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martedì 7 dicembre 2021

La simbolica liturgica e la spiritualità


Una delle basi imprescindibili del Cristianesimo, oltre alla resurrezione di Cristo, è la sua incarnazione in quanto Dio nella nostra stessa umanità. La maggioranza dei cristiani professa questa verità senza rendersi conto delle profonde implicazioni da essa comportate. In tal modo, la si declama nel Credo come uno dei tanti punti a cui prestare riferimento mentale, senza la minima coscienza del suo impatto pratico.

Eccezioni a parte, pure il clero, che dovrebbe formare i laici, si trova nella stessa situazione per cui tale principio rivelato è ridotto a qualcosa di puramente formale. Tra i preti alcuni giungono alla logica conseguenza alla quale porta tale professione formale: il mettere in dubbio o addirittura negare il Credo stesso: “Io al Credo non credo”, disse con un'incredibile disarmante ingenuità un anziano sacerdote torinese nel corso di una Messa natalizia, qualche anno fa.

Contrariamente a tutto ciò, l'incarnazione della seconda Persona trinitaria, Gesù Cristo, indica la modalità ordinaria attraverso la quale, per la rivelazione cristiana, Dio agisce e questo è ben lungi dal riguardare solo Cristo stesso. L'azione di Dio si concretizza in quella di uomini che si sono perfettamente sintonizzati sulla Sua volontà adeguando, dunque, la loro umana volontà a quella divina, esattamente come avvenne in Cristo in cui la sua volontà umana semplicemente seguiva quella divina. Ma c'è molto più. Cristo ha mostrato che l'umanità è posta in profonda comunione con la divinità attraverso di Lui, sotto determinate condizioni che sono quelle della preparazione ascetica dell'uomo stesso. L'uomo, cioè, non dev'essere giusto e seguire i comandamenti per un fine puramente etico, per sentirsi a posto con la sua coscienza. Lo fa per prepararsi a ricevere già qui le primizie che la comunione con Dio comporta. Questo giunge a creare una vera e propria comunicazione tra il nostro mondo e quello dell'Al di là. Seppur tali fatti straordinari non sono da ricercarsi, tuttavia possono accadere in chi ha il cuore pronto per recepirli. Questo non è il semplice “privilegio” di particolari santi ma è per tutti i cristiani a cui Dio lo voglia concedere ed è stabilito, appunto, dal modo ordinario con cui Dio interviene: il divino si rivela nell'umano, pur rimanendo intangibilmente con le sue caratteristiche.


Ci troviamo, così, con due realtà: quella naturale, il nostro mondo ordinario, a cui facciamo parte, e quella spirituale, il mondo di Dio che si può manifestare nell'umanità.

La via normale attraverso la quale l'uomo si sintonizza con Dio è la preghiera. Nella Chiesa esiste una preghiera che possiamo definire “ufficiale”: la liturgia. Ora, perché una liturgia sia veramente tale, è necessario che abbia una “forma simbolica”. Cerchiamo di spiegarci. Il simbolo è tale quando opera un'unione di due realtà tra loro e lo possiamo immaginare come un ponte che unisce due sponde.

A me interessa un ponte nella misura in cui mi è necessario, dovendolo attraversare per raggiungere l'altra sponda. Se non lo considero i significati sono due: o è impraticabile o non devo attraversare l'altra sponda perché non mi interessa. Abbiamo detto che nell'uomo, grazie a Cristo, si può creare una comunicazione tra due mondi: quello naturale e quello soprannaturale o spirituale. La preghiera, dunque, per tal fine deve assumere una forma simbolica, ossia un linguaggio particolare che comporta atteggiamenti del corpo. Non è un caso che, sin dai suoi primordi, la preghiera cristiana abbia assunto un linguaggio ieratico e composto. Il linguaggio simbolico nella liturgia è fatto di discrezione, umiltà, interiorità, rifugge da manifestazioni sensazionali, eventi eclatanti, situazioni rumorose ed eccitanti, tipiche al mondo dello spettacolo. Si tratta, infatti, di disporre l'uomo in rapporto con Dio. Facendo un altro esempio, se io devo riempire una brocca d'acqua, oltre ad assicurarmi che l'acqua scorra, la devo inclinare in modo da poterla riempire e devo fare in modo, nel trasportarla, che l'acqua non si versi a terra. Dunque i miei movimenti devono essere attenti e ponderati. Nella preghiera liturgica Dio effonde la sua grazia, ossia la sua forza spirituale, in chi vi si dispone, esattamente come fosse a sua volta una brocca, un “vas electionis”!

