La preghiera, comunemente definita come un’elevazione verso Dio, comporta uno stato d’animo particolare, conosciuto a chi ben la pratica.
Non ha nulla a che vedere con il sentimentalismo o la pietà, intesa generalmente, anche se a volte si fa toccare da queste caratteristiche. È invece ben espressa dall’esortazione che il sacerdote fa in tutte le liturgie cristiane antiche, prima dell’Anafora consacratoria sul pane e sul vino, durante la liturgia eucaristica: “Sursum corda!”, “In alto i cuori!”.
Quest’esortazione che ai più sfugge, essendo divenuta prassi comune, si riferisce al cuore, ossia alla più intima interiorità dell’uomo che, appunto, deve essere elevata, in uno sforzo di ascesi che non riguarda solo il mantenimento dell’attenzione sul mistero che sta per compiersi sull’altare, ma il farsi assorbire dalla presenza divina.
Ciò significa rispondere alla Sacra Scrittura che esorta: “Tu amerai dunque l'Eterno, il tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua forza” (Deut 6, 4-5).
È un impegno interiore al quale deve corrispondere un estraniamento da ogni preoccupazione mondana, in cui il tempo e il suo scorrere non creano più alcuna ansia. Solo così la preghiera è veramente tale e non pura esecuzione esteriore e formale. Solo così il Signore che bussa alla porta del cuore può vedersi tale porta aprirsi.
La pratica della preghiera in queste condizioni lascia nell’interiorità l’esperienza della grazia, la leggerezza e la dolcezza che le sono proprie. Questo etereo dono è prezioso perché, allo stesso tempo, orienta l’uomo a “non più peccare”, come esortava Cristo alla donna che stava per essere lapidata. E, in queste condizioni, si comprende bene che il peccare, ossia il voltare le spalle a Dio, è un vero e proprio oscuramento dell’animo. Ma, prima di questo, la preghiera aiuta a combattere i pensieri che sono alla radice del peccato, pensieri che possono essere di due categorie: passionali (che portano all’ira, alla lussuria e ad ogni genere di egoismo), edificanti che, durante la preghiera, rappresentano “la tentazione di destra”, come dicono i santi asceti, ossia la dispersione dell’animo sotto il pretesto di qualcosa di buono che, però, è comunque ispirato dal Nemico per distrarci dalla preghiera stessa.
Con la prassi continua della preghiera, si vive orientati verso Dio, si è continuamente istruiti e si hanno i mezzi necessari per poter combattere ogni cosa che ci allontana dalla prassi cristiana.
Nessun commento:
Posta un commento
Si prega di fare commenti appropriati al tema. Ogni commento irrispettoso o fuori tema non verrà pubblicato.