Iconografia del Cristo-Dio giudice. Perdere la prospettiva soprannaturale, nel Cristianesimo, significa averlo completamente travisato. Disprezzare la tradizione porta esattamente a questo! |
Il messaggio che mi ha spedito la signora Trifletti (vedi post precedente) è indice d'una tendenza ampiamente vigente tra i cristiani odierni: la tradizione è cosa da vecchi, qualcosa che - come pare sostenere lo stesso papa Bergoglio - bloccherebbe il soffio dello Spirito santo. In questo tipo di pensiero, Dio non può che esprimersi in una sorta di spontaneismo umano, libero dai gravami della "legge" e da doveri che fino a ieri "obbligavano" i credenti.
Il
fatto che questo pensiero paia essere sostenuto
dallo stesso papa (o che costui permetta di farsi intendere così, mietendo gli osanna del mondo attuale)
apre un vulnus d'incredibile profondità e rende ancor più
difficile mostrare che la realtà cristiana si
trova, invece, da tutta un'altra parte.
Andiamo,
come al solito, al fondo delle cose, pur nei limiti stabiliti da questo blog.
“Tradizione” deriva dal verbo “tradere” ossia trasmettere. È quel termine che in
greco si esprime con Παράδοσις (Paràdosis). Trasmettere cosa? Ora vediamo!
L'esperienza
che i discepoli hanno avuto di Cristo (fatti e parole) non è stata immediatamente
redatta in forma scritta. Per un breve periodo si è tramandata da bocca ad orecchio: ecco il primo nucleo
della Tradizione dalla quale, in seguito, sono iniziate le prime
redazioni evangeliche.
La
"mamma" dei Vangeli, dunque, è stata la stessa Tradizione.
Ma la Tradizione (e le diverse accentuazioni della stessa) non poteva stare tutta nei Vangeli, tant'è vero che
questi ultimi non di rado sono stringati, limitandosi ai fatti
essenziali e agli eventi fondamentali della vita di Cristo. La
“mamma” dei Vangeli ha dunque continuato la sua opera a fianco
degli stessi giungendo fino a noi.
I Vangeli esprimono la rivelazione neotestamentaria che si chiude con la morte dell'ultimo apostolo (come si dice a volte). Ma se la rivelazione si è espressa una volta per sempre, la tradizione ha continuato sempre ad operare nella storia ed è quella che raccorda il vangelo con ogni epoca.
I Vangeli esprimono la rivelazione neotestamentaria che si chiude con la morte dell'ultimo apostolo (come si dice a volte). Ma se la rivelazione si è espressa una volta per sempre, la tradizione ha continuato sempre ad operare nella storia ed è quella che raccorda il vangelo con ogni epoca.
La
Tradizione si è trasmessa nelle prime generazioni anche come una sorta di
orientamento di spirito con il quale poter leggere le stesse
sacre Scritture e interpretare - soprattutto - l'antico Testamento
alla luce di Cristo.
Se
si scorrono le epistole paoline si nota che san Paolo legge
l'antico Testamento alla luce del Nuovo (soprattutto nella lettera
agli Ebrei), contrariamente a quanto avviene oggi in cui l'antico viene letto solo alla luce di se stesso (e questo è ovviamente antitradizionale per quanto corrisponda a regole filologiche intratestuali).
Ma
c'è di più: quest'attività non è mai
stata una semplice speculazione
intellettuale tant'è vero che l'ordine dato da Cristo di "andare
ed evangelizzare" non si limitava alla
semplice comunicazione di un messaggio
(come si crede e si pratica oggi).
Significava mostrare qualcosa che sta effettivamente operando (vite trasfigurate, malati guariti, eventi inspiegabili). Gli apostoli, predicando, operano miracoli. È questo il “Regno di Dio” di evangelica memoria, quel Regno che opera tra gli uomini: "E li mandò ad annunciare il Regno di Dio e a guarire gli infermi" (Lc 9, 2). Esso come dice san Paolo "Non consiste in parole ma in potenza" (1 Cor 4, 20).
Significava mostrare qualcosa che sta effettivamente operando (vite trasfigurate, malati guariti, eventi inspiegabili). Gli apostoli, predicando, operano miracoli. È questo il “Regno di Dio” di evangelica memoria, quel Regno che opera tra gli uomini: "E li mandò ad annunciare il Regno di Dio e a guarire gli infermi" (Lc 9, 2). Esso come dice san Paolo "Non consiste in parole ma in potenza" (1 Cor 4, 20).
