Alcune antiche mistagogie cristiane riflettevano sulla chiesa come edificio, rinvenendovi profondi significati. Non è casuale!
«Vi
dico che, se questi [i
discepoli] taceranno,
grideranno
le pietre»
(cfr.
Lc
19, 40).
Ecco una frase di Cristo che pochissimi oggi sono in grado di capire.
E infatti, per chi le sa ascoltare, le pietre delle antiche chiese
parlano, eccome!
La
chiesa ha un suo modo di comunicare, non solo attraverso le opere
d’arte ivi contenute, la disposizione del suo interno, i suoi
arredi sacri.
“Mi
dica velocemente cosa c’è di più importante in questa chiesa”,
chiese un giorno un frettoloso turista ad un sacrestano di una chiesa
ortodossa.
“Come
faccio a dire a questa gente che la cosa più importante in una
chiesa non è visibile agli occhi?”, mi disse il buon uomo che non
poté rispondere a quel vanesio turista perché non era in grado di
poter afferrare l’ABC del Cristianesimo.
Infatti,
la chiesa racchiude un tesoro e un insegnamento che gli occhi non
possono vedere, un insegnamento molto più profondo e importante,
rispetto a quello che può dare ogni oggetto in essa contenuto,
poiché proviene dalla sua anima.
“Come
può un edificio inerte avere un’anima?”, si chiederà qualcuno.
Questa domanda nasce da due presupposti:
a)
Abbiamo un approccio unicamente razionalistico: quello che passa
nella razionalità e nei sensi esiste, quanto non vi passa è almeno
dubbio che esista. Ma questo potrebbe essere segno di un
agnosticismo pratico;
b)
Le chiese che ci circondano, generalmente, non comunicano più nulla di spirituale,
neppure quelle più tradizionali.
È
abbastanza impressionante che un edificio nel quale i cristiani si
sono radunati per le preghiere della Settimana santa e per celebrare
la Resurrezione del Signore, eventi realmente unici, non possa dire
nulla e mostri un’assurda vacuità o la stessa sensazione che si può facilmente avere in un auditorium, in una biblioteca o in un teatro.
In realtà è così: oggi
passando in una chiesa dove si celebrava una messa di Resurrezione,
oltre all’odore dell’incenso usato per la liturgia latina, non
c’era “atmosfera”, non la notavo affatto, nonostante tutte le buone intenzioni dei presenti.
Passando
in una quasi vuota e silente chiesa ortodossa, ieri sera, l’atmosfera c’era,
eccome, al punto che chi mi accompagnava se ne accorse prima di me.
Più ci si avvicinava all’iconostasi più la si sentiva. Era l’
“anima” della chiesa che s’imponeva e sembrava dirci: “Sono
qui, non mi senti?”.
Prospettiva verso il mare dalla Skiti atonita di Agia Anna |
Quest’atmosfera è “speciale”, me ne accorsi diversi anni fa visitando la chiesa atonita di sant’Anna, quasi sulla punta del Monte Athos. Ovviamente in quel posto l’intensità era molto più forte e si trasmetteva nella forma d’un silenzio penetrante, denso, ricco di energia e di forza che premeva nelle tempie per entrare nell’interiorità.
Questo tipo di energia (non la si può definire diversamente!) ha una
pienezza tale da imporsi per se stessa ed è il segnale d’una
presenza viva, seppur invisibile agli occhi. Non è spiegabile a parole, bisogna
solo provare a sentirla e le mie affermazioni saranno immediatamente
comprensibili. È un silenzio che non è solo assenza di rumori! È quello che in termini tecnici si definisce come una ierofania, una manifestazione sacra.
“O
tu, che tutto riempi”, dice un tropario bizantino riferendosi
all’energia di grazia dello Spirito santo. Ecco l’anima della
chiesa, intesa pure nel suo lato materiale, come edificio.
La
gente se ne accorge alla sua maniera quando dice: “In quella chiesa
sto bene”. Tuttavia, si deve tenere ben presente che questo non è
un semplice benessere psicologico ma spirituale. Il benessere psicologico lo si può ottenere con un sottofondo musicale, con una luce calda e poco intensa, ma è di ordine completamente diverso. Un Cristianesimo che si serva di questi mezzi, mostrando di non aver più altro, non è diverso da qualsiasi movimento New-Age!
Come
mai alcune chiese hanno quest’anima e la maggioranza ne è priva? Come
mai la chiesa di sant’Anna me lo testimoniava mentre una chiesa
protestante di Berlino e una ortodossa di Venezia, no?
Ecco
una domanda interessante.
Ebbene,
la risposta alla quale sono pervenuto è la seguente.
