I post in un blog mi obbligano ad una trattazione piuttosto generale, con tutti i limiti che questo può comportare. Si prendano, dunque, queste considerazioni come uno stimolo, piuttosto che come una trattazione esauriente.
La settimana scorsa mi si è avvicinato un giovane studioso di origine iraniana. È una persona silenziosa, precisa, con un sorriso antico, piuttosto raro a trovarsi dalle nostre parti. Si è intrattenuto con me per raccontarmi le percezioni che lui, mussulmano sciita, prova quando entra nelle moschee del suo paese. Ha sottolineato che un edificio religioso è costruito per delle finalità ben precise, per imprimere nelle persone che vi entrano una particolare sensazione: l’interno di una moschea senza alcuna raffigurazione umana e con decori geometrici (al più con intrecci di foglie e fiori) spinge la mente di chi la osserva a pensare di essere a contatto con qualcosa che va totalmente oltre l’umano. L’architettura funzionale ad un’esperienza o a una semplice educazione religiosa è qualcosa che è stato totalmente perso dalle nostre parti ma che era tradizionale almeno fino ad un certo periodo.
In Dio, secondo il giovane studioso persiano, non può che esserci questa trascendenza assoluta, per cui la solennità delle moschee del suo paese deve determinare, in chi vi entra, la sensazione di sentirsi quasi “schiacciare” da questa maestosità divina che riempie di meraviglia.
C’è chi dice che cristiani e mussulmani adorano lo stesso Dio. In realtà, dalle parole di questo gentile giovane comprendo la notevole distanza esistente tra il Dio rivelato in Gesù Cristo e il Dio che lui mi fa intravvedere. L’affermazione di Cristo: “Non vi ho chiamati servi […] ma amici […]” (cfr. Gv 15, 15) indica chiaramente tutta questa differenza.
Il Dio rivelato in Cristo sposa, senza confusione, la nostra umanità con la divinità ed è per questo che san Paolo lo può definire “mediatore tra cielo e terra”. Tutto questo è inaudito per il Credo mussulmano e per il credo ebraico. Per questo in queste due religioni il misticismo, seppur esiste, non è mai maggioritario e, in alcuni casi, è considerato eretico. Il misticismo, infatti, va nella direzione di una prossimità tra il divino e l’umano, prossimità che in Cristo si è fatta addirittura persona. Il fondamento reale del Cristianesimo, dunque, non è un insieme di dottrine, di disposizioni legali e religiose ma, come più volte ripetuto, un’esperienza di Grazia resa possibile da Cristo stesso. Affermare che Cristo è contemporaneamente Dio e uomo non ha alcun senso se non si accompagna con una reale percezione di qualcos’Altro. In caso contrario si ricade nella legge e, come direbbe l’Apostolo, si diviene servi. Una religiosità che confessa solo a parole l’umano-divinità di Cristo non serve a nulla.
Per rendere comprensibile il mio discorso, mi è sembrato utile aggiungervi un piccolo schema con il quale si può ben capire in quale situazione viviamo. Ognuno, poi, tragga le sue considerazioni.
C’è chi dice che cristiani e mussulmani adorano lo stesso Dio. In realtà, dalle parole di questo gentile giovane comprendo la notevole distanza esistente tra il Dio rivelato in Gesù Cristo e il Dio che lui mi fa intravvedere. L’affermazione di Cristo: “Non vi ho chiamati servi […] ma amici […]” (cfr. Gv 15, 15) indica chiaramente tutta questa differenza.
Il Dio rivelato in Cristo sposa, senza confusione, la nostra umanità con la divinità ed è per questo che san Paolo lo può definire “mediatore tra cielo e terra”. Tutto questo è inaudito per il Credo mussulmano e per il credo ebraico. Per questo in queste due religioni il misticismo, seppur esiste, non è mai maggioritario e, in alcuni casi, è considerato eretico. Il misticismo, infatti, va nella direzione di una prossimità tra il divino e l’umano, prossimità che in Cristo si è fatta addirittura persona. Il fondamento reale del Cristianesimo, dunque, non è un insieme di dottrine, di disposizioni legali e religiose ma, come più volte ripetuto, un’esperienza di Grazia resa possibile da Cristo stesso. Affermare che Cristo è contemporaneamente Dio e uomo non ha alcun senso se non si accompagna con una reale percezione di qualcos’Altro. In caso contrario si ricade nella legge e, come direbbe l’Apostolo, si diviene servi. Una religiosità che confessa solo a parole l’umano-divinità di Cristo non serve a nulla.
Per rendere comprensibile il mio discorso, mi è sembrato utile aggiungervi un piccolo schema con il quale si può ben capire in quale situazione viviamo. Ognuno, poi, tragga le sue considerazioni.
Caro Pietro, ho letto molti sui articoli recenti e passati e volevo ringraziarla perché li trovo di una profondità e di una lucidità disarmante. Ho trovato risposte ad alcune grosse domande che mi ponevo e la ritengo una delle pochissime fonte sicure presente in rete. Ho capito cosa intende quando lei dice che vuole dare degli "strumenti" di lettura per vivere l'evento cristiano: l'altro giorno leggevo un commento di un autore di area cattolica che parlava degli scritti dei padri in modo molto scettico perché si contraddicevano su dei punti e questo fatto per questo autore che usava un certo linguaggio teologico non poteva essere possibile! invece è possibile dato che i padri come ha spiegato lei cercano di spiegare la loro esperienza di Cristo e i termini talvolta per spiegarla possono contraddirsi, ma questo non è un errore o pressapochismo come l'autore in questione ne riferiva. E questi strumenti gli ho imparati dai suoi articoli! grazie! Poi volevo chiederle un'altra questione che ogni tanto mi pongo: quando si parla di testimonianza cristiana oggi di oggi nei tempi cupi che corrono a lei che cosa le viene in mente?
RispondiEliminaGrazie, Mattia
Ps. scelga lei se vuole rispondermi in pvt o pubblicare come commento
Le rispondo nel prossimo post. Intanto grazie per la sua attenzione!
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