistica a favore dell’indagine filosofico-teologica. Anche questo determina, in un certo qual modo, uno svelamento.

Non è dunque strano che con il trionfo del Rinascimento i santuari delle chiese latine perdano due dei tre veli ancora esistenti al tempo di Innocenzo III. Ora lo sguardo del fedele può penetrare in ogni dove senza incontrare più ostacoli: egli vuole vedere per capire, per dedurre logicamente!
Nonostante ciò il santuario rimane ancora un luogo intangibile: il laico non vi può penetrare se non con un permesso particolare e i vasi sacri non possono normalmente essere toccati dai laici tant’è vero che, ancora dopo il Concilio di Trento, il sacerdote porta direttamente sull’altare calice e patena velati mentre si reca a celebrare la Messa.

Sappiamo che queste ultime disposizioni sono attualmente venute meno: il santuario di una chiesa cattolica è divenuto uno spazio aperto, quindi praticabile da tutti, e i vasi sacri sono oramai toccati dai laici senza alcuno scrupolo (si pensi ai cosiddetti “ministri straordinari” dell’eucarestia ma anche agli infiniti altri casi riscontrabili nella pratica). 

Il razionalismo teologico attuale ha portato, da parte sua, ad accantonare ulteriormente il cosiddetto mistero, che pure alimentava generazioni di credenti, soprattutto nell’alto medioevo. La logica conseguenza a tutto ciò è stata la desacralizzazione e la cosiddetta “demitizzazione” con la quale non si è solo decurtato il Vangelo ma si è oscurata la tradizione pedagogica propria al Cristianesimo. In casi estremi tutto ciò ha portato ad un vero e proprio agnosticismo religioso che ha invaso anche gli ambienti ecclesiali.

Illustrato questo cammino, sono dunque comprensibili tutte le conseguenze attuali, quelle che vengono prosaicamente definite “abusi” ma che, in realtà, rispondono perfettamente alla nuova sensibilità che si è venuta a creare, nonostante esista ancora qualche norma contraria.

Non mi sono dunque meravigliato quando, entrando nella bella chiesa medioevale di Muggia Vecchia (Ts) ho osservato dei vasi sacri posti su un tavolinetto, all’ingresso della chiesa stessa. L’orario della mia visita era quello di una messa vespertina ma questo non scusa tale disposizione. 

Simbolicamente tutto ciò impone un capovolgimento di significati: ciò che dovrebbe rimanere intangibile diviene toccabile e raggiungibile nella sua materialità. Inoltre, il luogo deputato alla riposizione di questi oggetti particolari non è quello che dovrebbe essere, il che da l’impressione che essi siano oggetti comuni. A monte di tutto questo, non è difficile capirlo, c’è una demitizzazione, la negazione del sacro, come se Dio tutto ad un tratto fosse qualcosa di materialmente toccabile, razionalizzabile. In una parola: consciamente o meno, Dio diviene qualcosa di puramente creato, il che spiega sufficientemente l’arianesimo occidentale odierno.

Ma senza scomodare la simbolica liturgica e la teologia una qualsiasi persona capirebbe che porre le cose così fuori posto potrebbe indicare qualche problema psicologico: una casalinga che mette le lenzuola negli armadi della cucina e le stoviglie in camera da letto non da certo un’impressione molto positiva! 

Oltretutto se si pongono degli oggetti di valore vicino alle porte di una chiesa li si lascia a disposizione del primo malintenzionato che passa…



Quello che mi preme aver osservato, con questo scritto, è che anche le cose più originali, che oggi si possono riscontrare facilmente in una chiesa, non sono poste a caso ma rispondono tutte ad una logica il cui significato, il più delle volte, affonda le sue origini in atteggiamenti nei quali la fede o è alterata o è inesistente. 

Oramai o non si crede più come un tempo o non si crede affatto.