I testi della liturgia devono dunque necessariamente considerare l'Al di là, pur non distogliendo l'attenzione dai nostri bisogni terreni. Il sacerdote dialoga con Dio per portare l'Acqua della grazia ai fedeli assicurandosi, così, che tale acqua scorra abbondante.

Ogni azione, testo, movimento, che ci distolga dall'interiorità è di suo dispersivo e porta lontano da quelle che sono le vere intenzioni della Chiesa, intenzioni salvifiche.


Bisogna, purtroppo, dire che, da diverso tempo, quanto sopra spiegato non è affatto vulgata corrente nella maggioranza dei cristiani e nel mondo cattolico in generale. La liturgia in Occidente finisce per avere una forma simbolica solo in pochi momenti, pure quelli interrotti da mille discorsi, se non da azioni spettacolari. Tali interventi non solo sono poco opportuni, possono essere semplicemente antiestetici ma soprattutto sono dispersivi, ossia non portano ad alcun genere di lavoro interiore. E' come se uno studente, invece di cercare il silenzio esterno e interiore per poter studiare in biblioteca, cercasse continuamente una distrazione, pur con le migliori intenzioni!

È vero che tutto ciò è in buona parte prodotto del nostro tempo dove la spettacolarità e l'intrattenimento hanno la meglio e dove, credendo di parlare di Dio, alla fine ci si concentra solo sull'uomo e le sue mire etiche.

L'esecuzione formale della liturgia in alcuni, ha portato non pochi sacerdoti ad allontanarsi dalla spiritualità, se mai è stata coltivata, con l'inevitabile conseguenza di non comprendere più le forme simboliche nella liturgia. Questo problema era chiaro già negli anni '50 dello scorso secolo e ha prodotto, nel clero cattolico, un rifiuto quasi totale delle tradizionali forme simboliche. Neppure molti tra i migliori si sono accorti di non essere davanti ad un semplice adattamento ma ad un totale capovolgimento delle espressioni liturgiche, attuato gradualmente.

Oggi, dunque, ci troviamo dinnanzi a liturgie sempre più alterate che, per riprendere l'esempio precedente, non hanno quasi più bisogno di alcun ponte (ossia di alcuna forma simbolica) per entrare in comunicazione con un'Altra realtà. Tutto si “confeziona” e si realizza su un'unica sponda: quella umana.

A questo punto, una liturgia siffatta, se ancora dobbiamo chiamarla tale, non è solo indice di un cattivo gusto, di una inopportuna spettacolarità, di una totale mancanza di estetica. È prima di tutto indice di una volontaria, seppur non chiara a se stessi, auto esclusione dal mondo spirituale o, detto più approfonditamente e chiaramente, dall'aver ridotto la salvezza cristiana a qualcosa di esclusivamente intramondano, come se Cristo da Dio-uomo, si fosse ridotto unicamente ad un semplice uomo. Per altro non è un caso che proprio negli ambienti in cui la liturgia è così alterata non di rado si pensa a Cristo come ad un semplice uomo etico e illuminato. Tutto si richiama, come sempre!

Si deve, inoltre, aggiungere che un Cristianesimo in cui il Divino si trova così separato dall'umano e l'umano si nutre di esclusivi principi etici senza concepire alcun possibile rapporto con Dio, è oramai pronto per una sua eventuale conversione all'Islam dove, per l'appunto, Cristo è un semplice uomo illuminato.

venerdì 17 settembre 2021

La trappola per i cattolici tradizionalisti


Ogni uomo, per natura, è nato libero in grado, cioè, di autodeterminarsi nonostante i condizionamenti ai quali è sottoposto. È grazie alla libertà che può riconoscere il vero dal falso. Non si esamina, qui, una verità valida per il soggetto, ossia per i suoi interessi o la sua comodità personale. Si tratta di una Verità valida per tutti, ossia di una Verità rivelata.

