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domenica 22 ottobre 2017

La risonanza della Parola


Uno dei temi più ricorrenti nel mondo Cattolico è quello per cui la sacra Scrittura, letta nella Chiesa, ha una sua particolare risonanza.
Questo tema è, di suo, antico e tradizionale tant’è vero che non casualmente la Liturgia è intessuta di espressioni bibliche e riporta passi del Nuovo e dell’Antico Testamento.
Prima dell’invenzione della stampa era normale leggere la sacra Scrittura solo in Chiesa, davanti all’assemblea dei fedeli, poiché era l’unico momento in cui lo si poteva fare.
L’invenzione della stampa è stata una rivoluzione di cui oggi non ci rendiamo perfettamente conto. Sottrasse la sacra Scrittura alla Chiesa consegnandola all’individuo e alla sua libera interpretazione. È l’invenzione della stampa che, in qualche modo, contribuì ad imprimere un vero e proprio slancio alla dottrina luterana.
La libera interpretazione della sacra Scrittura può portare a risultati antitradizionali e, di conseguenza, a risultati distruttivi per la fede e la Chiesa stessa perché eleva la coscienza individuale al di sopra della coscienza ecclesiale <1>. Ben conscia di ciò, la Chiesa all’inizio proibì la lettura della sacra Scrittura in senso individuale poiché essa doveva continuare a risuonare nell’assemblea ecclesiale all’interno della quale si riteneva esistesse ancora la corretta mentalità per poterla interpretare <2>.
In una Liturgia nella quale si è conservato il senso del sacro, nel significato più alto del termine, e una vivida consapevolezza di ciò, la sacra Scrittura risuonerà nel modo più profondo e spirituale, sia essa proclamata nell’idioma correntemente parlato o in un’antica lingua liturgica. In una Liturgia nella quale il senso del sacro è stato infranto con tutte le banalizzazioni che ne conseguono, inevitabilmente ci sarà una ripercussione anche nellinterpretazione biblica.

Citerò un fatto occorsomi ultimamente e che esprime chiaramente quanto sto dicendo.

Duomo di Gemona (Udine). Messa serale accompagnata dal canto degli alpini.
Viene letto un passo di un’epistola apostolica nella quale, tra l’altro, si dice: “Se non amiamo il prossimo che vediamo, come possiamo amare Dio che non vediamo?” (1 Gv 4, 21).
L’interno della chiesa aveva un’atmosfera che mi riportava a quella di un’aula protestante di Berlino, da me visitata un paio di anni fa. Assolutamente tutto mi suggeriva che quel passo biblico dovesse essere inteso solo umanamente: amare il prossimo significava sovvenirlo in senso sociale e, d’altra parte, la stessa preghiera iniziale del sacerdote suggeriva ciò. In quell’aula ecclesiale la Scrittura risuonava, sì, ma con un significato fin troppo umano, così umano che uno non poteva non chiedersi a cosa potesse mai servire la Chiesa.

Solo attraverso le mie frequentazioni monastiche ho potuto capire che il passo di 1 Gv 4, 21 evoca un amore non umano, al quale il cristiano è abilitato con la grazia di Dio perché ordinariamente i preti oggi non ne parlano e forse non lo sospettano nemmeno. Di conseguenza, la “risonanza della Parola” a Gemona non elevava ma abbassava lo spirito umano. Questo è quanto sperimentalmente ho potuto sentire. Al contrario, il fine di tale risonanza è sempre quello di svegliare lo spirito, la nostra sfera più interiore, non di solleticare solo la ragione o la nostra psiche imprigionandoci nella camera a specchi della nostra mente. La risonanza (o catechesi, dal termine greco katecheo) comporta l’elevazione dell’umano nel divino, non l’abbassamento del divino nell’umano!