5 commenti:

  1. Interessante riflessione ma che mi fa sorgere un dubbio: se Dio si è rivelato in Gesù Cristo perché nascondere ciò che Lo riguarda? Non è più il Deus absconditus veterotestamentario, ma Dio fatto uomo.

    nikolaus

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  2. La sua perplessità, caro Nikolaus, è quella del Cattolicesimo contemporaneo. Tuttavia, senza accorgerci, dietro a questa perplessità nascondiamo un debole concetto di trascendenza. Il Dio incarnato in Gesù Cristo ha mostrato al mondo la sua umanità ma ha nascosto la sua divinità lasciandola trapelare solo in rari momenti della sua vita terrena e dinnanzi a poche persone (Il suo Battesimo, la sua Trasfigurazione, la sua Resurrezione).
    Era così "Deus abscoditus" che fu messo in croce e morì come uomo. Così "Deus absconditus" che nei primi secoli gli si tributava lo statuto di una semplice creatura adottata da Dio (adozionismo) o semplicemente eletta da Dio (arianesimo).
    È ancora così "Deus absconditus" che contemporaneamente di fatto gli si nega la divinità e la si confonde con la sua umanità abbassando il divino nel semplice e solo umano. E questa è storia dei nostri giorni.
    Al contrario la Chiesa antica aveva ben presente la distinzione di due piani: quello creato (al quale apparteniamo noi uomini e l'umanità di Cristo) e quello increato (al quale appartiene solo Dio). E per stabilire una efficace paideia (educazione) edificava e arredava le chiese in una determinata maniera, maniera che oggi è venuta meno facendo emergere, guarda caso, un prepotente e inarrestabile arianesimo.

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  3. Gentile Nikolaus,
    non pubblico la sua seconda risposta ma però le rispondo. Il mondo cattolico oggi è al 90 per cento (per essere ottimisti) eretico. Mi scusi, non voglio offendere nessuno tanto meno lei, ma è necessario essere chiari per capire subito come stanno le cose: il concetto di divinità è equivocato ed è ridotto alla creaturalità, la vita spirituale è ridotta alla vita psichica, la liturgia da culto a Dio è sempre più contaminata con elementi puramente antropocentrici dunque fuorvianti, gli ordini religiosi hanno perso il loro slancio originario (pensi a Montecassino dove nel giro di poco tempo un abate è stato allontanato per indegnità e un altro monaco è fuggito per divenire anglicano)...
    La situazione si è accentuata in un modo così penoso che prevedo fra non molto un'implosione con conseguente dispersione del gregge ma il Signore è sempre lì per chi lo vuole abbracciare!

    Dato questo misero panorama, dove anche il papa ci mette del suo per creare confusione, lei non deve farsi confondere le idee. Davanti al disorientamento dei chierici, si faccia insegnare dai Padri della Chiesa che sono stelle immobili ed eterne, non dai primi e tanto meno da certi gesuiti ...

    Dio la guidi!

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    1. ..la dicotomia tra la visione tradizionale e la nuova teologia di quel padre è enorme. In un momento mi era sembrato che tutto il percorso, faticoso, fatto fin'ora fosse stato inutile (ché tanto tutti si salvano e sforzarsi non serve visto che "è impossibile"....)
      Grazie comunque per la sua risposta, mi terrò ben stretto ai Padri e a ciò che mi è stato insegnato.

      nikolaus

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    2. Ho provato a sentire qualcosa di quella conferenza che mi aveva segnalato nel commento che non ho pubblicato e l'ho spenta qualche minuto dopo. Quando una persona dice che il Cristianesimo è fatto "per divenire più uomini" (come si sente proprio all'esordio della conferenza stessa) ha già preso la strada sbagliata.
      Il Cristianesimo ha il fine di sposare l'umanità con la divinità (per grazia), dal momento che ogni uomo è chiamato a divenire il Nuovo Adamo, Cristo, uomo e Dio (per natura).
      In altre parole e con linguaggio meno dogmatico, l'uomo pur rimanendo con la sua natura umana inizia a vivere nella prospettiva divina, abilitato per grazia a compiere quanto, per natura, non gli sarebbe possibile.
      Dunque non si tratta di essere "più uomini" ma "uomini divinizzati" per dirla con una terminologia bizantina ma certamente più eloquente.
      "Dio si è fatto uomo perché l'uomo divenisse dio", così si esprimeva sinteticamente sant'Atanasio.
      Ma questo percorso di elevazione, che implica una spiritualità e un cambiamento del cuore, è completamente dimenticato (quando non disprezzato od osservato con altera sufficienza) dalla neo-Chiesa e dai neo-preti i quali sono fautori di un neo-umanesimo ariano, dove Cristo diviene al più un modello di persona "più umana".

      A parlare propriamente questa è una eresia, solo che l'episcopato oramai è divenuto così amante del quieto vivere e così passivo che non sorveglia più il suo gregge da questi "cinghiali".

      È così necessario che il gregge si auto-salvaguardi, informandosi e approfondendo le cose per scoprire da solo a qual punto di decadenza è arrivato il mondo dei cosiddetti "credenti" di oggi...

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