I miei affezionati lettori non ne abbiano male se, dati gli attuali procellosi tempi, sono spesso costretto a fare analisi di fatti un po’ deprimenti.
Come un medico deve
individuare l’origine di una malattia per poterla combattere meglio,
così nel Cristianesimo è necessario individuare la vera origine di
ciò che lo rovina nella speranza di sollevarlo almeno un po’ fosse solo in noi stessi.
Credo sia illusorio avvicinarsi
alle cause senza individuarle precisamente perché si fornirà una cura sempre inadeguata: sarà come cercare di curare il mal di testa con dell’acqua zuccherata.
Individuata la vera causa siamo in grado di riparare tutte le
distorsioni che provengono da essa.
Quando nel
mondo cattolico notiamo un’allergia al sacro, che si manifesta in
liturgie sciatte, nelle quali viene meno la forma rituale e
s’inseriscono sempre maggiori improvvisazioni secolarizzanti, il
motivo di fondo non è tanto il semplice rifiuto della dimensione sacrale. Questo
stesso rifiuto è generato da altre cause che stanno più a fondo.
Diverse volte in questo blog ho evidenziato che esiste un corretto
modo d’intendere il sacro, legato dunque all’interiorità umana
vivificata dalla presenza della grazia divina. Il sacro non è perso
solo perché di fatto manca una reale esperienza di tale grazia ma anche da un altro motivo alla base di tutto: l’approccio
alle Sacre Scritture.
Tutto
inizia dalla predicazione, al punto che san Paolo dice: “Come
potranno credere in lui, se non ne hanno sentito parlare?”
(Rm 10, 14).
La fede inizia dall’ascolto ma anche dal modo in cui
viene proposta la Rivelazione.
Tradizionalmente
la Bibbia è letta nella Chiesa. Non a caso il luogo princeps
di tale lettura è la Liturgia. Questo perché la Sacra Scrittura
sgorga dalla Tradizione ed è la Tradizione che offre gli strumenti
per poterla leggere e capire. La Tradizione è per la Scrittura come il castone è per il diamante (1).
La
Sacra Scrittura staccata dalla Tradizione e dalla Chiesa diviene un
libro come un altro, soggetta, dunque, a libere interpretazioni.
La
rivoluzione di Martin Lutero è stata proprio quella di
sganciare la Bibbia dalla Tradizione collegandola strettamente con la
libera interpretazione dell’unico soggetto che la legge. Quest’evento storico è stato radicale perché si contrapponeva ad una situazione altrettanto radicale: la situazione ecclesiale determinata dalla teologia cattolica del XV secolo,
divenuta una costruzione artificiale di asserti filosofici spesso fine se stessi, tali da attirare le ironie di Erasmo da Rotterdam (2). L’arrivo di
Lutero ha determinato un rigetto di tutto questo mondo basso
medioevale che si smarriva discettando, come si dice, sul “sesso
degli angeli”.
Tuttavia, la
Bibbia staccata dalla sua Tradizione e dalla Chiesa, come luogo d’interpretazione e di riconoscimento del messaggio biblico, ha
iniziato a determinare una pletora d’interpretazioni tra loro
contraddittorie e la conseguente suddivisione del movimento
protestante in moltissime piccole comunità senza comunione vicendevole. Il riformatore tedesco, nell’intento di guarire una malattia,
asportando degli organi malati, ha creato una serie di problemi a
catena che, forse, non immaginava nemmeno.
Tra i
vari approcci determinati dalla libera interpretazione della Bibbia,
abbiamo anche quelli del protestantesimo liberale. “Tra il 19° e
il 20° secolo, si è [...] sviluppato un movimento denominato
protestantesimo liberale,
che ha valorizzato la ricerca razionale e ha cercato il dialogo con
la cultura e la filosofia moderne. Alcuni studiosi hanno avviato
un’indagine storico-critica sulla figura di Gesù,
sull’attendibilità storica dei Vangeli e sul modo in cui l’uomo
moderno vive l’esperienza di fede, al di là degli elementi mitici
presenti nei testi biblici” (3).
Con
questi presupposti l’interpretazione biblica si è sentita libera di
contraddire qualsiasi pacifica acquisizione di fede trasmessa dalla
Tradizione. Oggi il cammino degli esegeti che si riferiscono a
quest’interpretazione razionalista è molto progredito.
