Benvenuto

Benvenuto su questo blog!

martedì 9 agosto 2016

Simbolo e allegoria...

Ho da un po' di tempo un libro che mi fu prestato da un sacerdote cattolico, ora canonico confessore di una Cattedrale, sulla divina Liturgia di san Giovanni Crisostomo. Questo sacerdote è sempre stato un grande estimatore del mondo ortodosso e, mi ricordo, mi presentò questo libbricino come se fosse un gran tesoro. In realtà il libro non è gran che ed è per certi versi pure criticabile, poiché è stato fatto in modo molto sommario. Tuttavia non è del libro che voglio parlare ma di questo prete. Costui ha studiato con scrupolo ogni pagina della pubblicazione, sottolineando alcune frasi che riteneva significative. Non è una persona sguarnita intellettualmente poiché ha alle spalle un dottorato universitario il che rende più pesante ogni suo eventuale errore.
Alcune volte egli ha riportato piccoli appunti sul bordo. Uno di questi ha attratto la mia attenzione. Mentre il testo recita: “L'elevazione del santo pane simboleggia, per san Giovanni Damasceno, l'elevazione del Signore in croce”, il “pio” prete scrive a matita: “allegorismo”.

Una semplice parolina, quasi insignificante, si direbbe.
Eppure tale parolina ha attirato la mia attenzione perché il medesimo “pio prete” che si crede tanto ma tanto vicino all'Ortodossia l'ha scritta più e più volte.
A questo punto ho voluto vederci chiaro.

Cos'è un'allegoria?
L'allegoria è una figura retorica con la quale si sottintende qualcosa, partendo da un determinato contesto. Quanto si sottintende è un'idea astratta. Ad esempio, la lonza, il leone e la lupa, citati nella Divina Commedia di Dante Alighieri, rappresentano la lussuria, la superbia e l'avidità.
L'allegorismo è un uso abbondante dell'allegoria.

Cos'è un simbolo?
Il simbolo si riferisce a qualcosa di reale e concreto che soggiace dietro l'apparenza di una realtà. Per i santi Padri, la liturgia è simbolo della realtà celeste, non è una semplice “idea astratta”, poiché la realtà celeste si manifesta realmente, anche se misteriosamente, dietro le parole e i gesti della Liturgia.



Questo è così vero che san Nicola Cabasilas ha una visione molto realistica della Liturgia, non ne fa un gioco intellettuale, poiché per lui come per tutti i Padri, essa è un luogo di trasformazione spirituale attraverso i simboli presenti che agiscono attivamente.

Se si leggerà qualsiasi altro scritto patristico si troverà lo stesso realismo che nulla ha da spartire con l'intellettualismo o l'astrattismo.


Ora i lettori si chiederanno con me: «Che cavolo ha capito questo “pio” prete che si pensa tanto ma tanto vicino al mondo ortodosso?» Nulla, evidentemente, poiché ridurre ad allegoria quanto per i padri è simbolo, significa rendere la stessa Messa, che lui celebrerà, a semplice giochino di parole e di idee. E se questo “pio” sacerdote è uno dei meglio disposti, verso le antiche liturgie e verso l'Oriente cristiano, proviamo ad immaginarci cosa saranno gli altri, privi della sua cultura e della sua disposizione d'animo! Non è che, dietro la parola “allegorismo” questa gente coltivi, senza averne profonda coscienza, una vera e propria miscredenza? È il mio forte sospetto, dal momento che usare il termine "allegorismo", nonostante nel testo si parli chiaramente di "simbologia", significa ridurre il realismo della fede a mera idea!! La liturgia, per questo prete è una raccolta di idee, ossia è un allegorismo, che ne abbia piena coscienza o no.

Purtroppo oramai gran parte del mondo cattolico è nello sbando totale ed è bene stare molto ma molto attenti da esso poiché, come abbiamo visto, con una sola parolina è in grado di smontare totalmente l'impianto di vigorosa fede che un tempo antico la Chiesa aveva ....

12 commenti:

  1. Purtroppo, non fa una piega. Davvero tragico.
    Se si crede che la Presenza Reale sia un'allegoria, anzi un allegorismo, allora non si crede più alla Presenza Reale. La si declassa a "idea", o peggio, ad ἀδύνατον.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La Chiesa nel periodo medioevale e in quello patristico aveva una visione del mistero cristiano nella Liturgia molto più profonda di quanto poi, in funzione antiprotestante, si formulò nel Concilio di Trento. San Giovanni Crisostomo parla di presenza reale di Cristo nell'Eucarestia (anche se non nei termini scolastico-tomisti) ma ha presente le mistagogie per le quali la liturgia è un tessuto intrecciato di simboli la cui funzione e attualizzare, nella grazia, tutti gli eventi della redenzione. Detto diversamente nella Liturgia c'è la "presenza reale" di tutta la storia della salvezza, non solo di Cristo nell'Eucarestia, e questo avviene attraverso il simbolo.
      Quando il simbolo viene meno alla fine del Medioevo in occidente, si cerca di salvaguardare quanto rimane: la funzione sacerdotale, la presenza della grazia nei sacramenti, l'eucarestia...
      Oggi si stanno facendo fuori definitivamente anche queste ultime cose: chi parla più di grazia?
      È indubbio che la Chiesa si sta spegnendo, in Occidente, come è altrettanto indubbio che i tradizionaliti cattolici ereditano una visione di Chiesa che, già ai tempi rinascimentali, si era ridotta e di molto, rispetto al modello ad ampio respiro dei Padri.