Ebbene, nonostante i condizionamenti determinati dalla fragilità della condizione umana, l'uomo è in grado di poter riconoscere tale Verità e di porla al di sopra di tutte come in effetti è.

La Verità rivelata non si presenta come una sorta di “et-et” ma è tranciante con il suo “aut-aut”: non “io e il mondo” ma “io o il mondo”!

È la posizione che, più accesamente, vediamo nel Cristo rivelato dalla letteratura giovannea.

I potenti condizionamenti odierni predicano l'inclusività a tutti i costi, ossia la convivenza di tutte le verità e la negazione di ogni opposizione.

Lo notiamo anche nel linguaggio bergogliano laddove si afferma e si nega, s'include tutto senz'alcun discernimento: Il matrimonio è tra uomo e donna, non si scherza con la verità!; la convivenza legalizzata dallo Stato deve soddisfare gli omosessuali. Questi sono i concetti del “magistero” bergogliano.


In tal modo, in una società inclusiva Bergoglio trova la sua perfetta collocazione e determina il suo insegnamento, allineato con quello di molti altri simili: ognuno si sente sostenuto nella sua piccola ragione ma è totalmente sfuggita la Ragione rivelata che non si basa su concetti individualisti ma su fini salvifici.


Sempre in questa linea Bergoglio difende la Verità evangelica ma proibisce i cristiani di poterla credere come l'unica Verità al punto da rendere inutili le altre: il proselitismo, dice, è una incredibile sciocchezza!


I cattolici, abitati a ragionare nei dettagliatissimi ed egoistici termini del “qui e ora”, non hanno affatto chiarezza del disegno d'insieme, un disegno che determina, de facto, una sorta di agnosticismo pratico dove ognuno è contento del suo particolare e, così, viene reso totalmente inoffensivo dinnanzi all'avanzata del mondialismo, del NWO, che tutto livella.


Non si accorgono che Bergoglio, volendolo o meno, ne è un agente, né che tale avanzata, relativizzandoli, li svuoterà di ogni profonda convinzione.

In altri termini, è ampiamente diffusa nel Cattolicesimo odierno, una cultura del dettaglio alla quale manca totalmente una visione d'insieme. Ciò è determinato da un'ampia incapacità di analizzare oggettivamente il senso degli avvenimenti, soprattutto quelli di carattere religioso.


Così, dinnanzi all'affermazione di Bergoglio “Non si scherza con la verità, il matrimonio è solo tra uomo e donna”, essi ritengono di aver ricevuto il miglior messaggio e non s'inquietano quando, subito dopo, lo stesso personaggio si contraddice. Non sono neppure in grado di capire il motivo profondo per cui lo fa e, di conseguenza, seppur riluttanti, vengono trascinati verso il NWO.


Tutto ciò non è nuovo. Identiche problematiche si aprirono all'indomani del Concilio Vaticano II quando, assieme alle verità da sempre credute, s'inoculavano nel Cattolicesimo concetti che, più o meno, stridevano con le prime.

Allora, come oggi, c'era qualcuno che si limitava ad accontentarsi della sua piccola dettagliata verità tratta dalla Verità di sempre apparentemente non combattuta, ed era totalmente incapace di comprendere l'azione rivoluzionaria che stava compiendosi.

Anche allora, evidentemente, ci si accontentava della “cultura del dettaglio”, della “buona notiziuola” mentre la Chiesa si riempiva di ladri e stava assumendo un'identità totalmente nuova.


