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mercoledì 28 novembre 2018

La Chiesa di Gregorio Magno e oggi

598, luglio

Gregorio a Eulogio Patriarca e vescovo d'Alessandria.

La vostra beatitudine si è data cura di indicarmi che essa non scrive più, rivolgendosi ad alcuni, appellativi superbi, che nacquero dalla radice della vanità e mi parla usando l'espressione: "Come avete comandato". Questa parola di comando vi chiedo di tenerla lontana dal mio udito, perché so chi sono io e chi siete voi: per il posto che occupate mi siete fratello, per la condotta mi siete padre. Non ho comandato, ma ho cercato di indicare ciò che mi sembrava utile. Non riscontro però che la vostra beatitudine abbia voluto ritenere alla perfezione proprio ciò che ho presentato alla vostra memoria. Infatti vi ho detto che né con me né con alcun altro dovete scrivere qualcosa di simile ed ecco che nella intestazione della lettera che avete indirizzata a me che ve lo proibivo, vi siete curato di imprimere l'appellativo superbo chiamandomi Papa universale. Vi prego, la santità a me dolcissima non lo faccia ancora, perché si sottrae a uno ciò che si attribuisce a un altro più di quanto la ragione esige. Io infatti non cerco una grandezza fatta di parole, ma una grandezza morale. Né stimo essere onore quello per cui so che i miei fratelli perdono l'onore loro dovuto. Il mio onore è l'onore della Chiesa universale. Il mio onore è il solido vigore dei miei fratelli. Allora veramente sono onorato, quando non si nega l'onore dovuto a ciascuno di essi. Se infatti la santità vostra mi chiama Papa universale, nega di essere ciò che in me proclama di universale. Ma questo sia lungi da noi. Si allontanino da noi le parole che gonfiano la vanità, che feriscono la carità.

Certo, la vostra santità conosce bene che nel santo Concilio di Calcedonia e dopo dai Padri che seguirono, quest'appellativo fu attribuito ai nostri predecessori. Tuttavia, nessuno di essi volle servirsi di questa denominazione, affinché, mentre in questo mondo amavano l'onore dovuto a tutti i vescovi, custodissero presso Dio onnipotente, il proprio onore.

Quindi, mentre vi porgo i dovuti saluti, vi chiedo che nelle vostre sante preghiere vi degniate di ricordarvi di me, perché sia assolto, per la vostra intercessione, dai vincoli dei miei peccati che non riesco a cancellare con i miei meriti.

