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mercoledì 31 luglio 2013

Comprensione sensibile, razionale e mistica della Divina Liturgia



Il mondo cristiano di tradizione bizantina ha un modo differente di concepire la liturgia rispetto a quello cattolico-"latino".

Nel mondo ortodosso si crede che la Divina Liturgia (la messa) sia la manifestazione del Cielo sulla terra. È Dio stesso che, in qualche modo, s'irradia nel momento della celebrazione.

Se l'attore principale è Dio ne consegue che sacerdote e fedeli sono assolutamente subordinati: non ha senso che il prete "cerchi" i fedeli per farli partecipare meglio e che i fedeli "cerchino" il prete per essere da lui sostenuti, dal momento che entrambi sono rivolti al mistero che sta avvenendo: il Regno di Dio che viene (1). Non ha senso che gli occhi corrano qua o là, come se si stesse davanti ad uno spettacolo mondano perché è Dio che tocca gli astanti.

L'idea di aver una partecipazione attiva, secondo le modalità ideate nel mondo cattolico-"latino", non ha alcun motivo di esistere nel contesto bizantino. Le stesse disposizioni e apparati liturgici non servono per fare "spettacolo" o per appiccicare lo sguardo del fedele su di essi procurandogli emozioni romantiche o quant'altro ma sono un semplice rimando iconico alla gloria divina. 

Qui giova fare una distinzione assolutamente importante.

Nel post precedente ho accennato all'antropologia dei Padri della Chiesa. Per essi l'uomo è:
 
a) corpo (con i suoi cinque sensi),
b) psiche (con la sua razionalità),
c) spirito (con i sensi spirituali).

Queste tre parti formano l'intero uomo e l'uomo non è mai perfettamente tale fintanto che queste tre parti non funzionano tutte e non entrano in armonia tra loro. È compito della Chiesa (che ha questa conoscenza) renderlo  uomo completo.

Ne consegue che la liturgia stessa ha tre generi di comprensioni:

a) sensibile (coinvolgendo i cinque sensi)
b) razionale (coinvolgendo la mente)
c) mistica o spirituale (coinvolgendo i sensi spirituali).

Nel mondo cattolico-"latino" sono fortemente privilegiate le prime due mentre la terza oggi praticamente non esiste più (2). Questo non solo è indice di un'antropologia monca, se stiamo a quanto ci descrivono i Padri della Chiesa, ma indica che, dal punto di vista spirituale, questa realtà, di fatto, non funziona più: si è come "chiusa" al Cielo.

Procediamo alla descrizione delle tre conoscenze.

a)  La conoscenza sensibile della liturgia

Questa conoscenza avviene quando, nel momento della liturgia, si ammirano i suoi colori (nei paramenti, nelle icone, nell'armoniosità con cui è costruito il tempio); si gode della fragranza dei suoi profumi (il profumo dell'incenso, delle erbe e dei fiori usati in talune circostanze); si gustano i suoi sapori (il gusto dell'antìdoron, del pane inzuppato nel vino alla fine della Liturgia in certe solennità, della kolliva per la commemorazione dei defunti); si toccano i suoi oggetti sacri (con le labbra baciando le icone e le reliquie); si sentono i suoi canti che creano atmosfere particolari...

b) La conoscenza razionale della liturgia

Tale conoscenza si manifesta in diverse maniere, a seconda dell'età della persona. Ci può essere una conoscenza elementare (comprendente i significati dei testi liturgici) e una conoscenza più complessa (che illustra come si è formata la liturgia e che senso hanno certe pratiche). Generalmente questa conoscenza non deve schermare o negare le altre conoscenze essendo a servizio di una maggiore coscienza di quanto accade.

c) La conoscenza mistica o spirituale della liturgia

I Padri della Chiesa spesso hanno cercato di far capire che questo genere di conoscenza è la più alta, la più profonda e, direi, la più vera. Troviamo tutto ciò nelle mistagogie patristiche.
Questa conoscenza deriva da un intuito spirituale sviluppato fino a divenire un vero e proprio "occhio". Più l' "occhio" interiore è attivo ed è purificato più è in grado di percepire, attraverso il velo della materialità, la presenza vivente della Divinità. È un genere di conoscenza soprarazionale assai difficilmente comunicabile con i mezzi ordinari. Questo tipo di conoscenza è presente anche nella Scrittura quando l'agiografo, per manifestarla, inizia ad esprimersi con termini paradossali, razionalmente quasi assurdi e contraddittori. L'Oriente ha sempre confessato che la Divina Liturgia, rivela la presenza divina al punto da definirla come un "tremendo mistero". Il "tremendo" nasce proprio dalla sensazione di essere a contatto con qualcosa di totalmente al di fuori del naturale e dell'umano.

Queste tre conoscenze procedono, in un certo senso, in progressione. Ma il fatto che la terza conoscenza sia di ordine superiore, rispetto alle altre due, non significa che l'uso della razionalità debba essere abolito, poiché se non assolutizzata, la razionalità è spesso indispensabile. D'altronde essa è imprescindibile poiché riguarda il mondo naturale nel quale siamo sempre immersi. E la liturgia, pur avendo un profilo spirituale "soprannaturale", ha pure un profilo naturale poiché in questa vita viviamo sulla terra, non in Cielo.