La
dogmatica cristiana, appoggiandosi sui dati rivelati, indica come Dio agisce nell’uomo e nel mondo:
normalmente attraverso la mediazione umana. Infatti, per la
redenzione, Dio ha assunto l’umanità indicando con ciò la
modalità normale con la quale agisce. Ma attenzione: l’umanità che fa da “trasmettitore divino”, dev’essere trasformata, per essere in grado realmente di trasmettere. Nella logica della rivelazione nulla agisce magicamente!
Il cuore dell’uomo è come il letto di un fiume. L’acqua non è prodotta dal letto del fiume ma dalle montagne. Il letto del fiume si limita a trasportarla a valle e poi al mare ma non deve essere ostruito altrimenti l’acqua non corre e cercherà altri canali!
L’irradiazione della presenza divina è come l’acqua: normalmente ha bisogno d’essere contenuta e irradiata da un cuore purificato dalla grazia di Dio, da un uomo puro. Per questo un sacerdote santo che celebra l’eucarestia può trasmettere quello che uno non santo non trasmette, nonostante entrambi possano consacrare il pane e il vino.
Per questo un monaco santo (san Serafino di Sarov o san Paisios del Monte Athos), quando parlava con poche parole su Dio cambiava i cuori, a differenza di molti altri che fanno fiumi di parole e non ottengono che stitici o fuorviati risultati.
Il cuore dell’uomo è come il letto di un fiume. L’acqua non è prodotta dal letto del fiume ma dalle montagne. Il letto del fiume si limita a trasportarla a valle e poi al mare ma non deve essere ostruito altrimenti l’acqua non corre e cercherà altri canali!
L’irradiazione della presenza divina è come l’acqua: normalmente ha bisogno d’essere contenuta e irradiata da un cuore purificato dalla grazia di Dio, da un uomo puro. Per questo un sacerdote santo che celebra l’eucarestia può trasmettere quello che uno non santo non trasmette, nonostante entrambi possano consacrare il pane e il vino.
Per questo un monaco santo (san Serafino di Sarov o san Paisios del Monte Athos), quando parlava con poche parole su Dio cambiava i cuori, a differenza di molti altri che fanno fiumi di parole e non ottengono che stitici o fuorviati risultati.
Una
questione, questa, già esaminata da san Simeone il Nuovo Teologo (IX
sec.) sull’efficacia dei sacramenti.
Chiesa centrale (Katholikòn) della Skiti di Agia Anna |
La stessa energia di grazia, che l’uomo certamente non crea ma che diffonde, ha bisogno di uomini puri, non di qualsiasi uomo. Perciò un tempo si sceglievano i sacerdoti tra gli uomini meglio disposti alla grazia, non tra chiunque o, peggio, tra gli amorali. Un sacerdote o un laico vanesio o libertino che vogliono evangelizzare credendosi a posto, sono come una tubazione arrugginita piena di buchi che presume di portare l’acqua ovunque come se fosse una tubazione nuova. Un buon idraulico la sostituirebbe immediatamente, anche se è nascosta nel muro e nessuno se ne accorge! La moralità non è il fine del Cristianesimo ma è uno dei suoi mezzi, esattamente come un secchio nuovo è un mezzo per portare l’acqua; nessuno si sognerebbe di portare dell’acqua con un secchio bucato!
La pratica dei comandamenti impone un distacco dalle cose e da se stessi, distacco indispensabile per chi vuole lavorare nelle realtà dello spirito. Se ciò non avviene, è come presumere di poter studiare distraendosi continuamente dalla lettura dei testi. L'adesione dello spirito alla carne, per dirla con san Paolo, non fa che vedere quella e storna lo sguardo interiore dalle realtà superiori [*].
Oggi ci siamo talmente discostati dall’essenzialità del Cristianesimo che siamo arrivati al punto di salvare l’apparenza (basta che le ruggini e i buchi siano nascosti!) e chiunque, o quasi, può lavorare con una certa responsabilità nella Chiesa: basta apparire studiosi, per usare l'esempio appena fatto, e si riceve una laurea, salvo poi mostrarsi totalmente incapaci. I risultati, infatti, si vedono perché hanno una forte ricaduta pratica: ecco spiegata la grande dispersione odierna («Chi non raccoglie con me, disperde!» Mt 12, 30).
Questo riguarda pure un edificio ecclesiastico dove, nel caso peggiore, lo si mortifica [**] mentre, al contrario, lo si trasfigura.
Oggi
più che mai, infatti, valgono le parole di Cristo: «Vi dico che, se
questi [i discepoli] taceranno, grideranno
le pietre»
(cfr. Lc
19, 40).
E
che Cristo risorto sia con i suoi fino alla fine del mondo, lo si
desume anche da queste cose positive, visto che la gran maggioranza dei discendenti degli apostoli oramai tacciono e non le comprendono più.