La
Tradizione, dunque, non è un semplice messaggio (come oggi pensiamo,
umiliandola addirittura a norma opprimente, contraria
all'espansione della vita) ma si esprime nel trasmettere un evento (che il vangelo definisce Regno di Dio), evento irradiato da chi ne è stato toccato per primo.
L'apostolo (ossia etimologicamente l' "inviato") è colui che espande questo Regno di Dio.
L'apostolo (ossia etimologicamente l' "inviato") è colui che espande questo Regno di Dio.
In
un commento al post precedente è stato ricordato Serafino di
Sarov, un asceta russo santo per il mondo ortodosso (ma potrei fare anche qualche altro esempio). Se si legge il suo dialogo con Motovilov si nota, pressapoco,
qualcosa del genere: il santo esprime un messaggio ma lo accompagna
con eventi inconsueti che aprono gli occhi dell'animo al suo
ascoltatore. Ecco perché i santi (parlo di questo genere di santi che reputo significativi)
sono, in un certo senso, coloro che proseguono realmente l'attività
degli apostoli ossia l'espansione del Regno di Dio. È necessario che il santo offra la percezione di qualcosa di sommesso ma trascendente che tocca la sua persona, non che sia una semplice persona buona o filantropica altrimenti non si può distinguere in nulla da qualsiasi altro buon uomo e la Chiesa da lui rappresentata non si differenzia in nulla da un'associazione umanitaria! È così che corrisponde alla caratteristica evangelica di colui che "espande il Regno di Dio".
Si notino i due aggettivi essenziali:
a) "Sommesso" perché sfugge agli occhi dei vanitosi che cercano cose eclatanti per provare solo emozioni religiose!
b) "Trascendente" perché ai retti di cuore da la netta percezione di qualcosa di totalmente "altro" rispetto alla normalità.
Lo stesso Cristo si è rivelato nel suo aspetto trascendente solo a pochi mentre la maggioranza è pure giunta a crocefiggerlo...
Si notino i due aggettivi essenziali:
a) "Sommesso" perché sfugge agli occhi dei vanitosi che cercano cose eclatanti per provare solo emozioni religiose!
b) "Trascendente" perché ai retti di cuore da la netta percezione di qualcosa di totalmente "altro" rispetto alla normalità.
Lo stesso Cristo si è rivelato nel suo aspetto trascendente solo a pochi mentre la maggioranza è pure giunta a crocefiggerlo...
I vescovi sono certamente essenziali ma senza la presenza di questo genere di santi sono, in qualche modo, “dimezzati”, il loro ministero è come un albero senza frutti! Se non si considerano i santi (o li si rinchiude nella vetrinetta del salotto buono) si scade velocemente nel cosiddetto clericalismo ossia in quell'atteggiamento per cui i chierici si sentono al centro e al di sopra di tutto per le cose materiali che fanno (sacramenti, amministrazione ecclesiastica, insegnamento intellettual-morale)!
Il clericalismo scade, a sua volta, in una sorta di potere assolutistico sulla Chiesa, provocando a lungo termine un'infinità di mali. Sono anche i mali di cui si lamenta il tradizionalismo cattolico. Questo clericalismo si rivela laddove la gente dice: "Il prete ha sempre ragione!" o "la Chiesa è affare dei preti", prescindendo da ogni altra cosa (1).
Non è un caso che in Occidente l'attività carismatica del santo non sia mai stata vista come un'espressione essenziale della Tradizione e questo avviene soprattutto oggi! È come considerare a parte i frutti di un albero concentrandosi solo su foglie e fiori; come se la teologia e l'amministrazione della Chiesa fossero cose totalmente diverse o poste su un piano isolato dalla vita trasfigurata in Cristo (2). Di qui anche la totale marginalizzazione della vita monastica, residuo di un passato e di una "cosa troppo vecchia", come direbbe la Trifletti. Questo è un vero e proprio problema occidentale che, ultimamente, ne sta generando mille altri (3).
Invece, la presenza carismatica del santo è essenziale perché la
Tradizione stessa ha bisogno d'esprimersi con parole ed eventi. Lo stesso insegnamento del vescovo (che è un riferimento principale nella diocesi) ha bisogno di essere illuminato da tutto ciò!