Non è un caso che nella sacra Scrittura si usino due termini greci per indicare il termine “parola”: logos e rema. Il logos è la parola creativa, appena si pronuncia crea: “Sia la luce e la luce fu” (Gen 1, 3). Cristo fa dei logia, ossia pronuncia delle parole che danno vita e il Logos è, d’altronde, un modo alternativo per denominare Cristo stesso poiché “in Lui era la vita” (Gv 1, 4) <3>. Nella coscienza antica della Chiesa, quando l’uomo è santificato in Cristo, diviene un altro Cristo per grazia ed è in grado, talora, di pronunciare dei logia, ossia delle “parole creative”, altrimenti dette miracoli. I miracoli sono fatti reali, non racconti puramente allegorici. Se fossero pure allegorie Dio sarebbe impotente, non potrebbe operare logia o mirabilia Dei e sarebbe come noi che proferiamo semplici parole umane. Perciò Dio non sarebbe più Dio o, più semplicemente, Dio non esisterebbe!
Le guarigioni e i miracoli compiuti in nome di Cristo indicano che il singolo fa dei logia e il caso evangelico in cui gli apostoli non vi riescano fa indignare Cristo stesso perché mostrano che essi, nonostante la Sua presenza fisica, non sono ancora stati permeati dalla sua grazia a causa della durezza del loro cuore (Mt 17, 14 ss.). Infatti, chi ha fede come un granello di senape, può pure fare cose meravigliose (Lc 17, 6; Mt 17, 20).

Un altro termine scritturistico per indicare “parola” è rema. Rema non è che un flatus vocis, il nostro modo ordinario di parlare, una parola che di suo non crea nulla, anzi, a volte distrugge. È così che l’atto della parola è disgiunto dall’atto creativo e la terra, a causa della disobbedienza adamitica, divorzia dal Cielo.
La “Parola di Dio” non è e non sarà mai rema, parola unicamente umana, ma logos, parola divina. La sacra Bibbia non è di suo una raccolta di logia, poiché contiene solo parole stampate nella loro nuda materialità, ma è una veridica e autorevole testimonianza dei logia divini, dell’esistenza reale di tali atti creativi in tutta la storia della salvezza che perdura nel presente. La Chiesa e l’evangelizzazione non sono questione di remata, parole unicamente umane, ma di logia, parole creative e divine.
Di conseguenza, “se non amiamo il prossimo che vediamo, come possiamo amare Dio che non vediamo?” (1 Gv 4, 21), non potrà mai essere interpretato in senso psicologico e umano ma in senso unicamente elevato, spirituale, divino. La Chiesa è nel mondo per portare lo Spirito di Dio, non per adagiarsi allo spirito secolarizzato o piacere ai vari Scalfari del momento.

Ed ecco perché il luogo per eccellenza in cui si custodisce la sacra Scrittura è il santuario o l’altare, non un luogo qualsiasi: la Rivelazione, infatti, discende da Dio, pur essendo anche parola umana, non da un semplice uomo. Stabilire la chiesa come edificio nell’ordine tradizionale di un tempo, significa obbedire ad un ordine simbolico che ci riporta a queste verità basilari poiché la simbologia parla sempre e in ogni epoca allo spirito umano, anche se la ragione non lo comprende immediatamente. Ecco perché in un edificio ecclesiastico non può non esistere il santuario come spazio normalmente chiuso ai laici <4>.

Inoltre, la distinzione biblica del termine “parola” tra logos e rema, ha forti conseguenze in ambito ecclesiale e liturgico perché mostra chiaramente che il piano divino non potrà mai essere quello umano, per quanto l’uomo possa esserne reso in parte partecipe solo in Cristo. La loro confusione e sovrapposizione indica, alla fine, una profonda confusione nell’intendere la fede e la figura di Cristo.

In un ambito ecclesiale nel quale viene tutto psicologizzato e umanizzato, nel quale “l’amore per il prossimo” significa dargli spettacolarmente da mangiare a san Petronio di Bologna (giusto per fare un solo esempio di cui riportiamo una immagine), la presenza della Grazia per la quale è stata costituita la Chiesa, può venire seriamente oscurata. È pure una indiretta confessione che oggi si è impotenti a operare i logia evangelici, se ancora si crede che un tempo li si operava. Ci si affida, allora, a espedienti unicamente umani. Ma se la via che porta al Cielo è equivocata ed oscurata, quell’ambito ecclesiale in tali condizioni non può che votarsi all’insensatezza e rendersi come il sale non salato: buono solo ad essere calpestato dagli uomini (Mt 5, 13) <5>.