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La presente lettera, vergata da papa Gregorio magno è, assieme a qualcun'altra simile, una vibrata protesta nei riguardi di chi, allora, iniziava a chiamarsi "vescovo universale". Con quest'appellativo iniziò a fregiarsi il patriarca costantinopolitano, poiché Costantinopoli era politicamente la capitale dell'ecumene, ossia della terra universale allora conosciuta.
Un principio politico, dunque, si sovrapponeva ad una carica religiosa creando un ibrido, "il patriarca ecumenico" che, agli occhi di san Gregorio, è un'eresia. Il papa non accetta tale titolo neppure per sé (papa universale) perché comporta una giurisdizione su tutte le diocesi del mondo e lo fa sovrapporre (e quindi per lui fa annullare) la giurisdizione dei vescovi locali. 
Ne evinciamo che per papa Gregorio il vescovo è signore e padrone nella sua diocesi e non può essere limitato da nessuna autorità. Il limite può giungere solo da un sinodo regionale o, più ampiamente, universale (concilio ecumenico) che con autorità dell'insieme della Chiesa stabilisce delle sanzioni per un vescovo locale. Così avvenne, ad esempio, nel caso di Ario o del patriarca Nestorio.
Gregorio sembra suggerire che la sua autorità entra in gioco solo quando è richiesta, similmente all'ecclesiologia orientale e come alcune testimonianze storiche del primo millennio ci indicano.
Un'autorità personale che prescinde dagli altri e impone se stessa è, dunque, inconcepibile per Gregorio poiché è alla base del titolo "papa universale" o "patriarca ecumenico". Questo vale sia per il papa di Roma sia per qualsiasi patriarcato.
Nella posizione di Gregorio si ravvede l'ecclesiologia antica delle "Chiese sorelle" apparentate dall'unica e medesima fede ma indipendenti le une dalle altre.
L'evoluzione storica ha, in seguito, portato all'emersione di alcuni centri importanti, poiché erano città politicamente importanti. Quei centri hanno lentamente modellato la concezione ecclesiale antica fino a determinare l'importanza del papato in Occidente e del patriarcato costantinopolitano in Oriente.
È bene sottolineare che è stata l'importanza politica di Roma e Costantinopoli ad aver fatto emergere queste due Chiese, non l'importanza apostolica con la quale la prima ha poi successivamente (ma piuttosto tardivamente) rivendicato il proprio primato.
L'esercizio di un magistero individuale sulla Chiesa universale non pare esistere nella mentalità di Gregorio che, perciò, non vuole essere "universale" per non togliere nulla ai suoi fratelli nell'episcopato: egli consiglia, non impone!
La storia ha in seguito lentamente modellato la concezione di Chiesa differenziandola, non senza resistenze, se si tiene conto di questa stessa lettera. 
Oggi il ruolo individuale del papa è visto inscindibilmente con la Chiesa perché si è solidificata una certa mentalità con motivazioni teologiche.
In Oriente tutto ciò ancora non si è stabilito ma notiamo che da alcuni decenni nel patriarcato ecumenico è decollata, e oggi si è stabilita vigorosamente, una mentalità simile a quella del papa nel Cattolicesimo odierno. 
Anche qui, come ai tempi di Gregorio Magno, sorgono resistenze ed opposizioni. Non c'è dubbio che Bartolomeo I sta operando una variazione nella concezione tradizionale di Chiesa nell'Oriente cristiano che, in buona sostanza, è simile all'antica.
Vedremo l'instaurarsi di una Chiesa papale orientale?

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I seguenti schemi aiutano a capire la situazione attuale che riserva delle sorprese. Sono semplificazioni ma sulla base d'incontrovertibili documentazioni storiche. 