Si
osservi un'altra cosa.
La
Tradizione, nell'antico Testamento, è rappresentata dalla Legge e
dai Profeti. Il Pentateuco (Legge) e i Profeti sono gruppi di libri che
formano una sola Bibbia. Per questo non si può opporre gli
uni agli altri tant'è che i cristiani ravvisano
sia nella Legge che nei Profeti il Cristo che doveva venire. Non
nella Legge soltanto, non nei Profeti soltanto, ma in entrambi!
La
Tradizione, conformemente alla struttura della Bibbia, ha pure un
aspetto legale (che nelle norme cerca di trasmettere un determinato spirito
ecclesiale) e un aspetto profetico (ossia orienta i credenti d'ogni tempo attraverso il medesimo spirito ecclesiale).
L'insegnamento nella Chiesa è appoggiato su questi due aspetti della Tradizione come su due pilastri.
Voi
capite bene che sopprimere (o mettere semplicemente in dubbio) anche una di queste due cose, significa
rovinare tutto e rovesciare completamente l'insegnamento rendendolo inutile!
Perciò
se consideriamo la Tradizione solo come un codice di leggi,
probabilmente ci sfuggirà l'aspetto "profetico" che essa
ha, la sua capacità di portare l'autentico spirito della Chiesa
lungo i secoli, quello spirito che giudica e discerne quasi con gli "occhi di Dio" quanto avviene oggi.
Se
consideriamo la Tradizione solo come qualcosa di profetico (o carismatico),
disprezzando le leggi, non le possiamo in alcun modo dare
concretezza.
E' come credersi perfetti cristiani senza praticare i comandamenti!
E' come credersi perfetti cristiani senza praticare i comandamenti!
Sin
dai primordi del Cristianesimo ci si è mossi con queste associazioni: legge + profeti; ordinamento umano + spirito carismatico...
Queste coppie non si possono mai scindere tant'è vero che sin dall'antichità i cristiani si formavano alla luce della Parola biblica ma attualizzata in una predicazione non razionalista o individualista ma frutto della tradizione ecclesiastica. Quest'ultima non era altro che una “custodia” alla Parola biblica e cercava d'offrire, in ogni tempo, la sua retta interpretazione.
Queste coppie non si possono mai scindere tant'è vero che sin dall'antichità i cristiani si formavano alla luce della Parola biblica ma attualizzata in una predicazione non razionalista o individualista ma frutto della tradizione ecclesiastica. Quest'ultima non era altro che una “custodia” alla Parola biblica e cercava d'offrire, in ogni tempo, la sua retta interpretazione.
È
grazie alla Tradizione che sono stati definiti i primi dogmi. I
dogmi cristologici dei primi secoli cercavano di salvaguardare il
mistero di Cristo in quanto Dio e uomo. In quanto Dio, anche perché
nella Chiesa si deve salvaguardare l'aspetto profetico-carismatico (4). In
quanto uomo, anche perché nella Chiesa si deve salvaguardare l'ordinamento umano, che si concretizza pure in un ordine legale (5).
Gli
eretici facevano una semplice cosa: ponevano la loro comprensione
personale (con argomentazioni razionalistiche) al di sopra della
comprensione della Tradizione e della Chiesa. In loro si notano le
prime avvisaglie dell'individualismo religioso che oggi dilaga
imperiosamente. (Il "secondo me" nelle questioni religiose è oggi la norma ma è assolutamente infondato, dal punto di vista della Tradizione).
Nel
post dedicato alle contestazioni della signora Trifletti (il post
precedente) ricordavo che san Benedetto nella sua Regula
invita il discepolo ad ascoltare. Nell'ascolto e nella pratica
avviene la trasmissione della Tradizione ecclesiastico-evangelica.
Qui non ci dev'essere spazio alcuno al dubbio.
Il
dubbio sistematico in ogni cosa, pure in campo religioso, è un
prodotto tipicamente moderno. È dubitando che si eleva la
propria comprensione individualistica al di sopra della comprensione
ecclesiale e della Tradizione ed è per lo stesso dubitare che la
Tradizione viene di fatto abolita e declassata a “cosa vecchia”.
