Processione con le reliquie da inserire sotto l'altare, nella cerimonia di consacrazione della chiesa secondo il Pontificale romane del 1962. |
Abbiamo visto che nulla, per quanto riguarda la Rivelazione affidata alla Chiesa, è senza conseguene o rapporti con la vita personale.
La letteratura dei Padri unisce gli eventi salvifici con ogni istante della vita dei fedeli lungo la storia. Nulla è astratto e lontano da noi, ancor meno lo stesso edificio ecclesiastico. Al contrario, tutto oggi ha concorso a farcelo divenire.
Ho voluto mettere a disposizione (solo in visione, non è possibile né ottenere il file pdf né stamparlo), il testo completo latino/italiano della consacrazione della chiesa, secondo il Pontificale romano del 1962.
Scorrendo questo testo, si noterà le diverse parti con cui si eseguiva (e oggi assai raramente si esegue) il rito di consacrazione.
In linea di massima, ha diverse somiglianze con quanto avviene nell'Oriente bizantino, quando si consacra un tempio.
Perciò questo rito attrae molto il mio interesse. Invece, sono un po' perplesso sullo stile con cui si commentano le varie parti perché mi sembra come l'esposizione di un teorema di matematica in cui non resta che convenire razionalemente e non ci si sente "presi dentro" dal mistero se non da un punto di vista quasi unicamente razionale.
Lo stesso rito è stato seguito per consacrare la chiesa del seminario svizzero di Ecône. Esiste un filmanto (qui) in cui il liturgista, spiegando i vari momenti della cerimonia, assume lo stesso modo di argomentare.
Parlando delle reliquie dei martiri che verranno sepolte sotto l'altare dice pressapoco:
«Queste reliquie appartengono a chi ha confessato Cristo e, siccome l'altare rappresenta Cristo, esse sono seppellite sotto di esso».
Tutto vero, ma che modo freddo di dire le cose! È come se dicessi: "Siccome 1+1=2 e 2+1=3, allora 1+1+1=3".
Nella prospettiva patristica è tutta un'altra musica! Ne posso dare un'idea con quest'altro discorso: il corpo del martire è divenuto Cristo, ossia la sua materia conosce un arresto della legge della decandenza e della corruzione. Le sante reliquie non si decompongono. L'altare-Cristo destinato a conservare questo germe della Resurrezione, riceve la forza dalla grazia che tocca le reliquie. La sua ara, in qualche modo, compartecipa e trasmette attraverso la sua materia, al mistero di questa morte salfivica dei martiri alla quale comunichiamo anche noi nell'Eucarestia che sta a contatto di quell'altare. Ecco perché l'Eucarestia ha bisogno dell'altare di pietra e l'altare di pietra ha bisogno delle reliquie.
Avviene come un moto circolare che si chiude nel momento in cui partecipiamo al pane e al vino eucaristici. Il moto, infatti, è finalizzato alla comunione dei fedeli! Tutto nella chiesa è finalizzato alla trasformazione dei fedeli.
In questo discorso, è messo in moto un insieme di forze che coinvolge materia e spirito e unisce gli eventi salvifici dei martiri con i quali innestiamo la nostra stessa vita in Cristo partecipando all'Eucarestia.
Eucarestia, resti mortali dei martiri (oramai segno discreto di vita) fanno, in un certo senso, un tutt'uno con l'altare, uno rafforza l'altro, per coinvolgere come in una spirale la nostra stessa vita in tale mistero simbolico e reale allo stesso tempo.
Qui non è più una "teoria logica", un' "algebra sacra" che può nutrire al più la nostra sete di razionalità. Qui è infinitamente di più.
La spiegazione del sacerdote di Ecône è come chi traccia un teorema astratto, spiegazione per alcuni forse opportuna e comprensibile ma a mio avviso insufficiente. Purtroppo senza volerlo, egli ci lascia estranei perché i concetti da lui pronunciati possono stare in piedi anche senza di noi, come se non fossero finalizzati a noi! Tutto si esaurisce tra il simbolo dell' altare-Cristo e la reliquia del martire che testimonia Cristo. Sembra un oggettivismo che ha quasi paura di "sporcarsi" con l'umano: i fedeli sono solo pregati di ammirare in silenzio!
Argomentare in questo modo, per quanto ha una sua forza razionale, apre senza volerlo delle fessure, ha delle carenze. È proprio attraverso tali fessure-carenze che è penetrata la destrutturazione del rito latino e lo smottamento delle basi ecclesiastiche in molte realtà cattoliche. Attraverso le sue carenze il tomismo è stato disinstallato dal pensiero cattolico e non è stato sostituito da nulla di più profondo.
Pian piano i lettori forse iniziano a intravvedere e a capire la differente impostazione tra una prospettiva molto razionale ma fredda e una prospettiva che s'ispira allo stile dei Padri, decidamente calda e concreta.
Recuperare una liturgia tradizionale senza recuperare la mentalità dei Padri che l'hanno sostanzialmente generata, significa, a mio avviso, muoversi ancora sulla superfice dei testi e dei significati sottesi ai simboli e ai gesti liturgici.
Questo mi spiega quel senso di poca profondità che ho sempre sentito leggendo anche opere molto interessanti sulla liturgia o operette dal carattere divulgativo.
