Purtroppo non è sempre possibile sottolineare gli aspetti comuni perché succede che, o prima o poi, ci s'imbatte su alcune differenze. In questo post tratterrò la differenza-base che, direi, riguarda un modo piuttosto diverso di concepire il Dio-Trinità tra l'Oriente e l'Occidente cristiano.
Cercherò d'essere più semplice e più neutrale possibile, per quanto questo argomento non sia all'ordine del giorno e la coscienza dottrinale si sia quasi totalmente spenta nella grande maggioranza dei cristiani odierni.
Anche per questo argomento, che ha fatto scorrere fiumi d'inchiostro e ha fatto intrattenere interminabili dialoghi tra teologi di opposte fazioni, farò due schemi riassuntivi partendo da quali, poi, ognuno è libero di fare gli approfondimenti che crede.
Primo concetto di Trinità (orientale)
Questo primo schema riguarda il concetto di Dio nella patristica (ossia nelle opere dei Padri greci e latini). Da questa letteratura dei primi secoli, notiamo quanto segue:
1) Dio è l'unità di un unico essere (area arancione) composto da tre persone: Padre, Figlio e Spirito.
2) Il Padre è "da tutti i secoli", non proviene da alcuno ma è il generatore di vita all'interno della Trinità, l'unico generatore di vita (i greci parleranno, in questo senso, di "monarchia" del Padre).
3) Il Figlio, in quanto persona, è generato dal solo Padre.
4) Lo Spirito Santo, in quanto persona, è generato dal solo Padre (per "processione", diranno i padri greci).
5) L'unico essere trinitario è animato da un'unica vita-attività-volontà in sé (freccia circolare azzurra più interna, condivisa e conosciuta solo dai Tre. Nessun altro vi può partecipare).
6) L'unico essere trinitario "proietta" da sé energia, grazia, attività, vita che si riversano direttamente nel cosmo. In questo senso, nell'Oriente cristiano, si dice ancor oggi che la "grazia" distribuita nei sacramenti è "increata" ossia ha il marchio e il carattere divino in tutto e per tutto.
7) Il cosmo che riceve questa grazia ne è trasfigurato (non a caso in Oriente è particolarmente importante la festa della Trasfigurazione di Cristo, trasfigurazione della sua stessa realtà materiale[1]). L'uomo ne viene deificato (ossia diviene Dio per grazia, come affermano arditamente molti autori patristici greci).
7) Il cosmo che riceve questa grazia ne è trasfigurato (non a caso in Oriente è particolarmente importante la festa della Trasfigurazione di Cristo, trasfigurazione della sua stessa realtà materiale[1]). L'uomo ne viene deificato (ossia diviene Dio per grazia, come affermano arditamente molti autori patristici greci).
A partire dal sesto punto, si comprende come lo Spirito venga conosciuto nel mondo non in quanto Persona (che rimane un "affare interno" alla Trinità) ma in quanto grazia, forza, attività o, come diranno gli esicasti nel XIV secolo, "energia".
Questo tipo d'impostazione ha un'immediata ricaduta: la Chiesa che vi crede non può non avere una forte impostazione mistica, più che istituzionale. In questo quadro, come dirà san Serafino di Sarov nel XIX sec., il fine della vita cristiana è unicamente acquisire lo Spirito Santo. I cristiani, allora, si rivolgono a chi nella Chiesa cerca di vivere lo Spirito Santo, incarnando una tradizione evangelica vivente. Il monachesimo riveste, dunque, un ruolo ecclesiologico essenziale. L'attività di questa Chiesa, se autentica, non può che avere un marchio tipicamente carismatico.
Secondo concetto di Trinità (occidentale)
Questo secondo schema riguarda il concetto di Dio nel pensiero agostiniano (particolarmente nel De Trinitate) e nella tradizione da lui discendente (particolarmente nella teologia aristotelico-tomista). Da questa letteratura - che si differenzia in questo punto da altri autori patristici - notiamo quanto segue:
2) Il Padre è "da tutti i secoli", non proviene da alcuno ma è il generatore di vita all'interno della Trinità.