Il
culto liturgico è qualcosa di molto importante e delicato. Mostra in
modo immediato e pratico lo spirito della Chiesa. Se una chiesa ha
conservato lo spirito della Tradizione nel senso che ho fino ad ora
indicato, avrà inevitabilmente una liturgia in cui l'umano si apre ad un'atmosfera completamente differente da quella consueta, facendo intuire "cieli nuovi e terra nuova". È quello che si definisce come l' "incontro armonioso del divino con l'umano". Qui esiste il cosiddetto “senso del sacro”.
Se
una chiesa ha di fatto abolito lo spirito della Tradizione avrà
inevitabilmente una liturgia in cui agisce solo l'aspetto umano,
razional(istico), sociale, filantropico, sentimentale. Non dico che questo tipo di
cristiani non possano, in qualche modo, fare del bene alla società.
Dico che non trasmettono per nulla la completezza della Rivelazione
divina ed è questo il grosso problema che a loro sfugge. Il "Regno di
Dio che arriva" non è questione di un ordine sociale più giusto (pur contemplandolo) ma
di una trasfigurazione dell'umano nel divino! Questo da loro non è minimamente capito. Non sarà perché sono ermeticamente "chiusi" in una prospettiva unicamente umana?
Questa prospettiva solo umana in religione, per la Tradizione, è segno di squilibrio. D'altronde
moltissimo Cristianesimo attuale è squilibrato perché ha perso l'ordine tradizionale. Da una parte, ci si concentra sull'aspetto umano, come la Trifletti, con un
odio preconcetto e privo di basi verso la Tradizione. Qui si butta via e vino e otri vecchi. Dall'altra, si esasperano elementi marginali o storicamente contingenti come se fossero essenziali e indispensabili alla
Tradizione stessa. Qui non si sa portare il vino vecchio in otri
nuovi e si finisce per rovinare il vino stesso in una sorta
d'immobilismo pericoloso. Ma qui, per giunta, emerge una radicale mancanza di discernimento.
Tutto
questo si applica alla liturgia.
Ci
sono cose che, nel campo liturgico, non si possono assolutamente
toccare. Altre che possono essere soggette a ritocchi.
Ovunque
– nella liturgia tradizionale occidentale e orientale – sono
stati fatti piccoli ritocchi lungo i tempi. Ma un conto è questo
(ossia portare il vino vecchio in otri nuovi) un conto sono gli
atteggiamenti estremi di chi cambia radicalmente tutto o di chi non
vorrebbe cambiare assolutamente nulla (archeologismo liturgico).
Il
mondo della Trifletti si pone, evidentemente, in chi cambia tutto
equivocando la Tradizione con l'archeologismo. In lei si nota quel
cattolicesimo che non ha mai compreso bene cosa significasse la
Tradizione, né il suo ruolo indispensabile nella storia del
Cristianesimo (6). È un pensiero che, oggi, va per la maggiore finendo per secolarizzare totalmente il Cristianesimo in Occidente. In fondo chi pensa così se ne compiace assai ma offre l'idea di non poter in alcun modo prescindere da se stesso e dalle sue ragioni unicamente contingenti e "umane".
In un mondo individualista, non si distingue da tutti gli altri. Ma una chiesa con queste caratteristiche individualistiche ha da tempo riempito con la sociologia e le belle intenzioni il vuoto lasciato dall'espulsione dello spirituale. Il tragico è che nessuno pare accorgersene e c'è pure qualcuno, come la Trifletti, che lo denomina "splendore"!
In un mondo individualista, non si distingue da tutti gli altri. Ma una chiesa con queste caratteristiche individualistiche ha da tempo riempito con la sociologia e le belle intenzioni il vuoto lasciato dall'espulsione dello spirituale. Il tragico è che nessuno pare accorgersene e c'è pure qualcuno, come la Trifletti, che lo denomina "splendore"!
______________
4) Oggi non sovente negli ambienti cattolici si sente parlare di "aspetto carismatico" ma non gli si attribuisce affatto il significato antico. Mentre anticamente l'aspetto "carismatico" era osservare il presente con occhi, direi, "divini" (come un san Paolo che confessava: "non sono più io che vivo ma Cristo vive in me"); oggi lo si intende in due prevalenti maniere:
a) In modo fanatico: il carismatico è quello che attende sempre eventi eccezionali e miracolistici o addirittura li provoca artificialmente. È il "supermarket" delle emozioni religiose!
b) In modo rivoluzionario: il carismatico è colui che predica una giustizia sociale e giudica le strutture che nel mondo creano disuguaglianza e povertà. Un "profeta" carismatico è allora Helder Camara oppure Oscar Romero.