domenica 4 novembre 2018

Note generali di ecclesiologia

Il patriarca Ignazio (797-877) in una miniatura bizantina

La “questione ucraina” in cui, come ho sufficientemente documentato, un patriarcato entra nel territorio di competenza canonica di un altro patriarcato senza essere richiesto, interpella chi non è un “addetto ai lavori”.
Ben volentieri cercherò di esporre qualche nota generale di ecclesiologia per illuminare la questione.
L'ecclesiologia – il termine non spaventi i miei benevoli lettori! – non è altro che la descrizione di ciò che è la Chiesa e comprende anche il modo con cui si organizza.
Com'era organizzata la Chiesa nell'epoca apostolica e lungo tutto il primo millennio? In forma collegiale, non monarchica. Documenti alla mano, si può provare che, sebbene il vescovo e papa di Roma avesse un primato, tuttavia non era il monarca indiscusso ex sese della Chiesa. Le decisioni erano prese rispettando la competenza territoriale di vescovi e arcivescovi (poi patriarchi).
Ecco quattro esempi che spiegano bene lo stile di allora:
  • C'è il caso di un sacerdote nordafricano sanzionato dalla sua Chiesa che fa ricorso a Roma contro la sanzione ricevuta. Siamo nel V secolo, nell'epoca in cui viveva Agostino d'Ippona. Il papa non risponde al ricorso del sacerdote e sollecita la chiesa locale africana a dare una risposta. Questo significa che nessuno può aggirare la gerarchia alla quale immediatamente appartiene, e non lo si può chiedere neppure a Roma (concezione collegiale, non monarchica).
  • Un altro esempio lo abbiamo nel IX secolo quando dei monaci benedettini, recitando il Credo con il filioque, durante la messa della notte di natale, creano un subbuglio di monaci greci facendo sospendere la celebrazione e creando scandalo. I monaci cercano di far valere il loro diritto e, siccome sono latini, si rivolgono direttamente al papa romano di allora. Il papa non risponde e rigira il loro appello al patriarca greco di Gerusalemme, giurisdizione sotto la quale i latini in quel momento erano. Il papa, dunque, rispetta il principio antico: in un territorio c'è un solo vescovo o patriarca e costui non può essere sorpassato, neppure per rivolgersi alla prima sede altrimenti si crea un cortocircuito giurisdizionale, un monstrum ecclesiologicum per l'epoca. Il patriarca di Gerusalemme da la sua risposta e chiede, in supporto, la risposta del papa di Roma. Solo allora il papa risponde dando ragione al patriarca gerosolimitano (concezione collegiale, non monarchica).
  • Ancora nel IX secolo i teologi di Carlomagno si rivolgono a papa Leone III chiedendogli di aggiungere al Credo nella Messa il filioque. I teologi franchi espongono quelle che loro giudicano essere le loro ragioni aggiungendo che "il papa ha l'autorità per farlo" ma il papa risponde loro che “non ha tale potere”, cosa che si può eventualmente fare solo in un concilio, concordandola assieme a tutta la Chiesa universale. “Non ha potere”, ossia non può agire senza l'insieme e la concordanza di tutto l'episcopato (concezione collegiale, non monarchica) per ciò che riguarda tutta la Chiesa.
  • Le prime avvisaglie del ruolo monarchico papale s'intravvedono con la complessa questione foziana (IX sec.), dove il papa interviene direttamente e personalmente nella Chiesa costantinopolitana per porre come patriarca Ignazio al posto di Fozio. Dato lo stile conservato fino ad allora in Oriente e in Occidente, c'è ragione di credere che Costantinopoli fosse rimasta scioccata. Ma per sistemare definitivamente la complessa questione cosa si fa? Si aspetta un decreto monarchico del papa? No, si convoca un concilio (concezione collegiale, non monarchica) dove si cerca di ristabilire le cose al loro giusto posto, per conservare tutti gli onori alla prima sede imperiale (Roma) da cui il papa trae il suo prestigio nella Chiesa (*) ma cercando di ridimensionare gli ultimi eccessi.

Tutti noi sappiamo come poi è andata la storia: con la separazione tra Oriente e Occidente il papa non solo non ha più fatto le affermazioni di Leone III ma ha dichiarato se stesso come la fonte di ogni potere spirituale e temporale sulla terra (Innocenzo III), un vero e proprio principio supermonarchico! Nello stesso periodo storico sono esistiti canonisti i quali pensavano che il papa avesse tale e unica autorità da poter modificare pure i Vangeli, affermazione questa che sarebbe parsa blasfema solo qualche secolo prima.
Bisogna però situare questa reale nuova situazione nelle problematiche vicende occidentali del tempo in cui ogni chiesa veniva secolarizzata e assorbita dal potere reale o imperiale per fini secolari e dove il papa finiva per divenire ben poca cosa (**). La reazione del papato, posto forzatamente in un angolo, è stata inevitabile e, in quel tempo, era l'unico modo per uscire dal vicolo chiuso nel quale era posta tutta la Chiesa occidentale. Sta di fatto che, partendo dal primato antico, il papato è divenuto una monarchia con potere immediato su ogni parte del mondo. Il papa lentamente è divenuto un monarca assoluto con giurisdizione immediata e universale, in grado di scavalcare qualsiasi autorità ecclesiastica locale.
In questa nuova identità il papa non avrebbe mai risposto come Leone III o come nel IV secolo degli esempi su riportati. E questo oggi lo capiamo benissimo poiché siamo al termine di una logica evoluzione, al punto che potrebbe parci strano se non fosse mai stato così.

L'Oriente cristiano ha mantenuto l'ecclesiologia antica con la sua organizzazione interecclesiastica. Il patriarcato di Costantinopoli ha rispettato questa organizzazione almeno fino al 1920. Da allora in poi ha iniziato a comportarsi come il papato al tempo di Fozio. Recentemente, con la questione ucraina, si è comportato di fatto come il papato al tempo di Pio IX (principio supermonarchico) ritenendo perfettamente inutile accordarsi con altre autorità nella Chiesa ed agendo prescindendo totalmente da loro. Certo, formalmente e a parole, dichiara di attenersi alle leggi canoniche antiche ma queste leggi non hanno assolutamente nulla che possa giustificare il suo odierno comportamento appoggiato su una volontà esclusivamente personale che prescinde da ogni altra cosa o persona. Gli stessi canoni ai quali Bartolomeo fa appello vengono decontestualizzati e stravolti (se non pervertiti) nella loro applicazione pratica.