3) Il Figlio, in quanto persona, è generato dal solo Padre.
4) Lo Spirito Santo, in quanto persona, è generato dal Padre e dal Figlio, per "processione", come da un'unica causa. Questo è il cosiddetto "filioque", ossia la provenienza dello Spirito "anche dal Figlio", oltre che dal Padre.
5) L'unico essere trinitario è animato da un'unica vita-attività-volontà in sé (freccia circolare azzurra interna). Con l'intelletto l'uomo, in qualche modo o analogicamente, può conoscere l'attività intra-divina [2].
6) L'unico essere trinitario non può condividere nulla di divino verso il cosmo, altrimenti verrebbe meno come Dio o renderebbe Dio il cosmo (per i presupposti filosofici aristotelici).
7) L'essere trinitario si serve, dunque, di mezzi creati per intervenire nel cosmo. Questo spiega perché la "grazia" distribuita nei sacramenti sia stata definita come "soprannaturale ma creata".
8) L'uomo che riceve questa grazia viene santificato in senso eticizzante: è il "buon uomo" morale ed etico. Se santo, brilla per "eroicità di virtù" [3]. Egli ordina il cosmo secondo il "volere di Dio".
8) L'uomo che riceve questa grazia viene santificato in senso eticizzante: è il "buon uomo" morale ed etico. Se santo, brilla per "eroicità di virtù" [3]. Egli ordina il cosmo secondo il "volere di Dio".
Questo tipo d'impostazione ha un'immediata ricaduta: la Chiesa che vi crede non può non avere una forte impostazione istituzionale mentre l'aspetto mistico è, per lo più, oscurato o ritenuto poco essenziale. Per questo genere di cristianesimo lo Spirito Santo, in quanto grazia-forza-vita divina, è praticamente qualcosa di misterioso e assai poco chiaro. La prassi cristiana (intesa come attività caritativa) finisce per avere il sopravvento sulla contemplazione cristiana (intesa come "vita nello Spirito").
L'attività di guida istituzionale si appoggia sullo studio e sul ruolo determinante e insostituibile del magistero papale al quale i cristiani non possono non essere vincolati.
L'attività di guida istituzionale si appoggia sullo studio e sul ruolo determinante e insostituibile del magistero papale al quale i cristiani non possono non essere vincolati.
Conclusione
Nel corso dei secoli l'Occidente e l'Oriente cristiano hanno cercato sempre delle vie per integrare i due concetti di Trinità. Ogni tentativo, però, non è mai giunto ad una vera e stabile conclusione poiché, di fatto, non si tratta solo di semplici diverse accentuazioni ma di orientamenti tali che, in definitiva, non sono compatibili tra loro.
Il cosiddetto "filioque", mai accolto in Oriente, avrebbe potuto esserlo se l'Occidente avesse considerato che lo Spirito, come grazia non come persona, nasce dal Padre e passa nel Figlio e da questo, poi, procede nel mondo (freccia circolare esterna blu, nel primo schema). Ma questa posizione è sempre stata vista come inaccettabile per il Cristianesimo occidentale per cui le cose rimangono come sono.
Il "filioque", d'altronde, non è solo un "affare interno" alla Trinità, qualcosa di astratto, come potrebbero credere alcuni, ma è una credenza che ha evidenti ricadute nello stile d'una Chiesa, come abbiamo sommariamente accennato.