Un ottimo equilibrio tra le tre conoscenze lo vediamo nei Padri più famosi: pur essendo uomini spirituali, esercitati nei monasteri e cultori della vita monastica, erano uomini di cultura, formati nelle migliori "università" dell'epoca.

Quando questo equilibrio si spezza (il che oggi purtroppo è la norma) abbiamo forme assurde e malate in cui, in nome della razionalità, si abolisce la spiritualità e la sua relativa conoscenza o, al contrario, in nome di un malinteso misticismo, si contrasta un corretto uso della razionalità. 

Qui bisogna ricordare che il più grande alfiere del monachesimo bizantino, Gregorio Palamas (1296-1359), pur non spingendo i suoi monaci alla conoscenza razionale (poiché per lui era sommamente importante quella spirituale), lasciava che i laici avessero una  conoscenza intellettuale, cosa che egli stesso, d'altronde, ebbe negli anni della sua gioventù, prima di divenire monaco.

Le applicazioni degli squilibri suaccennati si vedono subito nella liturgia quando, in nome della razionalità, si rende la chiesa un luogo freddo, totalmente chiuso alla trascendenza o, al contrario, in nome del misticismo e della spiritualità si vuole a tutti i costi tenere ignoranti i propri fedeli pure sui testi stessi che formano la liturgia. Davanti a questi squilibri non ci sono scusanti che tengano.

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(1) Proprio per questo la Divina Liturgia inizia sempre con le parole: "Benedetto il Regno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo....".
(2) Un tempo per sottolineare l'aspetto trascendente dei sacramenti e della liturgia si parlava in termini di "grazia divina", cosa oggi quasi totalmente scomparsa.

7 commenti:

  1. Ci si è spinti più in là in quanto razionale è quando comunque la ragione è volta naturalmente, quella che ad esempio un San Massimo Confessore chiama contemplazione naturale, cioè il cogliere la ragione degli esseri e della creazione, e che quindi, nell'apparato simbolico della Liturgia riesce a cogliere appieno la parte "esprimibile" di essa. Quella a cui assistiamo oggi è irrazionale: preti canterini, sacerdote rivolto al popolo, Pater Noster tipo catena massonica e chi più ne ha più ne metta. Irrazionale è negare la parte "inesprimibile" del mistero la quale invece è il fulcro di tutto. Difatti l'unico tipo di linguaggio adatto ad esso è il simbolo, di cui man mano ne vengono svuotati o resi incoscienti i significati. Solo per fare un piccolo esempio mi sovvengono i bestiari medievali di cui una stupenda testimonianza ci è stata lasciata dal lavoro di Charbonneau-Lassey.

    Pantocrator

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    1. San Massimo il Confessore, infatti, specifica bene questo tipo e genere di conoscenze. Non a caso è autore (o gli viene attribuita) una Mistagogia. Il santo è un mistico comune all'Oriente e all'Occidente. C'è stato qualche teologo tedesco (Hans Urs von Balthasar) che cercò, come poteva, di sviscerarne il pensiero senza, tuttavia, orientare il mondo cattolico verso la profondità massimiana.

      L'Occidente (anche liturgico) è troppo preso da "altre cose", come una donna troppo presa ad imbellettarsi il volto al punto da trascurare la propria casa! Per questo definisco la pratica di questi ambienti ecclesiali con il termine di "arianesimo pratico": è perso completamente il contatto con il Cielo.

      Se, giustamente, nel campo proprio della liturgia (che è il campo dell'Inesprimibile) si giustappone delle performances teatrali (balli e canti) la si stravolge poiché si fissa lo sguardo su quanto non c'entra affatto. E l'assurdo assoluto consiste nel considerare queste cose come giuste e appropriate all'evento celebrativo. Il pensiero degli attuali liturgisti oramai è tutto in questa direzione!

      Lo stravolgimento avviene anche a livello di linguaggio che da simbolico (come dovrebbe giustamente essere e come lei sottolinea) diviene spettacolare crollando miseramente nel puro secolare.

      Questa è, infatti, la perversione liturgica occidentale della quale il nostro mondo non pare accorgersi e voler guarire. Anzi ci sono tutti i segni di un indurimento in tal senso, di un peggioramento di tale malattia.

      D'altronde, per poter guarire sono necessari veri uomini di spirito, in contatto con l'Inesprimibile i quali senza tante parole ma con fatti precisi tornano a ripristinare le cose nel giusto ordine.

      Dove sono?? Pure nel mondo cristiano orientale c'è grandissima difficoltà a trovarne uno e siamo in una realtà in cui - almeno formalmente - la tradizione non è ancora stata rovesciata!