      Mi conforta che mons. Bux l'altro giorno ha detto le stesse cose che io dico da diverso tempo...

      Elimina
    2. Verissimo purtroppo. Eh cosa possiamo fare ?

      Elimina
    3. Cercare ambienti che vivano l'antica tradizione della Chiesa. Non è l'autorità in se stessa che fa la verità, ma è la verità vissuta che fa l'autorità!!

      Elimina
  2. Qualcuno mi chiede se il prete in questione si è sbagliato per ignoranza dei termini. Rispondo dicendo che qui non è questione di ignoranza dei termini perché la persona ha studi di alto livello umanistico. Qui è la scelta di trasformare delle realtà che, per i Padri erano quasi afferrabili, in pure idee. L'orizzonte definitivo dei Padri è la comunione con l'Increato, con Dio, vissuta come esperienza: nella Liturgia si rivive realmente la storia della salvezza attraverso i simboli. L'orizzonte definitivo di questo "neoclero" (fanno i preti ma non lo sono mai stati!), è quello di ideologizzare la fede, facendola divenire un'idea sempre più astratta, eterea, inafferabile, dei semplici "buoni sentimenti" dietro ai quali c'è almeno agnosticismo se non ateismo.

    Questo prete, che conosco bene e milita pure tra i neocatecumenali (ignorantissimi crassi sulla Liturgia e non solo!) mi lasciò basito un giorno in cui, in preda ad una angoscia esistenziale, mi disse che di lui, dopo la morte, non rimarrà se non cenere mineralizzata sparsa sui campi. Nichilismo materialistico PURO. Questa gente è ATEA!

    RispondiElimina
  3. La differenza di cui lei parla non solo è evidente nel ragionamento esposto sopra, ma è palese quando si compara la partecipazione ad una liturgia ortodossa da una cattolica novus ordo. Torno da un viaggio in Grecia e la divina liturgia a cui ho assistito domenica mattina era pregna di Sacro e di tutta la simbologia che lo circonda (sebbene ci fossero meno di 10 persone ad assistere al culto). Due ore e non sentirle.
    Già mi prefiguro lo sconforto che proverò dopodomani, andando a messa in parrocchia... 45 minuti di sofferenza.
    Anche la percezione del tempo cambia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' una esperienza molto simile a quella avuta da me. Il simbolo parla di se stesso e crea una atmosfera di cui si accorgono le persone sensibili spiritualmente.
      Qualche anno fa vedevo le Liturgie nell'Athos poi un giorno passando in una parrocchia cattolica per salutare un amico, intravvedendo la Messa, mi sono chiesto: "Ma che drammatica e povera pantomima è mai questa????". Con il ricordo fresco dell'Athos ho percepito un enorme salto in basso come essere passato da un autentico culto liturgico ad un sermone biascicato in una squallida osteria... E' indubbio che il culto cattolico riformato è praticamente quasi solo umano e appiattisce verso terra. Sono parole dure ma non nascono da teorie o da nostalgie ma da reali percezioni interiori, sensazioni del cuore. Sappiamo infatti che il cervello si puo' ingannare con paroloni ma le sensazioni del cuore no!
      La tragedia del Cattolicesimo è infatti riassunta tutta in questo suo culto ghiacciato e aghiacciante!

      Elimina
  4. Forse quel prete ha studiato troppo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il problema non è studiare o studiare troppo. Questo sono tentati di pensarlo quelli che hanno una cultura settaria, tipo i neocatecumenali. Il problema è dato da chi, con i libri o senza, non è immerso in un ambiente sano che lo aiuta a comprendere realmente quanto legge. Per lo stesso motivo la Bibbia veniva letta nella Chiesa e non con una comprensione individualistica. Solo chi vive FUORI dalla tradizione vivente può pensare che un simbolo equivalga ad un'allegoria. D'altra parte mentre la tradizione vivente ti accosta ad una percezione esperienziale di Dio, con la quale comprendi il valore del simbolo, starne fuori significa inevitabilmente intellettualizzare tutto, come se il tutto fosse unicamente un gioco mentale.
      Detto molto semplicemente, chi fa questi equivoci non ha ancora capito cos'è il Cristianesimo nella sua intima realtà e ciononostante presume d'insegnarlo (nei seminari per giunta)!