Da tale lavoro chi ne
esce completamente “ridimensionato” è Cristo
stesso, il quale viene totalmente spogliato da qualsiasi attributo
divino in nome di una lettura seria e scientifica dei Vangeli.
Uno
dei diffusori di tale lettura antitradizionale in Italia è senz’altro Franco
Barbero. Nonostante il Vaticano gli abbia ufficialmente proibito di
esercitare il sacerdozio, costui continua nella sua attività
sacerdotale animando una fitta rete di relazioni che si riferiscono anche alle Comunità di
Base e mantenendo i contatti con moltissimi sacerdoti cattolici. Si può ben dire che egli
rappresenti la punta di un iceberg sommerso perché le sue idee
tentano enormemente il mondo cattolico, oramai privo di reali e vitali
collegamenti con la Tradizione.
Oggi il Cattolicesimo è tentato ancor più perché chi ne sta al vertice, non interessandosi di teologia e di esegesi biblica, lascia aperta ogni via interpretativa. Con Bergoglio pare veramente che tutto sia possibile al punto che il Cattolicesimo sembra ripiombato negli anni ’70!
Sono
queste idee sulla Sacra Scrittura che, a mio avviso, snervano
totalmente la vita cristiana tradizionale, dichiarano morta ogni
sacralità, promuovono come buona ogni genere di prassi scelta “in
coscienza”. Se il clero svilisce la Liturgia, rovescia i
significati della Scrittura, insegue i piaceri del mondo, promuove un’architettura che non è più sacra (4), è da qui
che si deve partire perché una predicazione della Bibbia convinta e
verace in senso tradizionale produce, al contrario, frutti opposti.
Ma
che dice Franco Barbero?
Le sue
idee non sono un mistero poiché ha già prodotto molti pamphlet nei
quali ama dire che solo l’eresia è un’autentica liberazione. Il suo ultimo
libro è un programma già dal titolo: Confessioni di un eretico.
Faccio
un breve riassunto di alcune sue idee e saranno più che sufficienti,
a chi è fermamente ancorato nella Tradizione, per stupirsi e
rattristarsi assai (5).
- I Vangeli non riportano i fatti e i detti di Gesù, se non in parte residuale, perché riflettono, di fatto, le preoccupazioni delle comunità cristiane primitive. In essi si può attingere al “Gesù della fede”, perché il “Gesù della storia” è praticamente quasi un mistero.
- Gesù, il Nazzareno, era un uomo come noi che incorreva in errori, rimanendo chiuso nel particolarismo ebraico, ma che conosceva anche conversioni, aprendosi ad un universalismo salvifico che comprendeva tutti.
- Gesù riceve il titolo di Dio solo dalle comunità cristiane e, soprattutto, da san Paolo che opera, così, una rottura con il messaggio evangelico originale predicando un “suo” Vangelo diverso e distinto da quello di Gesù ma che, poi, s’impone.
- Ben presto il Cristianesimo si riveste di riti e usi pagani finendo, così, per tramandare nei secoli un’immagine diversa da quella suggerita dal Nazzareno.
- Oggi è necessario ripristinare il Cristianesimo autentico spogliando il Vangelo da miti e interpretazioni sacralizzanti con i quali la Chiesa ha ingannato per secoli i fedeli.
Nessuno
si meraviglia che esista una sorta di rapporto tra il messaggio di
Cristo e le esigenze delle comunità primitive ma quello che qui si
vuole dire, in nome della serietà scientifica, è che queste ultime,
alla fine, confezionano un Cristianesimo differente da quello voluto
da Cristo. San Paolo, in tal senso, è un autentico falsario, così
falso da essere stato una vera e propria “bestia nera”.
Il tentativo di ripristinare un ideale “vangelo originale” determina di fatto una desacralizzazione degli stessi Vangeli che divengono
semplice parola umana, elaborabile e interpretabile secondo criteri che
prescindono sicuramente dalla fede e si collegano a pure ragioni “razionali”.