Per principio queste analisi non si muovono con l’intenzione di condannare persone o ambienti ma registrano dei dati di fatto: operate certe scelte ampiamente secolarizzate, un ambito ecclesiale si stacca da solo dal tronco evangelico con la sua linfa vitale. Di conseguenza non potrà che votarsi alla sterilità religiosa e abbassare i logia evangelici a puri remata. La via per l’agnosticismo è, così, ampiamente spianata e, di conseguenza, certe comunità ecclesiali potranno avere sempre meno autentici fedeli e sostituiranno i rimanenti con operatori sociali o atei di fatto ai quali forniranno ogni giustificazione. È questo che significa il fico sterile che, perciò, viene maledetto da Cristo e immediatamente muore (Mt 21, 19). Il vangelo riporta che Cristo può anche maledire e ciò dev’essere sempre ricordato ...
Pur nella sua complessità, tutto è semplice e logico per chi lo sa vedere e ha l’onestà di ammetterlo: l’attuale crisi nel Cristianesimo occidentale nasce da una crisi di fede. Infatti, non solo non si crede più come un tempo ma ormai non si crede affatto.
 

© Traditio Liturgica
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1 L’interpretazione ecclesiale della sacra Scrittura, anche da parte di un singolo, avviene quando si tiene conto delle catechesi patristiche sulla stessa e dell’insieme dell’insegnamento ecclesiale nei secoli. Ma oggi chi si riferisce davvero agli scritti patristici, visto che sono considerati dalla maggioranza dei teologi cattolici come “preistoria” della teologia? La stessa istanza magisteriale della Chiesa cattolica è spesso interpretata in modo molto storicistico per cui gli ultimi pronunciamenti e interpretazioni sostituiscono e si contrappongono senz’altro a quelli passati. Tutto ciò è fortemente problematico e determina inevitabilmente un approccio solo individualistico alla sacra Scrittura.

Si noti come spesso tale proibizione sia stata sommariamente interpretata come un “oscurantismo clericale”.

3 Il Logos è dunque la “parola creatrice” fatta carne in Cristo. Stupisce, sapendo ciò, l'iniziativa di qualche esegeta cattolico, il quale col desiderio di rendere “comprensibile” questo passo, lo ha tradotto: “In principio era la comunicazione”. Questo desiderio di rendere i passi evangelici con i termini della cultura contemporanea finisce per abbassare il significato fino a renderlo totalmente risibile. 

Ho già scritto altrove su questo argomento. Qui mi limito a ricordare che il santuario indica, secondo le mistagogie antiche, la realtà interiore e nascosta del Cristianesimo. La sua normale inaccessibilità ai laici lo sottolinea a livello simbolico. Aver di fatto disprezzato questa simbologia, con il libero accesso nel santuario da parte di tutti o con la sua abolizione in diversi edifici ecclesiastici moderni, non può non avere delle evidenti ripercussioni anche nel modo di intendere la fede che, infatti non casualmente, è interpretata in senso sempre più antropocentrico. D’altronde lo stesso fatto di costruire le chiese in modo antitradizionale indica un modo diverso e spesso opposto di concepire la fede stessa.


A fianco della cattedrale di Gemona, nello stesso istante in cui al suo interno si svolgeva la messa serale, c’era un camion il cui cassone era pieno di ossa e teschi umani. In un primo momento non me ne accorsi. È stato un ragazzo con la sua fidanzata a indicarmelo poiché se ne uscì con una infelicissima frase che faceva tanto hallowen: “Possiamo portarne via qualche pezzo?”. Probabilmente degli operatori comunali avevano scavato nei dintorni rinvenendo questi resi in seguito sommariamente caricati su un camion a bella vista e portata di qualsiasi passante. Considerata la reale vicinanza alla cattedrale non posso non pensare che il clero non ne fosse a conoscenza ma evidentemente ne è rimasto completamente indifferente. A me tutto ciò è suonato come una chiarissima desacralizzazione e banalizzazione e ho reagito pregando brevemente per le persone di cui vedevo i miseri resti. D’altra parte un ambiente ecclesiale che si è quasi totalmente secolarizzato, com’è quello della Chiesa cattolica friulana, come può aiutare i laici ad avere un concetto elevato della vita umana e degli stessi resti umani che, per un battezzato, sono sacri in quanto furono abitati da un uomo che ricevette il battesimo e la grazia di Dio? Qui siamo molto peggio che dinnanzi ad una eresia e i suoi frutti, d’altronde, lo confermano sfacciatamente.