1) Alcuni anni fa un superiore generale di un istituto tradizionalista cattolico francese giunse a dirmi: "La Chiesa sono solo il papa e i cardinali. Nessun altro!". Fu l'espressione più estrema e farouche di clericalismo che sentii in vita! Uno che ragiona in questi termini non ha capito nulla né di Chiesa né di Cristianesimo. Eppure è superiore dello stesso istituto ancor oggi!
2) E' emblematico il detto del famoso vescovo Marcinkus, che lavorò a lungo nella curia vaticana: "Non si può governare la Chiesa con le Ave Maria" (The Observer, 25 maggio 1986). Sono convinto che quest'affermazione è il segno d'una mentalità ben radicata che ha diviso in compartimenti stagni la stessa vita cristiana e permette, dunque, in una sola persona, la spregiudicatezza nella pratica e la condanna della stessa nei sermoni. Così, da un lato, si condanna la guerra ma si può permettere la partecipazione azionaria nel commercio di armi....
D'altra parte la mistica cristiana, che dovrebbe essere il punto culminante a cui tende tutta una Chiesa, nella storia religiosa occidentale ha avuto vita molto difficile. A volte glissare su queste cose come fossero, totalmente opzionali e secondarie, è indice di uno squilibrio ecclesiale di cui spessisimo non si è affatto coscienti.
3) In fondo la stessa richiesta del sacerdozio ed episcopato femminile discende da questa logica! Se l'accento è posto sul ministero sacerdotale (come il vero ruolo fondamentale) e l'autentico centro (ossia la santità) sta nel "salotto buono" (quando vi stà), è normalissimo che delle donne chiedano l'accesso al sacerdozio. Se gli equilibri nella Chiesa non sono ristabiliti (il centro è solo la santità che influenza davvero la vita della Chiesa) ogni "no" non servirà che ad aumentare la stessa richiesta fino a che il papa non cederà. Considerare la Chiesa solo umanamente ha portato a questo e a molto altro. Siamo di fronte a quello che chiamo "arianesimo ecclesiologico".
2) E' emblematico il detto del famoso vescovo Marcinkus, che lavorò a lungo nella curia vaticana: "Non si può governare la Chiesa con le Ave Maria" (The Observer, 25 maggio 1986). Sono convinto che quest'affermazione è il segno d'una mentalità ben radicata che ha diviso in compartimenti stagni la stessa vita cristiana e permette, dunque, in una sola persona, la spregiudicatezza nella pratica e la condanna della stessa nei sermoni. Così, da un lato, si condanna la guerra ma si può permettere la partecipazione azionaria nel commercio di armi....
D'altra parte la mistica cristiana, che dovrebbe essere il punto culminante a cui tende tutta una Chiesa, nella storia religiosa occidentale ha avuto vita molto difficile. A volte glissare su queste cose come fossero, totalmente opzionali e secondarie, è indice di uno squilibrio ecclesiale di cui spessisimo non si è affatto coscienti.
3) In fondo la stessa richiesta del sacerdozio ed episcopato femminile discende da questa logica! Se l'accento è posto sul ministero sacerdotale (come il vero ruolo fondamentale) e l'autentico centro (ossia la santità) sta nel "salotto buono" (quando vi stà), è normalissimo che delle donne chiedano l'accesso al sacerdozio. Se gli equilibri nella Chiesa non sono ristabiliti (il centro è solo la santità che influenza davvero la vita della Chiesa) ogni "no" non servirà che ad aumentare la stessa richiesta fino a che il papa non cederà. Considerare la Chiesa solo umanamente ha portato a questo e a molto altro. Siamo di fronte a quello che chiamo "arianesimo ecclesiologico".
a) In modo fanatico: il carismatico è quello che attende sempre eventi eccezionali e miracolistici o addirittura li provoca artificialmente. È il "supermarket" delle emozioni religiose!
b) In modo rivoluzionario: il carismatico è colui che predica una giustizia sociale e giudica le strutture che nel mondo creano disuguaglianza e povertà. Un "profeta" carismatico è allora Helder Camara oppure Oscar Romero.