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[1] Mentre in Oriente la festa della Trasfigurazione di Cristo è sempre stata considerata tra le feste maggiori, in Occidente, ancora nel XV sec., era una festa facoltativa o minore. La storia dell'arte ci mostra in modo inequivocabile la differenza tra questi due mondi: in Occidente, durante il Rinascimento, sono stati realizzati degli affreschi della Trasfigurazione completamente naturalistici, senz'alcun irraggiamento di luce (come, invece, il fatto evangelico riporta). Nel quadro bizantino e orientale in genere, una rappresentazione puramente naturalistica, quindi totalmente immanente, di tale fatto è assolutamente inconcepibile poiché tutto il creato partecipa direttamente dell'irraggiamento della realtà divina; Cristo è la porta attraverso la quale, nella luce della grazia, si vede lo splendore divino.
[2] Questo spiega lo sviluppo della teologia come "attività razionale" nell'idea piuttosto ingenua di poter sondare i misteri di Dio attraverso la ragione umana. Quest'idea inizia ad imporsi nelle scuole teologiche carolinge per poi diffondersi, lentamente, in tutto l'Occidente cristiano. In tal modo, la teologia sapienziale (insegnata nei monasteri e nella prassi ascetica) viene lentamente accantonata a favore di una teologia sempre più intellettuale. Quest'ultima, poiché si serve della razionalità in un campo nel quale la patristica non voleva coscientemente entrare (il campo intratrinitario), pensa che quanto la precedeva non era che "preistoria" della teologia mentre la vera teologia (o rinascimento teologico) avveniva solo con le università e col sapere razionale, nel basso medioevo. Tuttavia, progressivamente questa teologia - che inizialmente non si dissocia dalla prassi di pietà - diviene solo speculazione filosofica e razionale, sganciata da ogni possibile esperienza. A quel punto, dal momento che una frase può essere contraddetta da un'altra, inizia ad insinuarsi un certo agnosticismo che trova il suo trionfo definitivo nell'epoca moderna. L'uomo agnostico attuale ha una sua radice nell'eterogenesi dei fini della teologia medioevale quindi, in definitiva, in una teologia equivocata.
[3] La diffidenza per il misticismo, tipica dell'età controriformistica, trova in pieno settecento con la condanna del quietismo, il suo apice più elevato. D'ora in poi, in Occidente, si preferisce la via "sicura" delle opere, dell'attivitismo in obbedienza alla Chiesa, rispetto alla via elitaria e poco sicura (perché vista come individualista) di un certo misticismo con cui la persona tende a sfuggire al controllo dell'istituzione ecclesiastica.
Si noti che in ambito riformato esiste la medesima diffidenza per il misticismo: Lutero non poteva sopportare i mistici della sua epoca. In quest'ambito l'unica grazia divina accettabile è quella con cui Dio "giustifica" il peccatore per la sua fede. In tal modo il peccatore non diviene necessariamente un uomo etico ma semplicemente un uomo giustificato, perennemente e intrinsecamente corrotto. Le posizioni luterane portano all'estrema logica conseguenza alcuni presupposti del mondo cattolico, particolarmente quelli che negano la deificazione dell'uomo per grazia, com'è insegnato nella patristica greca.
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APPENDICE
(risposte ad alcune domande)
1) Sul Filioque, ho sentito da qualche parte che la concezione orientale - cioé dello Spirito procedente anche del Figlio non in quanto persona, ma nelle sue azioni nel mondo (ex Patre per Filium, credo si dica così) - è rimasta nel mondo cattolico; anzi ci sono alcuni fra i miei amici che son convinti che l'insegnamento della Chiesa in occidente sia in verità questo. Mi sbaglio su questo argomento? O forse neppure quest'opinione concorda con la teologia patristica?
L'insegnamento del Filioque nel mondo cattolico è chiaro: Il Figlio, unitamente al Padre, è responsabile dell'esistenza della Persona dello Spirito Santo.
Questo è il cosiddetto Filioque che si è imposto nelle Chiese occidentali e si è diffuso ampiamente a partire dalla riforma carolingia.
Lo potremo chiamare "Filioque teologico" per differenziarlo dal "Filioque economico", ossia dall'invio (o missione) dello Spirito come forza di grazia nel mondo da parte del Padre per il Figlio.
