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sabato 1 aprile 2017

Al naturalismo non servono le chiese

Riporto un articolo veramente ottimo e ampiamente condivisibile, proprio perché fa parte della mia stessa esperienza.
Condivido e plaudo pure il riferimento al monachesimo dove però non si dice che si è spento gradualmente fino a divenire praticamente inservibile: l'epoca monastica termina nel Cattolicesimo verso l'XI secolo sostituita da quella prevalentemente clericale perché il monachesimo entra in crisi e non si rialzerà neppure con il tentativo di Francesco di Assisi di rivivificarlo. Da allora vive ai margini della Chiesa cattolica, ritenuto, un po' rispettosamente un po' sospettosamente, un'antica reliquia di un tempo passato quando, al contrario, dovrebbe essere il cuore stesso della Chiesa. D'altronde non pochi chierici lo ritengono perfettamente inutile!
Oggi le istituzioni ecclesiastiche occidentali sono ancora apparentemente in piedi ma sono quasi totalmente svuotate di efficacia.
La liturgia, in gran parte priva dei suoi simboli secolari, è divenuta possibile campo del "demoniaco" ossia dell'apparenza, della maschera, come scriverò più estesamente in uno dei miei prossimi interventi. Per questo la mancanza di "vita dentro" non è solo un'apparenza, come scrive questo sacerdote: è una realtà.
Anche in alcune realtà ortodosse in Italia si sperimenta questo, quando il clero (che ha una grande responsabilità in tal senso) non favorisce il passaggio della Grazia, come ricorda la dottrina sacramentale di san Simeone il Nuovo Teologo. Un clero impreparato, in gran parte succube del secolarismo, usa, allora, la liturgia come teatro per la sua glorificazione, non come luogo in cui Dio si rivela e quindi come realtà da rispettare con timore. Se in Occidente un certo narcisismo clericale si rivela nella celebrazione coram populo, in Oriente può rivelarsi in un tronfio e vacuo apparire dove il chierico non è umilmente trasparente all'azione liturgica ma ne diviene proprietario e principale gesticolante attore, in cui tende, volendolo o meno, a trasformare la liturgia in una pura formalità.

«Il naturalismo “cattolico” crede in Dio, ma in un Dio da guardare da lontano». 

Questa frase è da precisare. In non poco Cattolicesimo non si crede in Dio ma in un'idea di Dio, poiché non si ha contatto con Dio in se stesso, nella Grazia, ma si piega la realtà di Dio ad un'immagine che ci si fa per i più disparati fini: è l'idolatria con tutte le amare conseguenze che ne discendono.

Quest'idolatria è favorita dall'aver seppellito la vita mistica, dall'aver fatto morire sostanzialmente la vocazione monastica, ritenuta cosa solo per qualche "perfetto" un po' originale e pazzerello, dall'essersi sempre più accontentati di un "minimo indispensabile" per la vita cristiana.

Il deserto attuale nell'Occidente cristiano si è potuto produrre proprio perché si è scesi lentamente da secoli, accontentandosi di sempre meno. Poi, ad un tratto, oggi alcuni si svegliano e si accorgono che il clero è in gran parte agnostico (l'amoralità di diverso clero discende dalla mancanza di timor Dei, dunque dall'agnosticismo) e incapace di discernere l'essenziale da quanto non lo è. 
La liturgia gestita da questo clero è, dunque, luogo del demoniaco in senso proprio, non un semplice luogo in cui spesso si accampano banalità, poiché in tutte le antiche fonti cristiane il demonio è descritto come colui che prepara, attraverso lo scimmiottare e la banalizzazione, lo svuotamento dell'anima. Ne consegue che non poco Cattolicesimo odierno è realmente davanti alle porte dell'Inferno in senso simbolico ed esperienzialmente reale. A poco vale distrarsi con un vuoto trionfalismo dove ci si illude di essere "meglio" di altre epoche e si dipingono personaggi assurdamente mediocri, fossero pure papi, in grandi genii cristiani ...
Ma quando tutto sembra essere perso, tutto può rinascere per unica opera di Dio che sente l'urlo di anime straziate da tanto orrore ecclesiale. La maschera di Dio e della "misericordia divina" non è certamente quella rivelata poiché non ne produce affatto gli stessi effetti!