12 commenti:

  1. Non riesco più a commentare i suoi scritti, nemmeno in me stesso, in parte per la mia ignoranza ma sopratutto per lo sbigottimento di fronte alle testimonianze che lei porta e che confermano la mia visione personale della situazione desolante e desolata del cristianesimo oggi. La ringrazio dei suoi contributi a chiarire quello che sento a livello emotivo, istintivo. Pare di essere su una barca in cui l'equipaggio impazzito fa di tutto per farla affondare. Mi chiedo cosa pensano i tanti cristiani che frequentano la chiesa, i fedeli che vanno a messa, di tutto quel che succede ogni giorno ormai e da anni. Vorrei avere la loro fiducia e la loro speranza, ma sono un cattivo cristiano probabilmente e guardo le contraddizioni e le ambiguità dei nostri pastori come se non riguardassero anche me. Il distacco da questa chiesa per quanto mi riguarda è irreversibile ma è un dramma che ferisce anche solo come spettatore esterno

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    1. Caro Sergio,
      lungi da me l'idea di farle credere che la Chiesa, in quanto divino mistero e corpo del Signore, deve essere abbandonata!! Se deve essere fatta una distinzione, bisogna farla tra ciò che veramente rappresenta la Chiesa e ciò che non la rappresenta affatto. La Chiesa è la trasmissione della santità, di quanto di più bello e alto continua ad esistere, seppur oramai in modo nascosto. La Chiesa esisterà sempre fino alla fine dei tempi, questo è certo. Come lei soffre per una immagine sfigurata di Chiesa che le viene violentemente imposta così, ne sia certo, soffrono molte altre persone con lei. Lei non è solo e forse con un poco di coraggio e iniziativa può trovare diverse persone come lei. In tutti voi esiste la sofferenza, sì, ma pure l'idea che solo quanto è elevato può essere chiamato Chiesa. Bene, non vi sbagliate e lei neppure si sbaglia. Si tratta di vivere da giusti (seppur con tutti i propri limiti) il proprio inferno e non disperare. Il male che viene inflitto al mondo, agli uomini e alla Chiesa finirà. Solo chi avrà perseverato sarà salvato.

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  2. beh anche in altre chiese antiche in attesa di restauro, quando tolgono i sepolcri di chi vi si era fatto seppellire lì, noto la medesima noncuranza dei resti mortali, alcune ossa vengono buttati indifferentemente nei cassonetti...

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    1. Vede, Veronica, cerco di essere prudente nel giudicare ma certe cose parlano troppo chiaramente. Ossa umane accumulate nel cassone di un camion a portata di mano e a cielo aperto. Lo stesso camion posteggiato a fianco del duomo di Gemona. All'interno si faceva una messa, segno che qualcuno sarà pure passato a fianco di quel mezzo posteggiato, clero compreso? Ciononostante l'indifferenza prevale e le ossa sono trattate come se fossero carogne di animali.

      Nell'Athos, ma siamo dinnanzi ad una delicatezza monastica che nasce da una fede vissuta, le ossa dei monaci seppellite da tanto tempo vengono tratte dalla terra, ripulite e delicatamente riposte negli ossari visitando i quali, dall'esterno, non diresti mai che si tratta di ossari tanto sono ben tenuti. I resti di quei monaci attendono la resurrezione quando si ricongiungeranno con l'anima. Qui sì che si capisce la fede cristiana. Nell'esempio di Gemona non la si riconosce affatto. Capisco tutte le difficoltà organizzative e logistiche, ma non è così che si fa!