5) Ho notato in alcuni ambienti tradizionalisti (cattolici) un'assenza quasi totale di coscienza che la legge vuole preservare la "soprannaturalità" di un ambiente ecclesiale. Per aliam viam sembra di veder agire lo stesso spirito secolaristico che affligge gli ambienti progressisti del cristianesimo. Ci si limiterebbe, dunque, a difendere la legge ecclesiastica per un motivo di "validità" sacramentale ( = se si fa la messa in un certo modo è valida altrimenti no), come se la stessa "validità sacramentale" non avesse il fine di creare un ambiente che definisco "soprannaturale". Si pone talmene attenzione ai mezzi che i fini sono tutti sfocati (quando ci sono).
6) Sono ben cosciente che in nome della Tradizione (o delle tradizioni) a volte sono avvenuti degli abusi. Lutero era circondato da teologi che, in nome della tradizione, avevano fatto una teologia molto astratta sulla quale Erasmo da Rotterdam esprimeva le sue ironie. Ma l'errore di Lutero è stato quello di voler fare a meno del sistema tradizionale, pur di "ripulire" la Chiesa e abolire le astrattezze fine se stesse di certe scuole teologiche. E' l'errore di chi "spara sul mucchio" (come abbiamo visto con la signora Trifletti): butta via il bambino e l'acqua sporca. Invece, come abbiamo pure visto, è proprio al Cristianesimo esprimersi attraverso la Tradizione perché la Chiesa esprime la sua continuità nei secoli, non la rottura. La rottura, storicamente, è propria dei sistemi ereticali.
6) Sono ben cosciente che in nome della Tradizione (o delle tradizioni) a volte sono avvenuti degli abusi. Lutero era circondato da teologi che, in nome della tradizione, avevano fatto una teologia molto astratta sulla quale Erasmo da Rotterdam esprimeva le sue ironie. Ma l'errore di Lutero è stato quello di voler fare a meno del sistema tradizionale, pur di "ripulire" la Chiesa e abolire le astrattezze fine se stesse di certe scuole teologiche. E' l'errore di chi "spara sul mucchio" (come abbiamo visto con la signora Trifletti): butta via il bambino e l'acqua sporca. Invece, come abbiamo pure visto, è proprio al Cristianesimo esprimersi attraverso la Tradizione perché la Chiesa esprime la sua continuità nei secoli, non la rottura. La rottura, storicamente, è propria dei sistemi ereticali.
Un appunto relativo alla redazione di questo post. Mi capita che, anche dopo qualche ora dalla sua pubblicazione, perfeziono il post, gli aggiungo qualcosa, lo correggo. Non meravigliatevi se, tornando domani, lo vedrete leggermente cambiato o con qualche nota in più. Anch'io come molti, lavoro nei ritagli del mio tempo disponibile.
RispondiEliminaGrazie comunque per il suo lavoro.
RispondiEliminaRitorniamo a noi, ovvero alla lettera della signora Trifletti. E a tutte le considerazioni successive.
E' vero che Cristo si è manifestato in modo "trascendente " solo ai tre discepoli ammmessi alla visione della Trasfigurazione. Ed è altrettanto vero che la predicazione di Cristo veniva accompagnata dai segni del soprannaturale : guarigioni, allontanamento dei demoni e così via. Ma spesso ci sfugge una cosa : il fatto che Cristo ed i suoi discepoli vivessero insieme, insieme andassero al Tempio, insieme partecipassero ad avvenimenti sociali quali le Nozze di Cana. Ovvero ci sfugge, o meglio sfugge a molti, l'aspetto di Cristo come "amico dell'uomo".
Anzi di tutti gli uomini. L'aspetto della curia romana visto dal pubblico in questi ultimi anni è stato l'aspetto di uno strano mondo maschilista, pieno di lotte di potere, di dispetti e di inganni, vedasi tutto il caso del povero maggiordomo Paolo Gabriele. Un modo privo di contatto col mondo esterno, se non per quelle normali occasioni offerte dai mezzi di comunicazioni in cui il "popolo di Dio" veniva esortato secondo le vecchie dottrine, ma in cui il popolo di Dio non sentiva certo il calore di un amico, ma anzi la lontana eco della vecchia inquisizione.