Generalmente lungo tutto il primo millennio i  papi di Roma si attenevano pressapoco ai medesimi ordinamenti canonici del mondo ortodosso odierno o, quanto meno, al loro spirito. Poi per ragioni personali o perché spinti da ragioni politiche o di sopravvivenza, hanno creato un nuovo corso storico dando un nuovo significato alle antiche consuetudini. Il patriarcato di Costantinopoli sta facendo esattamente la stessa cosa per probabili ragioni di sopravvivenza. Sulla base della sua unica e sola autorità il patriarca costantinopolitano ha aperto un nuovo corso ecclesiologico (***).

Ciò che dunque si differenzia è l'ecclesiologia e di qui c'è la logica impossibilità di condividere un'ecclesiologia modificata da parte di chi ne mantiene e confessa un'altra ("Credo la Chiesa...", nel Simbolo).

Ben ragione ha dunque il mondo Cattolico quando ritiene che non vi sia comunione con l'Oriente anche per ragioni ecclesiologiche e ben ragione ha l'Oriente per ritenere lo stesso.

Ed ecco, ora, la domanda più interessante: possono le altre Chiese ortodosse far finta che le recenti decisioni autocratiche del patriarca Bartolomeo siano solo questione di “bisticcio” tra greci e russi? Possono far finta che non esista un problema più profondo di ordine ecclesiologico che mina profondamente la comunione tra loro? 
Attendiamo risposta, se mai verrà!
Poiché l'ecclesiologia ha inevitabili risvolti e ripercussioni dogmatiche, se tale risposta non dovesse giungere o fosse insoddisfacente, pur di tirare a sopravvivere nonostante tutto, dovrei dedurre che il medesimo relativismo dogmatico presente in Occidente è profondamente penetrato pure in Oriente ed è questo relativismo che renderà fattibile, dinnanzi ad una possibile generale indifferenza, una fantomatica unità tra le Chiese.

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(*) Ricordiamo che gli antichi concili stabiliscono per il papa romano un ruolo di prestigio unicamente perché sta a Roma, che fu la prima città imperiale. Il legame tra il papa e san Pietro (principio apostolico) è assolutamente posteriore a quello politico (principio di accomodamento) tant'è vero che in pieno IV secolo esisteva chi, come sant'Agostino, non associava assolutamente alla promessa di Cristo ("Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa") il potere del papa sulla Chiesa. Questo si generalizza e si radica solamente molto tempo dopo con il progressivo instaurarsi del principio monarchico. Se, talora anche in tempi recenti, questo principio monarchico si è fatto supportare dall'opinione dell'episcopato (vedasi il caso della proclamazione dogmatica dell'Assunzione) non è perché il papa ne abbia necessario e indispensabile bisogno (come avveniva anticamente) ma per un semplice atto di consultazione. Per la stessa ragione fondata su se stesso il papa è ex sese infallibile in certe condizioni delineate nel concilio vaticano I.
(**) Si badi bene che la stessa invenzione della "donazione di Costantino" si muoveva nella stessa ottica. Solo spacciando per vero questo documento artefatto il papato ha potuto garantirsi una certa libertà di azione dinnanzi all'aggressività dei conquistatori del tempo. Ed è dunque per consentire a se stesso di uscire da difficili situazioni che il papato "gonfia" sempre più la sua antica posizione privilegiata.
(***) Il patriarca ha varato con quest'azione eclatante quanto da tempo aveva fatto studiare per renderlo possibile. I metropoliti fanarioti Zizioulas e Lampriniadis hanno da anni studiato la situazione e proposto una specie di "papato d'Oriente" per portare Costantinopoli non solo al centro ma de facto al di sopra di tutta l'Ortodossia e farla divenire "indispensabile". Le analogie con l'Occidente sono più che evidenti.