Il primo tipo di "Filioque teologico" (o immanente alla Trinità) non è accettato dalla patristica greca. Neppure i padri latini (ad eccezione di Agostino) lo accolgono al punto che quando dicono che il Figlio (con il Padre) inviano lo Spirito, lo fanno sempre in un contesto economico o di missione.
Il secondo tipo di Filioque, quello economico al quale lei fa allusione (per Filium) è ampiamente accolto nella patristica greca e latina.
2) Poi, se il Filioque è stato inteso fermamente come dice Lei sopra in occidente, allora non dovremmo dire che dal XI secolo la Chiesa di Roma (e le chiese latine in genere) sono divenute eretiche, e che allora le condanne lanciate verso di noi (lo dico come cattolico e, quindi, preoccupato) dall'Oriente abbiano ragione?
Per rispondere, osserviamo i fatti storici principali a freddo, per quel che sono.
Dall'XI secolo la Chiesa di Roma inserisce il Filioque nel credo contravvenendo ad una diposizione di papa Leone III (IX sec.) che lo proibiva.
Quel che, però, è peggio, è che si contravviene ad una norma che stabiliva, per la Chiesa intera (dunque per l'Occidente e per l'Oriente) di non mettere mano nel Credo a meno che, in un sinodo ecumenico, tutti non lo avessero accettato.
È, dunque, un cambiamento effettuato da una sola parte, senza coinvolgere tutti, in una materia che riguarda tutti, cosa che allora non poteva essere né compreso, né tollerato (soprattutto perché proveniva dalla prima sede, la più antica e venerabile).
D'altronde, la variazione s'inserisce in un contesto del Credo che non è un contesto "economico" ma unicamente teologico: le Persone trinitarie sono distinte tra loro per le loro relazioni di origine!
Questa novità, proibita in precedenza, è stata introdotta a Roma su imposizione degli imperatori germanici di allora, che l'avevano da tempo imposta nelle loro chiese e questo non ha potuto suonare, per l'Oriente, che come uno schiaffo di tipo teologico con evidenti conseguenze politiche.
In un certo senso, l'Europa medioevale si costruisce anche grazie al... Filioque!
Da allora, le due Chiese (occidentale e orientale) hanno cercato un modo per risolvere quest'incidente tutt'ora in piedi.
C'è una soluzione che permetterebbe di sistemare le cose: nella Trinità esiste un flusso di vita intimo ad essa (è simbolicamente rappresentata dalla freccia blu circolare più piccola del primo schema). Questo significa che la forza vitale trinitaria, lo Spirito inteso come energia immanente alla Trinità, è generato dal Padre e passa per il Figlio. È un terzo Filioque ma di tipo teologico (dunque, a ben vedere, esistono due Filioque teologici, uno inaccettabile e uno accettabile).
Nella patristica greca se ne parla piuttosto di rado e compare in scritti di autori tardivi: Gregorio di Cipro (XIII sec.) e Gregorio Palamas (XIV sec.).
Se questo fosse accettato, tutto si sistemerebbe perché si entrerebbe in sintonia con le testimonianze antiche. Purtroppo non lo si considera perché pare essere ancora assai imbarazzante smentire le assisi che il mondo cattolico ha tenuto posteriormente (particolarmente i concili di Lione e di Ferrara-Firenze) dove si ha ribadito il Filioque agostiniano insegnato dai franco-germanici.