Che crisi del Cattolicesimo! Che desolazione ci circonda! Un deserto sconfinato, pieno di ruderi, tra i quali si aggirano anime spaventate in cerca di una guida. Apparentemente tutto sembra al suo posto... ancora segni della storia cristiana, monumenti che ti parlano del popolo di Gesù Cristo; ancora immagini di santi... ancora croci e altari... ancora chiese, ma senza la vita dentro. Sì, è proprio questa l'impressione violenta: senza la vita dentro. Intanto perché la maggioranza delle chiese resta chiusa: ti aggiri nei paesi con al centro, perennemente, la casa di Dio inaccessibile, non si sa per quale prudenza! Fatte per l'incontro degli uomini con Dio, edificate per il culto e per l'adorazione di Nostro Signore Gesù Cristo presente nel Santissimo Sacramento dell'Eucarestia, le chiese restano chiuse. Una parte di esse si apre solo per una veloce messa, il tempo per esplicare il rito scheletrico rinnovato, poi la porta viene di nuovo sprangata, in attesa della prossima volta; e questo solo per i villaggi che hanno, non si sa per quanto tempo ancora, la visita del prete. La cristianizzazione del mondo si è propagata nei secoli passati con l'apertura di luoghi di culto. In una terra desolata arrivavano i monaci per primi, iniziavano ad edificare una chiesa e una casa, il monastero, e abitandola vi instauravano la lode di Dio, il servizio all'Altissimo, trasformando quel pezzo di mondo da pagano a cristiano. La conversione dei popoli avveniva intorno ai monasteri, vere scuole del servizio di Dio. Paesi e poi città sono sorte attorno a questi luoghi consacrati; gli uomini hanno imparato dai monaci missionari cosa vuol dire vivere da cristiani, hanno imparato una vita redenta. Le parrocchie poi, quelle della diffusione capillare della vita cristiana, hanno continuato il lavoro: erano piccoli ma veri e propri monasteri, dove un parroco abitando cristianamente quella porzione di terra assieme ai fedeli, garantiva la possibilità di una vita diversa da quella del mondo senza Dio; una vita ritmata dall'anno liturgico, dalla grazia dei sacramenti, dall'osservanza dei comandamenti. In una parola, garantiva la vita soprannaturale degli uomini. È la storia della Cristianità. Della cristianità, non solo del Cristianesimo: cioè la storia della trasfigurazione del mondo che prese la forma di Cristo. Ne nacque una cultura. Una cultura, cioè una capacità intelligente di affrontare tutto secondo la forma di Cristo: il lavoro, la gioia, i dolori, la vita e la morte, l'arte e lo studio: tutto prese una forma nuova. Il Cristianesimo non solo era nella storia, ma fece la storia. Oggi non è proprio più così, che tristezza. Oggi i cristiani non fanno storia, la subiscono. Ma da dove arriva questo rivolgimento, questo terremoto inarrestabile che ha raso tutto al suolo? Non ne vediamo che una origine: il Naturalismo. Il Protestantesimo e il suo “cavallo di troia” che lo ha introdotto tra noi, cioè il cattolicesimo liberale, hanno prodotto il cattolicesimo modernizzato che non è nient'altro che naturalismo. Questo naturalismo “cattolico” crede in Dio, ma in un Dio da guardare da lontano, un Dio che in fondo in fondo non si è rivelato; o meglio, si riduce la rivelazione al fatto che Dio dice che c'è. E con questo Dio gli uomini hanno un semplice rapporto tra creatura e Creatore: tutto qui. Allora questo vuoto nel rapporto tra Dio e gli uomini viene riempito dalle nostre idee e opinioni; viene colmato dalle mode del momento, viene assunto come contenuto religioso quello che il mondo pensa: così si assiste a quella perenne giostra di cambiamenti che tanto piace ai cattolici nuovi, che stanno picconando ciò che resta della cristianità. Invece Dio si è rivelato. E ha rivelato un contenuto: ha rivelato la sua vita intima. Dio è Padre; dall'eternità, quando ancora non splendeva la luce creata sul mondo, Dio genera un Figlio, al quale comunica la sua natura, le sue perfezioni, la sua beatitudine, la sua vita. E il Padre e il Figlio sono uniti in un vincolo d'amore potente e sostanziale, da cui procede quella terza persona che la Rivelazione chiama con un nome misterioso: lo Spirito Santo. È il segreto della vita intima di Dio. Per un trasporto d'amore Dio decreta di chiamare delle creature a dividerla: questa vita traboccherà dal seno della divinità per raggiungere e beatificare elevandoli al di sopra della loro natura, degli esseri tratti dal nulla: gli uomini. Per questo il Figlio si fa uomo, il Verbo si fa carne: perché in Cristo, nella sua grazia santificante che discende dalla Croce, noi siamo adottati come figli, come veri figli. “Ecco, voi siete divinizzati” (Gv 10, 34): da questa trasformazione dell'uomo, chiamato a partecipare, ad aderire alla vita intima di Dio, nasce la Cristianità, cioè la trasformazione del mondo intero, della storia e della realtà, chiamata a servire l'unica cosa necessaria, cioè la trasformazione dell'uomo nella santità. Questa è l'opera della vita, l'unica in fondo. Per questo c'è la Chiesa, per quest'opera hanno lavorato gli operai del vangelo nei secoli, per questo Dio ha voluto la Cristianità, cioè il mondo trasfigurato dalla grazia. Ma oggi non si parla quasi più della Trinità, della grazia santificante, della vita intima di Dio, della santità di Dio e della nostra santificazione. Si dice solo che Dio c'è, ma per questo non era necessaria la rivelazione, bastava la ragione umana. Per questo le chiese chiudono: alla religione naturale non servono più.
 "Radicati nella fede" - Editoriale Anno X n° 4 - Aprile 2017

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