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    2. Alla fine tutto ciò ha un nome preciso: volgarizzazione e profanazione. Dove si trova oggi il senso del mistero che è per sua stessa definizione inesprimibile a parole? Oggi si assiste ad un vero e proprio odio nei confronti del mistero, tutto deve essere spiegato e poi compreso come se tutti fossero in grado di conoscere il senso profondo e spirituale della Sacra Dottrina senza fatica o alcun impegno di nessun tipo, mentre invece avviene tutto il contrario. Basti pensare che la Summa Theologiae era un manuale per studenti!

      Pantocrator

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    3. Il senso del mistero è dato dalla presenza della Grazia. Di essa sono state date molte definizioni.

      Lutero spiegava la Grazia come il semplice "favore" che Dio fa gratuitamente all'uomo, favore gratuito, da cui la definizione "grazia". "Ti dò la mia grazia!", significava l'atto del re che graziava dalla condanna il suddito colpevole.

      Ebbene, concepire la Grazia in questi termini non solo è un forte riduzionismo ma significa aver escluso che sia possibile sperimentare la Presenza divina tra gli uomini.

      Viceversa, in Oriente, la Grazia è intesa come il senso di una reale Presenza.
      Faccio un esempio per capirmi meglio: quando uno entra in una casa abitata, anche se non vede nessuno nel salotto, avverte tuttavia una presenza vivente da qualche parte della casa, anche se l'altra persona dorme silenziosamente nella sua camera da letto.

      Questo "sentire" fa parte della percezione del cristiano ed è questo che gli da la sensazione di una casa abitata.

      La presenza della Grazia in un ambiente, in una liturgia, in una persona dovrebbe dare sensazioni del genere, se non sensazioni di ordine maggiore e intenso.

      Se, come dice lei, esiste un ODIO nei riguardi del mistero, vuol dire che da tempo dietro al termine mistero non c'è più niente.
      È come se uno dicesse: "guarda che quella casa è abitata!" anche se è rimasta disabitata da secoli. "Devi credere che è abitata perché te lo dico io!".

      Il fatto di aver detto una bugia (in buona o cattiva fede non importa) ha creato una reazione nelle persone, a volte subconscia, una diffidenza crescente e, alla fine, un allontanamento e in alcuni casi un odio. Non è un caso che i peggiori anticlericali siano usciti dai collegi religiosi!

      E' significativo che Lutero spieghi la "grazia" in quel modo così riduttivo come ho sopra indicato. Ciò significa che l'evidenza della Grazia era tutt'altro che chiara in gran parte del mondo cattolico! Se fosse stato il contrario, Lutero stesso non si sarebbe spinto fino ad una definizione così depauperizzante, rispetto a quella della tradizione cristiana.

      Ne consegue che se la presenza divina (ossia della Grazia) è tutt'altro che evidente, il concetto di mistero diventa una pura asserzione verbale, intellettuale, come se io dicessi "le mucche volano" pure se non se ne è vista mai volare una.

      A questo punto la banalizzazione ha la meglio e tutto diventa un gioco di parole. Per questo si pensa di poter conoscere il senso profondo e spirituale della dottrina senza alcuna fatica o impegno.

      Alla fine nella liturgia è in gioco anche e soprattutto una questione di Presenza divina, ossia di Grazia.
      Se non si lascia più a Dio di essere attore della liturgia, è ovvio che lo diventa solo l'uomo e nel modo più secolarizzato e banale!

      A quel punto parlare di "Grazia" e di mistero è puro flatus vocis.

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    4. Quindi è ben tangibile quel processo di protestantizzazione del Cattolicesimo... di cui si vuol negare l'azione evidente.
      La Presenza Divina è in ebraico la Shekinah o per gli arabi la Sakinah, che dimorava nell'Arca. Ora, basta far riferimento all'episodio biblico di Uzzia che muore folgorato toccandola per comprendere perché i Padri li chiamano "tremendi" misteri...

      Pantocrator

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  2. E' inevitabile cadere nel secolarismo, tanto più quando persino gli uomini di Chiesa, penso a E. Bianchi, presente nelle più importanti trasmissioni televisive, spinge il messaggio che il Cristianesimo sia in fondo un "processo di umanizzazione" e relazione pacifica con il prossimo.

    Se gli esempi più importanti sono considerati questi, ritengo impossibile una rivalorizzazione del Sacro.
    Come ha detto lei Sig. Pietro, la giustizia sociale e la bontà fine a sè stessa stanno prendendo il posto della spiritualità.

    nikolaus

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    1. La cosa più paradossale è che Enzo Bianchi rappresenta, in Italia, colui che parla in nome della spiritualità bizantina!
      Ma se la spiritualità bizantina, come ho sopra indicato, ci mostra tutto un altro genere di cose a livello pratico, cosa ne ha capito Enzo Bianchi, nel momento in cui definisce il Cristianesimo un processo di pura umanizzazione e relazione pacifica con il prossimo?

      Il fatto è che in Italia ci sono parecchie persone - non solo lui - che mescolano cose buone con cose strane: il cibo qui è molto adulterato. Ovvio che la gente poi non ci capisce più nulla e, sentendo a naso che c'è qualcosa che non quadra - lascia la Chiesa!

      Alla fine tutte queste persone, nolenti o volenti, sono seminatrici di secolarismo!

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