Per soccorrere i dubbi di qualcuno che potrebbe comprensibilmente sospettare la fondatezza storica di quanto ho esposto, mi pare giusto chiamare in causa un testimone di allora: Anastasio il Bibliotecario (segretario di tre papi nel IX sec.). Costui scriveva:
“San Massimo fa comprendere che i Greci ci accusano falsamente poiché noi non diciamo che il Figlio è la causa o il principio dello Spirito Santo, come essi pretendono, ma prendendo in considerazione l’unità di sostanza del Padre e del Figlio, noi riconosciamo che Egli procede dal Figlio, come dal Padre, ma ne comprendiamo certamente il termine “processione” nel senso di “missione” (missionem nimirum processionem intelligentes): san Massimo traduce piamente e rappacifica coloro che conoscono le due lingue, poiché è evidente che egli insegna a noi, come ai Greci, che lo Spirito Santo procede in una certa maniera dal Figlio e in un’altra non ne procede (secundum quiddam procedere, secundum quiddam non procedere Spiritum Sanctum ex Filio), mostrando la difficoltà di tradurre la Sua proprietà da una lingua a un’altra”.
(Ad Ioannem diaconum, PL 129, 560C-561A)
Qui Anastasio testimonia chiaramente qual'era la situazione a Roma nel IX secolo: come energia, attività, grazia lo Spirito procede dal Figlio, come provenienza personale solo dal Padre (= "in una certa maniera procede dal Figlio e in un'altra non ne procede")!
Ecco perché papa Leone III proibiva d' inserirlo nel Credo ma permetteva che venisse insegnato, comportamento che, per chi non conosce quanto spiegato, sembrerà strano se non proprio contraddittorio!
Purtroppo, però, tutto questo è passato sotto silenzio in favore di un'interpretazione armonizzante a favore dello status quo con cui si giustificano gli sviluppi posteriori. Per farlo non è raro cadere in una certa leggerezza filologica e storica con le quali si leggono i fatti remoti con gli "occhiali" e le esigenze del presente. Il rischio, appunto, è quello di far dire ai testi quanto essi non dicono.
Le cose, allora, rimangono ferme come sono!
Fatta questa disanima non sta a me pronunciare giudizi teologici o di valore. Posso solo dire cosa sia più coerente con le testimonianze patristiche e cosa tende a discostarsi da esse, ben sapendo che questo determina, alla fine, teologie differenti e stili di Chiesa ugualmente differenti, forse non proprio sempre ... compatibili!
3) Forse non ho capito bene il testo, ma non riesco a capire la vera differenza fra "deificazione" e "santificazione"; cioè seppur è vero che da secoli in Occidente le "attività" e l'aspetto "pratico" hanno preso il posto che genuinamente corrisponde all'azione divina, mi pare anche vero (e lo dico dalla mia esperienza nel mondo tradizionalista, pur sappendo che non è perfetto) che l'aspetto della Grazia come azione diretta di Dio (Spirito) che trasforma l'uomo e lo porta in cielo rimanga abbastanza saldo - al meno negli ambienti che ho conosciuto io. Quindi non si potrebbe dire che la "santificazione" occidentale, nonostante il diverso linguaggio, è nella sua essenza la stessa cosa della "divinizzazione" bizantina?
Non sta a me dire "Dio agisce qui e non agisce lì", tant'è vero che negli stessi evangeli Cristo si presenta addirittura ai samaritani (ritenuti degli eretici per i giudei), mentre verso i giudei non è sempre molto tenero!
Appurato ciò, il concetto di santificazione in Occidente è, generalmente, più generico rispetto a quello orientale, molto più vicino al cammino mistico tracciato dai carmelitani riformati, tanto per capirci meglio. Attualmente sembra addirittura più generico ancora, rispetto a qualche decennio fa' !
In Oriente, generalmente, si parla di "purificazione-illuminazione-deificazione" tappe sulle quali sembra che l'Occidente sorvoli. Certamente non le esprime con i termini di "illuminazione-divinizzazione" che presuppongono il concetto di grazia increata.
Anche nel concetto di santità, a ben vedere, ci sono delle accentuazioni differenti al punto che un santo cattolico può benissimo non essere un "mistico" mentre nel mondo orientale è praticamente necessario che lo sia!
Siamo su piani di "intesità" diversa, oserei dire.
Per il resto non posso dare giudizi di valore, così in astratto.
Grazie per l'attenzione.