_________
Note
[*] Siccome il fine del Cristianesimo è preparare l'uomo per l'Al di là, nella dimensione futura la persona, spogliata momentaneamente della carne (che riacquisirà nella forma trasfigurata alla fine dei tempi), cerca appoggio e sicurezza nelle abitudini avute fino ad allora. San Paolo dice che "ciò che brama la carne è morte" (Rom 8, 6). Tale passo, ingiustamente privato del suo contesto escatologico, è stato qualificato come "sessuofobico", al punto che così lo giudicano pure molti cristiani. In realtà, a mio avviso, le cose stanno diversamente. San Paolo ha in mente la situazione di una persona spogliata dalla carne, subito dopo la morte, che continua a cercarla passionalmente anche nella sua nuova dimensione, se non altro per l'abitudine acquisita da una vita. In quella nuova situazione, tale persona è "votata alla morte" perché non si appoggia su quanto è vivo (lo spirito) ma porta le sue energie su quanto oramai giace nel sepolcro ed è soggetto alla dissoluzione (la carne della quale si è spogliata). Di qui il bisogno del cristiano tradizionale, nella dimensione temporale, di non assolutizzare la propria dimensione carnale. La scelta monastica, in ciò, è la preparazione più radicale per l'Al di là ma questa prospettiva escatologica, autentica spiegazione del monachesimo, è oramai persa almeno nel 95 per cento del Cristianesimo occidentale, per fare una stima generica.
Senza escatologia, però, non c'è più vero Cristianesimo e la morale da semplice mezzo diviene fine e ideologia non convincendo più nessuno. Ecco perché, se si parla di morale, nel mondo Cattolico si ha immediatamente grande eco (sia tra chi ne è contro sia tra chi la difende) mentre se si parla di spiritualità non c'è che una debolissima attenzione, pensando debba trattarsi di cosa buona solo per "colli torti".
[**] Ciò spiega anche la diffusione di una certa arte ecclesiastica il cui messaggio, visto da un animo formato con i criteri tradizionali, non può che parere osceno e depravato. È il caso di un dipinto con approvazione episcopale nella cattedrale cattolica di Terni (Italia), in cui prostituti e libertini, senza alcuna conversione, vengono portati in Paradiso da un Cristo seminudo (vedi qui).
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Note
[*] Siccome il fine del Cristianesimo è preparare l'uomo per l'Al di là, nella dimensione futura la persona, spogliata momentaneamente della carne (che riacquisirà nella forma trasfigurata alla fine dei tempi), cerca appoggio e sicurezza nelle abitudini avute fino ad allora. San Paolo dice che "ciò che brama la carne è morte" (Rom 8, 6). Tale passo, ingiustamente privato del suo contesto escatologico, è stato qualificato come "sessuofobico", al punto che così lo giudicano pure molti cristiani. In realtà, a mio avviso, le cose stanno diversamente. San Paolo ha in mente la situazione di una persona spogliata dalla carne, subito dopo la morte, che continua a cercarla passionalmente anche nella sua nuova dimensione, se non altro per l'abitudine acquisita da una vita. In quella nuova situazione, tale persona è "votata alla morte" perché non si appoggia su quanto è vivo (lo spirito) ma porta le sue energie su quanto oramai giace nel sepolcro ed è soggetto alla dissoluzione (la carne della quale si è spogliata). Di qui il bisogno del cristiano tradizionale, nella dimensione temporale, di non assolutizzare la propria dimensione carnale. La scelta monastica, in ciò, è la preparazione più radicale per l'Al di là ma questa prospettiva escatologica, autentica spiegazione del monachesimo, è oramai persa almeno nel 95 per cento del Cristianesimo occidentale, per fare una stima generica.
Senza escatologia, però, non c'è più vero Cristianesimo e la morale da semplice mezzo diviene fine e ideologia non convincendo più nessuno. Ecco perché, se si parla di morale, nel mondo Cattolico si ha immediatamente grande eco (sia tra chi ne è contro sia tra chi la difende) mentre se si parla di spiritualità non c'è che una debolissima attenzione, pensando debba trattarsi di cosa buona solo per "colli torti".
[**] Ciò spiega anche la diffusione di una certa arte ecclesiastica il cui messaggio, visto da un animo formato con i criteri tradizionali, non può che parere osceno e depravato. È il caso di un dipinto con approvazione episcopale nella cattedrale cattolica di Terni (Italia), in cui prostituti e libertini, senza alcuna conversione, vengono portati in Paradiso da un Cristo seminudo (vedi qui).
Sul ruolo celebrativo dell'architettura ecclesiale avevo scritto qualcosa molti anni fa:
RispondiEliminahttps://www.ilcovile.it/news/archivio/00000424.html
Dovevo continuare, ma i fatti hanno sovrastato, nel male, ogni possibile inventario iconoclastico.