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    2. Ecco solo un esempio di ossario athonita. Sui crani sono normalmente incisi i nomi dei monaci: https://i.pinimg.com/originals/ab/00/0f/ab000f983a4048f6a3b27375227ff167.jpg

      Non era certo così quello che ho visto io a fianco del duomo di Gemona. Poi metti assieme questo e mille altri segni e dimmi tu se un ambiente ecclesiale si può veramente dire, nei fatti, credente....

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  3. Dottore, complimenti per l'articolo, riflessione profonda su un tema fondamentale (con la triste nota di Gemona che ci trasmette la desolazione del Cattolicesimo moderno...). Solo, da parte mia, preferirei traslitterare ρημα con "rima".

    Unam Sanctam

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  4. Mi è arrivato il messaggio che sopra riporto. Ringrazio. In questi giorni ricordavo che una volta i mendicanti giravano con un cartello "Un pane per AMORE DI DIO". Questo significa come allora fosse chiaro, almeno teoricamente, che la carità verso il prossimo si fa per amore di Dio non per filantropia. Oggi, al contrario, non si capisce più cosa sia l'amor di Dio perché tale amore è unito alla confessione della retta fede e alla pratica dei comandamenti e persi questi ultimi due si perde anche il primo. E' ovvio allora che il contesto ecclesiale stesso diviene sempre più solo filantropico. L'orientamento si è capovolto!

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  5. Le ossa nei cassonetti! Faccio fatica a crederlo. Neppure a livello legale credo sia possibile una tale enormità. A nessuno viene in mente di chiamare un prete per dare una benedizione su quei resti anonimi? A nessun prete viene l'impulso naturale di mettersi una stola e uscire a benedirli? È proprio un altro mondo...il vuoto, il nulla.

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    1. Non erano nei cassonetti ma nel cassone di un camion e comunque a cielo aperto e a libera disposizione di qualsiasi passante. No, ai preti non viene in mente nulla del genere per paura di sentirsi impositivi, caso mai avessero ancora un residuo di senso del sacro. È il vuoto, infatti, ma la Chiesa, intesa in senso alto e vero non è affatto questa porcheria giornalmente sotto i nostri occhi, porcheria (passi la polemica) coperta dalla glassa buonista bergogliana.

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  6. Mi riferivo alla signora Veronica Lombardo, qui sopra, che parlava espressamente di ossa nei cassonetti

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  7. Ora il Vescovo di Mantova proibisce i contatti persino con chi "critica la chiesa di Francesco", come se la Chiesa fosse di proprietà del Papa. Ma dove siamo arrivati? a e dove arriveremo??

    http://www.lanuovabq.it/it/giornalisti-banditi-e-leditto-soviet-di-modena

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    1. Gentile Nikolaus, questa gente non si rende conto (e non gliene importa) che la Chiesa sin dall'antichità aveva una struttura "circolare": tutto il corpo della Chiesa (laici e clero) contribuiva a confermare o a rifiutare la dottrina esposta da questo o quel chierico. Il processo di verifica della verità, che io definisco "processo circolare", è il funzionamento normale della Chiesa anche se nella pratica può rendere molte cose lente o le inceppa. Il processo verticale e impositivo (=i subalterni obbediscono senza fiatare ai superiori) è invece tipico delle dittature o dei regimi idealistici (=il capo ha sempre ragione). Ovviamente in questo caso la struttura Chiesa funziona senza inceppamenti e in modo più efficiente ma non ha più alcuna garanzia di camminare nel retto cammino. Nella storia la Chiesa, sia in Oriente che in Occidente, ha avuto diverse tentazioni secolarizzanti che la trasformavano in dittatura. In certi periodi, si può dire che lo era divenuta (si pensi alla crisi monotelita in Oriente con l'imposizione imperiale e a certe epoche in Occidente). Oggi si può dire tranquillamente che il mondo cattolico è sprofondato in una crisi e chi lo dirige lo fa con uno stile molto più vicino alla dittatura che a quello che dovrebbe animare una vera Chiesa.

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