Alcuni sterili commenti ai quali spesso si assiste nei blog “tradizionalisti” nascono proprio dalla presenza di cattolici che si sono intrappolati da soli nell'autoconvincimento che è sufficiente solo affermare una piccola verità di sempre, senza opporla alle verità del mondo. È, sostanzialmente, un'impotenza innata o coltivata di ragionare profondamente.


E' una trappola della quale già ieri si era accorto l'arcivescovo Lefebvre e, oggi, mons. Viganò. Attendiamo che il resto del Cattolicesimo inizi a svegliarsi dal suo drammatico torpore e dall'ignoranza della comodissima “cultura del dettaglio”.

mercoledì 18 agosto 2021

Culto tradizionale e sua demolizione

Questo scritto nasce come un tentativo di risposta a quanto sta accadendo in questo ultimo periodo nel mondo Cattolico con il documento Traditionis Custodes, voluto fortemente da papa Francesco I. 

Chi pensa che m'intrattengo solo su questioni interne al mondo cattolico e che esse non hanno alcun contraccolpo nelle antiche liturgie orientali, si dimentica che in ogni periodo ci sono state influenze e adattamenti tra le più svariate liturgie. Nulla si conserva intatto e privo di cambiamenti, positivi o negativi che siano. E se i cambiamenti non toccano l'apparenza, la forma esterna, possono toccare lo spirito con il quale si fanno, la mentalità con la quale si valutano. 

Nessuna meraviglia, dunque, che certe riflessioni che innervano il documento Traditionis Custodes (d'ora in poi TC) non possano avere ricadute ben oltre il mondo cattolico stesso. Può essere solo questione di tempo. 

TC, in pratica, annulla le concessioni date da Benedetto XVI a chi voleva liberamente celebrare con il messale latino tradizionale e cerca di rendere tale liturgia sempre più impraticabile a favore del cosiddetto “Messale Romano” rinnovato dopo il Concilio Vaticano II. 

I liturgisti più preparati ammettono giustamente che tra il Messale tradizionale e quello rinnovato esiste uno stile completamente differente. I più espliciti parlano di “rottura” tra il passato liturgico cattolico e il presente, cosa che credo anch'io verosimile. 

Ora, poiché nella Chiesa non si possono introdurre situazioni di rottura che creerebbero, di fatto, un'altra Chiesa nelle strutture dell'antica, Benedetto XVI proponeva una sorta di “continuità”: la coesistenza dei due messali, la loro possibile reciproca contaminazione e il definitivo sbocco in una futura unica forma cultuale. 

In ciò si vede in Ratzinger qualcosa della mentalità hegeliana, in particolare la formulazione della tesi e dell'antitesi per poi giungere ad una sintesi. 

La sua lettura era più teorica che vera: chi pratica il rito romano tradizionale normalmente non ne vuole sapere di essere “contaminato” dal nuovo ed è vero anche il suo contrario. 

TC giunge come una spada di Damocle per tagliare tutte quelle situazioni che, a detta dell'estensore, non sono più sopportabili: non si può avere due forme di un unico rito poiché ciò crea una dicotomia, un corpo con due teste. 

A dire il vero pure io ero perplesso dinnanzi alla soluzione ratzingeriana ma, dinnanzi alla caoticità di una situazione storicamente inedita nel Cattolicesimo, mi pareva essere l'unica proposta concreta, per quanto instabile. La Chiesa deve, dunque, avere un'unica forma di un solo rito. Su questo indubbiamente concordo. 

TC, però, parte da una situazione scontata: quella creata dai liturgisti che hanno cambiato il culto cattolico dopo il concilio Vaticano II. Parte da tale situazione e le apre la strada. Per tali liturgisti la liturgia tradizionale (a questo punto ogni liturgia tradizionale?) è un elenco formale di cose da fare, quasi meccanicamente, azioni senza anima e vita.

Le ripetizioni sono viste come cose francamente noiose e inutili. La ieraticità e la compostezza possono essere equivocate come delle forme di assurda rigidità, identificate come comportamenti difficilmente spiegabili in un luogo, la chiesa, che dovrebbe essere la “casa della festa”. E, proprio perché la chiesa è tale, si dovrebbero promuovere improvvisazioni, acclamazioni, canti vivaci e ritmati e, perché no?, delle danze. 