Mi si
dirà che queste interpretazioni sono estremiste e, tutto sommato,
appartengono solo ad una piccola élite
di studiosi che non è in grado d’influenzare la massa. Sono convinto del contrario. Infatti, i frutti da esse determinato e che ci
circondano praticamente ovunque, provengono esattamente da
quell’albero, da quel preciso modo di pensare anche se non sempre si giunge a tutte le sue logiche conseguenze. Se la Scrittura non è più
Sacra, se Cristo non è più Dio, se san Paolo impone un Vangelo
posteriore e almeno in parte falsificato, è ovvio che il metro e la
misura di tutto diviene la propria coscienza, una coscienza che
prescinde totalmente dalla Tradizione e dai riferimenti da essa
proposti, una coscienza scusata perché legata ad una interpretazione “razionale e scientifica”.
Questo
spiega il “Cristianesimo fluido” proposto da Bergoglio, la
rovinosa prassi morale di chierici e laici, la dissacrazione della
liturgia, l’interpretazione secolarizzata della Bibbia, la morte degli ordini contemplativi, ecc.
Tale
lettura si vuole imporre a tutti i costi in nome di una “serietà
scientifica” che scredita ogni altro tipo e genere di approccio [poi i suoi assertori si dichiarano pure apostoli del pluralismo!].
Quello che pare passare inosservato è che i presupposti di tale
lettura non paiono proprio “oggettivi” se si ritiene come punto
di partenza che i miracoli, ad esempio, non possono assolutamente
essere esistiti perché... i miracoli non esistono!
Il
male è profondo ma i vescovi tacciono. Risiedono tranquilli nei loro
palazzi e non vogliono che nessuno ricordi loro che ci sono dei
problemi. Così facendo, però, tradiscono brutalmente il
motivo per cui sono stati ordinati.
Questa
prassi dissacratoria, che sta devastando l’Occidente, si volgerà o
prima o poi anche alle Chiese orientali ree di essere
ancora in una fase “mitica”, “sacrale” e “ascientifica”. “Sono i protestanti che c’interessano non gli ortodossi, rimasti legati al passato”, diceva il teologo Luigi Sartori (1924-2007), rivelando con ciò tutto un terreno di coltura nel quale può cadere e fiorire rigogliosamente quel tipo di seme!
E c’è da scommetterci che alcuni chierici ortodossi, succubi
dell’Occidente per un atavico complesso d’inferiorità, gli apriranno
le porte esponendo pure il loro gregge alla devastazione.
(Ho fatto a tempo a vedere studenti ortodossi di teologia “venerare” il pensiero sartoriano non accorgendosi affatto di alcuni suoi inquietanti presupposti, per cui non mi meraviglio di nulla oramai!).
(Ho fatto a tempo a vedere studenti ortodossi di teologia “venerare” il pensiero sartoriano non accorgendosi affatto di alcuni suoi inquietanti presupposti, per cui non mi meraviglio di nulla oramai!).
Il
desiderio di creare una “teologia postpatristica”, che si
riscontra qua e là soprattutto in Grecia, promette già bene in tal
senso come promette bene l’impressione imbarazzante data da troppi vescovi ortodossi, desiderosi di vivere in pace nei loro palazzi, lontani da qualsiasi tipo di problema quasi fossero elevati all’episcopato esclusivamente per i propri interessi. Ma in ciò Oriente e Occidente oramai si affratellano sempre più!
_____________
NOTE
(1) La lettura della Bibbia nella Chiesa prevede la conoscenza dell’interpretazione biblica nella letteratura patristica perché la fede dei Padri è in grado di vivificare anche quella attuale. Domanda: quale istituzione teologica cattolica (scuola o seminario) percorre il Nuovo Testamento (per non parlare dell’Antico) facendosi accompagnare dall’interpretazione patristica? Nessuna, che io sappia! I corsi di patrologia sono fatti sommariamente e vengono concepiti, per lo più, come un’anticamera alla vera teologia. Il passato, che costituisce con il presente che lo veicola la Tradizione della Chiesa, è di fatto bellamente respinto. L’omiletica riflette questo stato di cose: non ci sono riferimenti alla spiritualità ascetico-patristica se non in rarissimi casi. Le riflessioni che accompagnano il commento alle Scritture rivelano, per lo più, un vero e proprio scisma dal passato e dalla Tradizione ecclesiale, un allontanamento che neppure la teologia scolastica avrebbe mai pensato di fare. Tommaso d’Aquino, infatti, cerca di fare riferimento per quanto può e come meglio riesce alle fonti cristiane antiche, seppur inserendole in una griglia di lettura e in un metodo innovativo.