      Elimina
  5. Si, è una grande tentazione di fronte alla confusione e liquidità della chiesa occidentale essere affascinati dall'ortodossia e essere tentati dalla "purezza" e bellezza delle sue liturgie, soprattutto se viste da fuori ed episodicamente.
    Purtroppo la prassi pastorale e la partecipazione dei comuni fedeli sono molto simili in oriente e in occidente. Lasciando da parte che nell'eucumene ortodosso abbiamo a che fare con un coacervo di realtà autocefale litigiose e gelose del proprio campicello (vedi ultima riunione panortodossa, la prima dopo secoli e naufragata per questioni politiche e di potere), ma a nessun pio ortodosso (molto più spesso: pia ortodossa) verrebbe in mente di passare due ore ininterrotte per "assistere" alla divina liturgia domenicale (quasi sempre l'unica nella settimana). E il clero da il buon esempio: mi ricordo quando, a Istambul, mi recavo a messa alla chiesa francescana a Galata, di incontrare spesso il vescovo caldeo che attraversava la strada per raggiungere la sua chiesa, dove da mezzora accoliti e ministri avevano già predisposto i riti introduttivi e a cui i primi fedeli laici arrivavano ben dopo il loro vescovo.
    Anch'io sono affascinato dalla bellezza e ricchezza di ciò che i riti orientali hanno conservato, ma illudersi che le attuali realtà ortodosse possano essere delle serie alternative alla liquefazione della tradizione occidentale, all'intellettualismo post-tridentino e al soggettivismo in campo dogmatico non penso proprio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pubblico ben volentieri un commento critico perché nella giusta misura ci deve essere spazio anche per questo.
      Tuttavia, Gian Angelo vede solo uno spicchio dell'Oriente e dalla sua peculiare angolazione. Per di più non capisce, come molti, che quando evoco l'Oriente non faccio un discorso campanilistico o confessionalistico ma tocco quelle che sono le basi comuni davanti alle quali è bene interpellarsi.
      È vero che l'Oriente di tradizione bizantina, come l'Oriente cristiano in genere, è toccato da mille e più problematiche personali: individualismo, piaceri mondani, ricerca spasmodica di soldi e potere sono piaghe ben presenti anche nel clero orientale che raggiunge, con ciò, gli stessi vizi che ammorbano la Chiesa in Occidente.
      Ma Gian Angelo sembra non voler capire che la Chiesa deve mettere in campo il meglio di se stessa, le sue liturgie devono essere il meglio che sia possibile nell'assoluto rispetto per le forme simboliche che, come dicevamo, ci aiutano a collegarci al Cielo.
      Poco ha importanza se la Liturgia può essere poco frequentata o frequentata a metà. Io stesso mi lagno di non poter essere assiduo come vorrei e di non poter cogliere a piene mani i tesori che vengono messi a disposizione perché impedito da mille e più impegni.
      Ma la Liturgia è là, come il migliore ristorante, e serve ad orario esteso i piatti migliori. Il giorno che una persona ha veramente fame troverà tutto quello che le serve anche se, al momento, spilluzzica sui piatti.
      Il discorso di Gian Angelo nasconde, dietro alcuni ragionamenti "ab hominem" il bisogno di "velocizzare" la "cucina liturgica" (per parlare in metafora), di ridurre le porzioni dei piatti e le scelte.
      Ebbene è proprio questo l'errore perché una volta presa questa piega non si torna più indietro e dalla riduzione (per motivi pastorali, come si dice) si passerà ad ulteriore riduzione e adattamento fino al momento in cui si chiuderanno le chiese.
      Quando nell'Athos partecipo a qualche veglia notturna (le cosiddette Agripnìe che durano anche tutta la notte) so benissimo che non ce la farò a stare in chiesa tutto quel tempo. Ciononostante non mi è mai venuta la tentazione di "sgridare" chi ha questa bella tradizione a causa della mia fragilità e pochezza umana, come se la mia miseria debba dettare legge alla sublime disposizione della Chiesa.
      Mi addormenterò, quindi, ma ovunque possa cadere addormentato, in chiesa, nel cortile del monastero, nella mia branda, saprò che ci sono dei fratelli che pregano anche per me e conducono la "nave" della Chiesa verso il suo porto.
      La liturgia non è affare privato, individuale, personale ma attività corale, come se un gruppo di marinai stesse remando una antica nave romana (quelle con moltissimi remi). Anche se uno o più non ce la fanno ci sono gli altri che continuano il lavoro fino al momento in cui i primi riprenderanno con maggior lena.
      Questo è il respiro della Chiesa che per una malaugurata concezione umanistica abbiamo sfregiato e ridotto a poco. E' dunque BENISSIMO guardare laddove la tradizione (non ortodossa o orientale ma della Chiesa di sempre e di ogni luogo) continua ad esistere se non altro per capire in qual caos siamo precipitati e da dove dovremo riprenderci.

      Elimina

Si prega di fare commenti appropriati al tema. Ogni commento irrispettoso o fuori tema non verrà pubblicato.