Vero è che per lungo tempo la cosiddetta “Messa tridentina”, l'ultima “versione” della messa latina romana di Gregorio Magno, fu celebrata con il terrore di fare qualche errore poiché, se il prete sbagliava, lo si sarebbe considerato un peccato; con un'attenzione rubricale che scadeva nel maniacale, insomma, poteva finire per essere una celebrazione più attenta alla forma che alla sostanza.

Ma, nonostante questa verità o tante altre simili, si continuava a veicolare un modus celebrandi che, se riscoperto patristicamente, avrebbe fatto apprezzare una spiritualità e un'ascesi, avrebbe fatto valutare la sua simbolicità. 

La Chiesa che, nel primo millennio cristiano, aveva la comunione di tutti i Patriarcati conservava una liturgia a Roma che, nonostante limiti umani ovunque riscontrabili, non impediva la concelebrazione con un vescovo bizantino orientale. Nell'Athos fino al XIV secolo esistevano benedettini latini con la loro liturgia. Perfino nel Monastero bizantino di santa Caterina, sul Sinai, si narra dell'esistenza fino al XIV secolo di una cappella latina per i pellegrini latini di passaggio con i loro sacerdoti. 

Questo, perché non è affatto difficile ricondurre la liturgia latina tradizionale alla liturgia bizantina, almeno nel suo stile di fondo che si esprime in preghiere “verticali”, nel sacerdote che “dialoga” con Dio, nel ruolo simbolico di parole e atti, nella ieraticità esterna che dovrebbe spingere ad una ascesi spirituale ad un timore reverenziale, alla contrizione. In breve: le forme esterne indicano o dovrebbero indicare un modus operandi di tipo spirituale, quindi totalmente all'opposto da quanto sembra si auspichino i liturgisti moderni per le “messe rinnovate” i quali richiedendo una “partecipazione attiva” sono più attenti al fenomeno esteriore, sociologico, psicologico, che all'evento interiore. 

Andando al fondo di tutto, in questa vicenda liturgica non si discute tanto sui testi, sulla lingua usata, sulle sue modalità espressive, quanto sulla sua “anima”: la liturgia cristiana ha un'anima che chiede di essere costantemente mantenuta. Laddove quest'anima non si percepisce più, anche se tutto pare essere simile a prima, è avvenuta una variazione fondamentale. Ecco perché anticamente potevano coesistere diversi riti in una unica Chiesa: l'anima celebrativa era la stessa! Il problema che apre il “Nuovo Messale”, quindi, non è una questione materiale o formale, ma una questione essenziale dove, chi assiste, ha l'impressione che si sia persa esattamente l'anima della liturgia! Questo spiega perché, nel Cattolicesimo, diversi fedeli continuano a sostenere imperterriti la liturgia tradizionale indisponendo gli studiosi e inasprendo quei chierici che ne sono avversi forse perché fin troppo secolarizzati. I primi, pur non avendo spesso i termini per esprimersi, sentono quell'anima più nei riti antichi che nei nuovi, i secondi, ai quali probabilmente sfugge il sentire interiore, credono di aver a che fare con cultori di forme “passate e morte”. 

È bene che, deposte le armi della polemica, ci si apra alla riflessione, il che darà la possibilità a tutti per un'auspicata maturazione e una coscienza più elevata. 

Per quanto riguarda le Chiese ortodosse mi auguro che non si sentano privilegiate, esentate magicamente da tali problematiche: il formalismo liturgico che si vedeva nel mondo latino negli anni cinquanta oggi sta ammalando molte di loro e non ne sono ancora perfettamente coscienti! 

Questo indica un'inevitabile separazione tra la spiritualità e la liturgia con un quasi totale estraniamento dalla prima. Potrebbe proprio essere l'anticamera in cui tutto l'ordinamento liturgico tradizionale crolla, come successe nel mondo Cattolico una cinquantina di anni fa.

sabato 17 aprile 2021

Riforma luterana e riforma cattolica a confronto

La storia della Riforma luterana ha molto da insegnare ancora oggi. Indico in pochi punti qualcosa che potrebbe essere sviluppato in modo molto più ampio e organico. In parallelo pongo alcune riflessioni riguardanti il mondo cattolico.