(2) La Tradizione della Chiesa è un insieme d’insegnamenti provenienti da personalità ecclesiastiche autorevoli e universalmente riconosciute. È vero che negli scritti dei Padri ci possono essere valutazioni o osservazioni legate al loro tempo e che non possono più riguardarci, come ad esempio le conoscenze mediche di allora. Ma è altrettanto vero che essi, per quanto riguarda l’insegnamento e la testimonianza di fede, sono tutt’altro che superati. Non capirli e servirsi delle loro opere in modo strumentale per costruire una filosofia puramente speculativa ha portato la teologia del XV secolo ad una crisi tale da essere stata rigettata in toto, compresi anche quegli aspetti tradizionali che avrebbero dovuto essere conservati. Oggi, nonostante gli scritti dei Padri compaiano nelle letture dei breviari cattolici, sono di fatto lettera morta perché la teologia non attinge più alla loro prospettiva di fede e, di conseguenza, neppure l’omiletica.
(3) Questa definizione assai generica e semplificata da, però, l’idea di cosa sia tale movimento i cui presupposti sono penetrati profondamente nello stesso mondo cattolico. Vedi qui.
(2) La Tradizione della Chiesa è un insieme d’insegnamenti provenienti da personalità ecclesiastiche autorevoli e universalmente riconosciute. È vero che negli scritti dei Padri ci possono essere valutazioni o osservazioni legate al loro tempo e che non possono più riguardarci, come ad esempio le conoscenze mediche di allora. Ma è altrettanto vero che essi, per quanto riguarda l’insegnamento e la testimonianza di fede, sono tutt’altro che superati. Non capirli e servirsi delle loro opere in modo strumentale per costruire una filosofia puramente speculativa ha portato la teologia del XV secolo ad una crisi tale da essere stata rigettata in toto, compresi anche quegli aspetti tradizionali che avrebbero dovuto essere conservati. Oggi, nonostante gli scritti dei Padri compaiano nelle letture dei breviari cattolici, sono di fatto lettera morta perché la teologia non attinge più alla loro prospettiva di fede e, di conseguenza, neppure l’omiletica.
(3) Questa definizione assai generica e semplificata da, però, l’idea di cosa sia tale movimento i cui presupposti sono penetrati profondamente nello stesso mondo cattolico. Vedi qui.
(4) “È indubbio che, dopo il Concilio, sulla nostra teologia ha agito l’influsso del protestantesimo liberale e dello scientismo: entrambi si propongono in ogni modo di ridurre l’ambito del mistero. Nei Paesi germanici la teologia soffre di un complesso di inferiorità verso la critica biblica protestante, nei Paesi latini verso la cultura laicista. Questa caduta della sensibilità al mistero si vede persino nell’architettura delle chiese moderne, incapaci di cogliere il senso religioso: quella “vibrazione”, ad esempio, espressa mirabilmente dai rosoni nelle cattedrali romaniche e gotiche. Nelle cattedrali medievali, tutto era simbolo sapiente che i fedeli, anche se ignoranti secondo le categorie accademiche, sapevano cogliere, appagando così quel bisogno religioso che è in ogni uomo. Misure, proporzioni, scorci: pensi che, in quelle cattedrali mirabili, la luce era filtrata in modi ispirati alla sapienza dell’alchimia di cui pochissimi avevano la formula. La liturgia cristiana d’oggi, invece, ha dimenticato che la liturgia deve essere sposa fedele dell’arte; anzi, la liturgia stessa è arte che deve fare appello alle emozioni e ai sentimenti che stanno al fondo di ogni uomo. Si è ignorato che emozioni e sentimenti hanno pari (se non superiore) importanza del nostro aspetto intellettivo. Oltretutto, ponendo l’accento sulla sola dimensione della ragione si perde quella universalità delle emozioni e dei sentimenti che unifica la razza umana: prova ne sia che posso innamorarmi di una persona di una qualsiasi razza o cultura. È anche nei vuoti aperti da questo razionalismo, che da qualche tempo contrassegna pure il cattolicesimo, che si insinuano le sette e ogni forma di occultismo ed esoterismo” Vedi qui.
(5) Traggo questi punti dalla lettura di qualche post del seguente blog.
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