Questo post trae spunto
da un ottimo commento da me trovato nel web sulle iconografie bizantine (vedi qui). Una signora chiede: “Come mai nelle icone bizantine le persone rappresentate non
sorridono mai? Sorridere non è mica un peccato!”. Domanda intelligente ma
rivelatoria.
Chi gli risponde giustamente ricorda che il sorriso non è affatto
qualcosa di riprovevole ma le icone non sono immagine della dimensione terrena
in cui l’uomo è soggetto alla sua psicologia, ma del Cielo in cui l’uomo è
soggetto allo Spirito. Raffigurare l’uomo santificato, “immerso” nello Spirito
lo si può fare simbolicamente soltanto privandolo di certe caratteristiche che,
nella contingenza terrena, lo rendono fluttuante, tra sorriso e tristezza,
dipendente dalla fragilità e dall’instabilità della sua psicologia.
La domanda della
signora è anche rivelatoria perché indica che noi tutti assolutizziamo la
nostra dimensione terrena e psicologica e la “proiettiamo”, in un certo qual
modo, nell’Al di là: come siamo qui, con tutte le caratteristiche delle nostre
passioni, pensiamo di esserlo anche nella situazione ultraterrena. Non a caso
nell’Olimpo pagano gli dei erano capricciosi e irosi e la cosa attirava la sferzante ironia dei Padri della Chiesa.
Ebbene, la Chiesa è nel
mondo con il preciso fine di farci intuire qualcosa dell’Al di là, aiutandoci a
non assolutizzare la nostra situazione contingente. Ma se la Chiesa non “funziona”
più, nel senso che le persone più qualificate in essa hanno “staccato la spina”
di collegamento con la dimensione ultraterrena, allora in essa non è più possibile sperimentare altro
che terrenità e, nel peggiore dei casi, passionalità, meschinità e vendette
personali.
A volte alcuni credenti
si chiedono come può essere possibile che certi sacerdoti siano divenuti più
mondani dei laici, nonostante vivano in ambienti ecclesiastici che dovrebbero
cambiarli. Purtroppo ciò è possibile perché pure in questi ambienti è entrata l'oscurità, favorita da chi, appunto, ha “staccato la spina”.
Gli ambienti da noi frequentati ci
aiutano o ci ostacolano a cambiare in meglio e ciò avviene anche in modo non cosciente. Immersi in un ambiente, in
qualche modo ne sentiamo le “linee di forza” e la nostra psiche si conforma ad
esso.
Un ambiente mondano e salottiero modellerà la persona in quel modo e di
tali ambienti può essere (ed è!) caratterizzata anche la Chiesa. In questa situazione,
dunque, si assolutizza se stessi e non si è più in grado di sintonizzarsi con
la realtà o con un minimo di oggettività. Se una persona onesta denuncerà a malincuore una
malefatta di un sacerdote mondano, quest’ultimo non solo non riconoscerà il male per ripararlo ma si scaglierà ferocemente contro chi lo ha rivelato; ciò che è importante è apparire! Un sacerdote così diviene facilmente
come i mercenari del Vangelo giovanneo, quei mercenari che non s’importano
delle pecore e fuggono dinnanzi all’arrivo del lupo (che rappresenta il male o
il demonio) (cfr. Gv 10, 11).
Essi non difendono i
fedeli dal male perché sono impegnati a difendere loro stessi e i propri
interessi mondani (dietro un’apparenza religiosa).
Sono quegli stessi
mercenari che il profeta Geremia dipinge come “coloro che si riempiono la
pancia per poi fuggire assieme” (Ger 46, 21). Ebbene, ciò è possibile quando un ambiente lo favorisce e questo riguarda, ovviamente, anche i laici perché un laico non potrà mai essere meglio del sacerdote a cui fa riferimento.
Se, viceversa, la
Chiesa ha ambienti che sono come “porte del Cielo”, allora il cambiamento
avviene in senso contrario: quanto è importante non è se stessi, il proprio
orgoglio, la propria individualità ma servire il Signore che è sorgente di pace
e di felicità spirituale.
I monasteri, un tempo,
erano in Occidente un rifugio e un’oasi in tal senso, un luogo in cui ci si
poteva riequilibrare, rinfrancare spiritualmente e vedere il mondo con occhi nuovi, privi di malizia e passioni. Oggi è assai difficile trovarne di buoni e anche in
Oriente la situazione sta divenendo difficile.
Il grosso problema
dei nostri tempi è proprio qui: gli ambienti che ci sintonizzano verso le Realtà
superne sono sempre meno.
Perciò è possibile l’incremento dell’ateismo e dell’agnosticismo
pratico. Per credere in Dio non ha senso filosofizzarci su
chiacchierando sull’argomento dalla mattina alla sera. Per credere è necessario
cercarlo in ambienti elevanti. In essi saremo plasmati e preparati a sentirne l’esistenza
nel cuore, quell’esistenza che ha un’ineffabilità che nessuna parola o filosofia
del mondo può comunicare. L’evangelizzazione, infatti, non è chiacchiera, spettacolo, evento abbacinante ma discreto e silenzioso contatto con il Trascendente in ambienti che ancora lo rendono possibile.