    1a I presupposti della Riforma nascono da un animo con un'accesa sensibilità che alcuni potrebbero addirittura pensare patologica: l'ansia di Martin Lutero per la salvezza e la sua inquietudine di poter sentirsi salvato e giustificato. Quest'animo si scontra molto presto con una teologia divenuta pura discettazione intellettuale dei misteri della fede e con la prassi disinvolta e sfacciata della vendita delle indulgenze. La visita di frate Martino a Roma acuisce in lui i sentimenti di inquietudine e di rivolta dinnanzi alla spensieratezza di un clero secolarizzato e la vita rilassata del Rinascimento.


    1b La “Riforma cattolica” nata convenzionalmente dalla celebrazione del Concilio Vaticano II ha avuto dei presupposti in tutto un passato nel quale spesso teologia ed esperienza cristiana viaggiavano ognuno per conto loro. All'unica teologia (tomista) non corrispondeva l'unica possibile spiritualità ma una pletora di spiritualità alcune delle quali erano, in realtà, più un cammino psicologico che spirituale, quindi incentrate più su un'esperienza religiosa umana che su una vera esperienza divina, un contatto con l'Al di là nell'Al di qua. Un certo confinamento della spiritualità (o delle spiritualità) ha poi portato ad un inaridimento della liturgia vista come una “prassi comandata dalla Chiesa”. Questo inaridimento si è mostrato come una formalità in cui si facevano le cose per obbedienza, non tanto perché erano una fonte autentica di vita cristiana. I tentativi di porre un argine a questi mali si sono mostrati impotenti: fedeli e clero erano più attratti dal mondo con le sue spensieratezze che da un'autentica vita cristiana.


    2a L'affissione delle tesi luterane contro il mercato delle indulgenze e controversi punti teologici, è la scintilla iniziale della sua “riforma”. Tale riforma però non si appoggia più su un ritorno ad una tradizione autentica, come fu il tentativo operato da san Francesco, ma su una interpretazione soggettiva, dove l'individuo si pone al di sopra di ogni autorità e reputa importante avere un rapporto unico e diretto con la Scrittura. 

     

    2b La svolta del Concilio Vaticano II ha rappresentato una sorta di “affissione” di tesi nuove: la Chiesa non si oppone più al mondo ma “dialoga” con esso. Il termine “dialogo” precedentemente sconosciuto, è divenuto il cavallo di troia con il quale, nonostante le buone intenzioni di alcuni, sono entrate nel recinto ecclesiale le idee più incredibili e rivoluzionarie, in grado di scompaginare il sistema che, fino ad allora, nonostante tutto reggeva. Qui, “finalmente” l'individualità di tipo protestante ha trovato casa nel corpo Cattolico a tutto detrimento del concetto di tradizione con tutto ciò che questo avrebbe comportato.


    3a Lutero fu protetto e incoraggiato dall'autorità secolare del tempo e, oltre ciò, trovò un terreno culturale particolarmente propizio: per quanto lontano da certe istanze rinascimentali, egli era un uomo figlio del rinascimento nel suo bisogno di sottolineare l'individualità e la coscienza e la razionalità individuale. Questo è all'origine della rottura con il concetto tradizionale di Cristianesimo in cui, al contrario, vige il senso di tradizione, di trasmissione di un insegnamento e di un'esperienza cristiana identica per tutti e in tutti i tempi.


    3b Il mondo cattolico “riformato” fu protetto e incoraggiato dalla cultura e dai potenti del tempo (taluni parlano di ampie infiltrazioni massoniche) che vedevano in questo nuovo assetto ecclesiale un ostacolo in meno alla diffusione di nuove idee e tendenze nella società. Oltre a venir meno di tale ostacolo molti cattolici divennero il volano per i cambiamenti della società. L'idea di un'esperienza cristiana in senso antico e tradizionale oramai era lontana dai progetti del Vaticano II il quale aveva, semmai, in grande ansia il dialogo con tutte le culture e le religioni.