E' questo modo di indendere la fede che viene considerato retrogado dalla signora Trifletti. E' chiaro che per poter vedere Cristo come amico, come compagno di strada, così come lo vedevano i discepoli di Emmaus, per la signora TRifletti bisogna buttare a mare la dottrina precedente, e pensare che nell'amicizia tutto è giusto e tutto è permesso. Così non è.
Ma questa sottilineatura di Gesù come amico è una visione a cui erano giunti alcuni laici , anni fa. Ho qui un libretto , dal titolo "Volto e ventura di un'Amicizia" e dal sottotitolo, i cristiani nel tempo scritto da un sapiente vecchio, Nando Fabro, che avevo conosciuto ed apprezzato ad un incontro ecumenico nei tempi lontani in cui partecipavo agli incontri ecumenici.
Una volta poi approdata all'ortodossia e giunta al concetto di uomo deificato o trasfigurato, riguardando gli incontri avuti nel passato è stato abbastanza facile inquadrare nella categoria degli uomini sulla strada della deificazione, molti o meglio alcuni di coloro che avevo conosciuto nella vita precedente. Così è stato per me per Nando Fabro.
Comprendo questa logica ma il punctum dolens sul quale si glissa è che, purtroppo, il mondo cattolico (di marca progressista) sottolinea all'infinito "Cristo come amico" come dice lei ma con il fine sottinteso (ed è qui la disonestà più o meno inconscia) di averlo come complice. Che Dio sia "più che amico" è un dato di fatto dal momento che è solo grazie a lui che viviamo ogni istante. Ma il punto non è questo, non è mai stato questo. Il punto è: come elevare la propria vita? E qui immediatamente molti si siedono e non vogliono sentire oppure fanno come il giovane ricco: prendono e se ne vanno!
EliminaLa dottrina tradizionale ricorda esattamente questo ed è per questo che non è amata. Poi, se uno cerca degli alibi, li può trovare in ogni dove e la stampa (sotto il periodo di Ratzinger e, guarda caso ora non più!!!) ne trovava a bizzeffe....
Se noi ripensiamo alla vita quotidiana di Cristo e dei suoi discepoli non possiamo non rilevare che non c'era da parte loro il desiderio di distruggere la Tradizione ebraica : anzi, col linguaggio di oggi potremmo affermare che Cristo ed i suoi erano sufficientemente seguaci della Tradizione : al sabato il Vangelo ci racconta che Cristo va in Sinagoga, per Pasqua Cristo e suoi salgono a Gerusalemme. La cena ebraica di Pasqua viene trasfigurata nell'Ultima Cena e nella prima celebrazione eucaristica.
RispondiEliminaOvvero il rispetto della tradizione va di pari passo con l'amicizia vissuta nel gruppo di Cristo e dei suoi discepoli.
Dice Fabro parlando di ciò che accadde dopo la Resurrezione :
L'Amicizia con un artigiano visibile - che vive tra la gente, parla, opera miracoli - che rinasce Amicizia in un Risorto invisibile, presente fra gli uomini fino alla fine del mondo. L'Amicizia che anche oggi siamo chiamati a vivere.
Attenzione ad un particolare: noi, dopo così tanti secoli, leggiamo le Scritture (ed è inevitabile, per molti versi) con i nostri occhiali umanistici. Ma chi ha scritto i vangeli non era un umanista proprio per niente! Sarebbe necessario prima spogliarsi di certi presupposti che ci fanno umanisticizzare tutto altrimenti quando parliamo di "amore di Dio" (intendendolo alla nostra maniera) poi non capiamo perché, in base allo stesso "amore" dobbiamo soffrire o siamo messi in condizioni in cui non ci pare proprio amore!
EliminaLa realtà è che la Rivelazione respira di una logica in cui l'umano si unisce con il divino. Di qui certe cose che per noi sono vere e proprie contraddizioni. Su un piano superiore, che in Oriente si definisce deificato, si comprende certamente meglio.
Ripeto: non sono contro alla parola e al concetto di "amicizia" ma attenzione a non chiudere il vangelo nel nostro mondo e nelle nostre terrenissime attese!
Io parlo del santo come espansore del Regno di Dio. Il santo può essere considerato un "amico"? Sì e no!! Lo sentono, piuttosto, "fratello" coloro che gli sono affini. Ma stia certo che coloro che cercano giustificazioni per continuare a vivere come hanno deciso non lo sentiranno di certo "amico"!