Emblematico è l'esempio di un'opera di dom Gerard Calvet: La sainte liturgie par un moine bénédictin.
In quest'opera la liturgia è presentata un po' come in questo blog (che s'ispira alle mistagogie patristiche) ma non giunge alle medesime conclusioni e si ferma molto prima, dando un'impressione d'incompiutezza.
Purtroppo una liturgia tradizionale senza la profonda lettura che ne davano i Padri, senza quel coinvolgimento profondo (che non è solo il semplice obbligo ad una coerenza morale!), è un lavoro lasciato a metà.
Perciò questo rito attrae molto il mio interesse. Invece, sono un po' perplesso sullo stile con cui si commentano le varie parti perché mi sembra come l'esposizione di un teorema di matematica in cui non resta che convenire razionalemente e non ci si sente "presi dentro" dal mistero se non da un punto di vista quasi unicamente razionale.
Lo stesso rito è stato seguito per consacrare la chiesa del seminario svizzero di Ecône. Esiste un filmanto (qui) in cui il liturgista, spiegando i vari momenti della cerimonia, assume lo stesso modo di argomentare.
Parlando delle reliquie dei martiri che verranno sepolte sotto l'altare dice pressapoco:
«Queste reliquie appartengono a chi ha confessato Cristo e, siccome l'altare rappresenta Cristo, esse sono seppellite sotto di esso».
Tutto vero, ma che modo freddo di dire le cose! È come se dicessi: "Siccome 1+1=2 e 2+1=3, allora 1+1+1=3".
Nella prospettiva patristica è tutta un'altra musica! Ne posso dare un'idea con quest'altro discorso: il corpo del martire è divenuto Cristo, ossia la sua materia conosce un arresto della legge della decandenza e della corruzione. Le sante reliquie non si decompongono. L'altare-Cristo destinato a conservare questo germe della Resurrezione, riceve la forza dalla grazia che tocca le reliquie. La sua ara, in qualche modo, compartecipa e trasmette attraverso la sua materia, al mistero di questa morte salfivica dei martiri alla quale comunichiamo anche noi nell'Eucarestia che sta a contatto di quell'altare. Ecco perché l'Eucarestia ha bisogno dell'altare di pietra e l'altare di pietra ha bisogno delle reliquie.
Avviene come un moto circolare che si chiude nel momento in cui partecipiamo al pane e al vino eucaristici. Il moto, infatti, è finalizzato alla comunione dei fedeli! Tutto nella chiesa è finalizzato alla trasformazione dei fedeli.
In questo discorso, è messo in moto un insieme di forze che coinvolge materia e spirito e unisce gli eventi salvifici dei martiri con i quali innestiamo la nostra stessa vita in Cristo partecipando all'Eucarestia.
Eucarestia, resti mortali dei martiri (oramai segno discreto di vita) fanno, in un certo senso, un tutt'uno con l'altare, uno rafforza l'altro, per coinvolgere come in una spirale la nostra stessa vita in tale mistero simbolico e reale allo stesso tempo.
Qui non è più una "teoria logica", un' "algebra sacra" che può nutrire al più la nostra sete di razionalità. Qui è infinitamente di più.
La spiegazione del sacerdote di Ecône è come chi traccia un teorema astratto, spiegazione per alcuni forse opportuna e comprensibile ma a mio avviso insufficiente. Purtroppo senza volerlo, egli ci lascia estranei perché i concetti da lui pronunciati possono stare in piedi anche senza di noi, come se non fossero finalizzati a noi! Tutto si esaurisce tra il simbolo dell' altare-Cristo e la reliquia del martire che testimonia Cristo. Sembra un oggettivismo che ha quasi paura di "sporcarsi" con l'umano: i fedeli sono solo pregati di ammirare in silenzio!
Argomentare in questo modo, per quanto ha una sua forza razionale, apre senza volerlo delle fessure, ha delle carenze. È proprio attraverso tali fessure-carenze che è penetrata la destrutturazione del rito latino e lo smottamento delle basi ecclesiastiche in molte realtà cattoliche. Attraverso le sue carenze il tomismo è stato disinstallato dal pensiero cattolico e non è stato sostituito da nulla di più profondo.
Pian piano i lettori forse iniziano a intravvedere e a capire la differente impostazione tra una prospettiva molto razionale ma fredda e una prospettiva che s'ispira allo stile dei Padri, decidamente calda e concreta.
Recuperare una liturgia tradizionale senza recuperare la mentalità dei Padri che l'hanno sostanzialmente generata, significa, a mio avviso, muoversi ancora sulla superfice dei testi e dei significati sottesi ai simboli e ai gesti liturgici.
Questo mi spiega quel senso di poca profondità che ho sempre sentito leggendo anche opere molto interessanti sulla liturgia o operette dal carattere divulgativo.
Emblematico è l'esempio di un'opera di dom Gerard Calvet: La sainte liturgie par un moine bénédictin.
In quest'opera la liturgia è presentata un po' come in questo blog (che s'ispira alle mistagogie patristiche) ma non giunge alle medesime conclusioni e si ferma molto prima, dando un'impressione d'incompiutezza.
Purtroppo una liturgia tradizionale senza la profonda lettura che ne davano i Padri, senza quel coinvolgimento profondo (che non è solo il semplice obbligo ad una coerenza morale!), è un lavoro lasciato a metà.