    4a L'inizio della sua Riforma non vede grandi differenze esteriori tra il culto delle chiese riformate e quello delle chiese cattoliche. La Messa è pressapoco la stessa e gli edifici non hanno grandi cambiamenti interni. Solo più avanti, con il radicamento e l'aumento dell'opposizione alla dottrina cattolica il culto assume connotati decisamente differenti: la nascita di una nuova confessione cristiana (o di una nuova chiesa) esige necessariamente un culto diverso, perché diversa è l'identità e la sostanza alla quale si fa riferimento!


    4b L'inizio della “riforma cattolica” non aveva grande differenza, nel culto, con quanto praticato precedentemente. Il Vaticano II non prescrive una “nuova liturgia” e parla solo di un culto che si dovrebbe in qualche modo rinnovare per aprire più spazio alla lingua vernacolare. Tuttavia, alcuni anni dopo, nasce un nuovo Messale che non è più una semplice traduzione del Messale precedente ma un vero e proprio rifacimento al quale seguiranno altri e altri ancora: si doveva pregare con la “mentalità” e la “cultura” dei tempi attuali. Tali cambiamenti non di rado divengono stravolgimenti che creano di fatto una “nuova liturgia”, oggi decisamente appoggiata dalle più alte gerarchie ecclesiastiche che parlano, non a caso, di una “Chiesa in uscita”. Dunque si applica pure qui il detto precedente: a nuova Chiesa corrisponde nuova liturgia e viceversa.


    5a Nasce così una “nuova chiesa”, un nuovo “clero”, una nuova prassi (che diverranno infinite nuove prassi!), una nuova teologia in rottura con il mondo precedente.


5b Chiedere che la struttura cattolica come è da sempre stata conosciuta, torni a quanto praticava precedentemente, sarebbe come aver chiesto a Martin Lutero di tornare cattolico! Ci sono dei fenomeni nella storia che, umanamente parlando, sono irreversibili. Il Cattolicesimo, com'è stato conosciuto nel passato, con i suoi pregi e i suoi limiti, potrà esistere solo in quelle realtà in cui è ancora praticato. La storica struttura cattolica persegue oramai un altro fine e ha assunto un'identità sempre più chiara e lontana dalla sua tradizione.

lunedì 15 febbraio 2021

Rinnovamento del blog

Avviso i miei amabili lettori che il blog è in corso di rinnovamento.

Non posso nascondere che la situazione generale, nel mondo e nella Chiesa in particolare, è piuttosto allarmante. Parlo di allarme, non di lutto o di disperazione, perché la sorte finale non è mai nella mani degli uomini, per quanto essi facciano di tutto per porre un muro in direzione della luce.

La luce, si sa, anche dinnanzi ad un ostacolo sa trovare qualche breccia per filtrare e indicare, così, la sua presenza in modo che chi ne è privo capisca di non essere solo.

Sarebbe molto facile articolare discorsi, come ho fatto fino ad ora, contro questo o quell'errore. Il problema è che quando il margine di appiglio per la verità rivelata è fin troppo ridotto, chiunque tacerebbe e infatti c'è un tempo anche per tacere. 

Le istituzioni che paiono cadere o prima o poi cadranno, nonostante manifestino una vitalità fittizia. 

Da ciò che rimane tutto ricomincerà.

Quello che è certo è che oggi più che mai le istituzioni religiose sono lontane dal loro carisma iniziale ma questo non significa che tale carisma non abbia valore o non possa più coinvolgere le persone. 

Mantenere il lume della preghiera e della pratica religiosa è divenuto sempre più difficile ma è l'unica cosa da fare, come le note vergini sagge della parabola. Mantenere la tradizione nata dalla rivelazione è l'unico legame che impedisca il crollo personale e di un'intera civiltà.

A presto, spero!