Il vulnus d'incredibile profondità che sta aprendo l'attuale papa è proprio quello di considerare tutto umanisticamente, amiccando in direzione di chi desidera giustificazioni nella sua vita, senza infondere delle sane inquietudini spirituali (come avrebbe detto padre Paisios l'atonita). Questo lo fa CERTAMENTE sentire "amico", ma tale "amicizia" corrisponde davvero alla "fratellanza evangelica" di cui il santo è testimone? Lascio a lei rispondere!
Innanzitutto sulla Tradizione a me piace ricordare S. Agostino: RITRATTAZIONI XIII (XII) -
RispondiElimina13. 3. Ho anche detto: Questa è, ai nostri tempi, la religione cristiana conoscendo e seguendo la quale si ottiene la salvezza col massimo di sicurezza e di certezza·153. Mi sono espresso così facendo riferimento al nome e non alla realtà ch'esso designa. In effetti quella che ora prende il nome di religione cristiana, esisteva già in antico e non fu assente neppure all'origine del genere umano, finché venne Cristo nella carne. Fu allora che la vera religione, che già esisteva, incominciò ad essere chiamata cristiana. Quando, dopo la risurrezione e l'ascensione in cielo, gli Apostoli incominciarono a predicare il Cristo e moltissimi divennero credenti, fu ad Antiochia che per la prima volta, come è scritto, i suoi discepoli furono chiamati "·Cristiani·"·154. Per questo ho detto: Questa è ai nostri tempi la religione cristiana, non perché un tempo non esistesse, ma perché più tardi prese questo nome.
Per quanto riguarda l'amico: dal punto di vista tradizionale è SI', è il Santo l'amico di Dio, non le smancerie sentimentali che si sentono dire al giorno d'oggi, magari con tanto di disegni patetici ed insulsi! Dal punto di vista mistico l'amico di Dio è colui che è asceso ed ha raggiunto un livello di prossimità al Divino che gli rende lo statuto di amico non le vane chiacchiere sentimentalistiche. Mi sovviene dal Sufismo, che comunque partecipa ai significati "semitici" dei termini, in cui il prototipo dell'amico di Dio è Abramo, ed il Wali, il Santo, è considerato "amico" di Dio in quanto compie la Sua Volontà e non la propria, ha rinunciato ed abbandonato tutto (la xeniteia dei Padri del Deserto) proprio come il Patriarca, Pilastro della Fede. Quindi questo tipo di "amicizia" è ben diverso da una "empatia" da fiction televisiva o da feuilletton, ma è un vero e proprio percorso spirituale di ascesi.
Pantocrator
Quanto ci viene di SERIO dalla storia delle religioni non fa che avvalorare il discorso che sto facendo.
EliminaSe confrontiamo le asserzioni della Trifletti con le religioni storiche (parlo anche di quelle non cristiane) ci accorgiamo che chi è completamente fuori logica è lei!
La TRADIZIONE esiste in ogni religione storica; l'espressione sia mistica che legale di essa esiste in ogni religione storica;
l'OBBEDIENZA del fedele alla tradizione (che così lo coinvolge in modo che lui stesso se ne fa partecipe e tramite) esiste in ogni religione storica. Altro che "bisogna sposare la fede con i dubbi sennò non si sa accogliere gli altri"!!! Perché non lo va a dire ai mussulmani che le rideranno in faccia???
Scritti rivelati e Tradizione attorno agli stessi esistono in OGNI religione storica.
Persone carismatiche (nell'antico testamento erano i profeti), esistono in OGNI religione storica; con le dovute differenze (ovviamente!, poiché un conto è la Rivelazione cristiana un conto le altre religioni).
Oggi arrivano le persone come la Trifletti (o meglio dalla metà degli anni '60 del XX sec.) e predicano una stramberia che non ha né capo né coda rovesciando l'ordine tradizionale.
Poi VOGLIONO che questa sia la RELIGIONE MIGLIORE e criticano gli altri (facendo discorsi con infinite contraddizioni).
In tempi migliori i cristiani l'avrebbero burlata.
Oggi che la maggioranza ha perso la logica elementare e ne ha fatto coriandoli, giunge pure ad applaudirla.
In occidente siamo a questo miserabile livello.
(Permettetemi di giudicare così queste idee anche se la Trifletti come persona mi fa un po' pena e un po' tenerezza per la sua incredibile e inguaribile ingenuità!).