Uno dei temi più
ricorrenti nel mondo Cattolico è quello per cui la sacra Scrittura,
letta nella Chiesa, ha una sua particolare risonanza.
Questo
tema è, di suo, antico e tradizionale tant’è vero che non
casualmente la Liturgia è intessuta di espressioni bibliche e
riporta passi del Nuovo e dell’Antico Testamento.
Prima
dell’invenzione della stampa era normale leggere la sacra Scrittura
solo in Chiesa, davanti all’assemblea dei fedeli, poiché era
l’unico momento in cui lo si poteva fare.
L’invenzione
della stampa è stata una rivoluzione di cui oggi non ci rendiamo
perfettamente conto. Sottrasse la sacra Scrittura alla Chiesa
consegnandola all’individuo e alla sua libera interpretazione. È
l’invenzione della stampa che, in qualche modo, contribuì ad
imprimere un vero e proprio slancio alla dottrina luterana.
La
libera interpretazione della sacra Scrittura può portare a risultati
antitradizionali e, di conseguenza, a risultati distruttivi per la
fede e la Chiesa stessa perché eleva la coscienza individuale al di
sopra della coscienza ecclesiale <1>.
Ben conscia di ciò, la Chiesa all’inizio proibì la lettura della
sacra Scrittura in senso individuale poiché essa doveva continuare a
risuonare nell’assemblea ecclesiale all’interno della quale si riteneva esistesse ancora la corretta mentalità per poterla interpretare <2>.
In
una Liturgia nella quale si è conservato il senso del sacro, nel
significato più alto del termine, e una vivida consapevolezza di
ciò, la sacra Scrittura risuonerà nel modo più profondo e
spirituale, sia essa proclamata nell’idioma correntemente parlato o
in un’antica lingua liturgica. In una Liturgia nella quale il senso
del sacro è stato infranto con tutte le banalizzazioni che ne
conseguono, inevitabilmente ci sarà una ripercussione anche
nell’interpretazione biblica.
Citerò
un fatto occorsomi ultimamente e che esprime chiaramente quanto sto
dicendo.
Duomo
di Gemona (Udine). Messa serale accompagnata dal canto degli alpini.
Viene
letto un passo di un’epistola apostolica nella quale, tra l’altro,
si dice: “Se non amiamo il prossimo che vediamo, come possiamo
amare Dio che non vediamo?” (1 Gv 4, 21).
L’interno
della chiesa aveva un’atmosfera che mi riportava a quella di
un’aula protestante di Berlino, da me visitata un paio di anni fa.
Assolutamente tutto mi suggeriva che quel passo biblico dovesse
essere inteso solo umanamente: amare il prossimo significava
sovvenirlo in senso sociale e, d’altra parte, la stessa preghiera
iniziale del sacerdote suggeriva ciò. In quell’aula ecclesiale la
Scrittura risuonava, sì, ma con un significato fin troppo umano,
così umano che uno non poteva non chiedersi a cosa potesse mai
servire la Chiesa.
Solo
attraverso le mie frequentazioni monastiche ho potuto capire che il
passo di 1 Gv 4, 21 evoca un amore non umano, al quale il cristiano è
abilitato con la grazia di Dio perché ordinariamente i preti oggi
non ne parlano e forse non lo sospettano nemmeno. Di conseguenza, la
“risonanza della Parola” a Gemona non elevava ma abbassava lo
spirito umano. Questo è quanto sperimentalmente ho potuto sentire.
Al contrario, il fine di tale risonanza è sempre quello di svegliare
lo spirito, la nostra sfera più interiore, non di solleticare solo
la ragione o la nostra psiche imprigionandoci nella camera a specchi
della nostra mente. La risonanza (o catechesi, dal termine greco
katecheo) comporta l’elevazione dell’umano nel divino, non
l’abbassamento del divino nell’umano!
Non
è un caso che nella sacra Scrittura si usino due termini greci per
indicare il termine “parola”: logos e rema. Il
logos è la parola creativa, appena si pronuncia crea: “Sia
la luce e la luce fu” (Gen 1, 3). Cristo fa dei logia, ossia
pronuncia delle parole che danno vita e il Logos è,
d’altronde, un modo alternativo per denominare Cristo stesso poiché
“in Lui era la vita” (Gv 1, 4) <3>. Nella coscienza antica della Chiesa, quando l’uomo è santificato in
Cristo, diviene un altro Cristo per grazia ed è in grado, talora, di
pronunciare dei logia, ossia delle “parole creative”,
altrimenti dette miracoli. I miracoli sono fatti reali, non racconti
puramente allegorici. Se fossero pure allegorie Dio sarebbe
impotente, non potrebbe operare logia o mirabilia Dei e
sarebbe come noi che proferiamo semplici parole umane. Perciò Dio
non sarebbe più Dio o, più semplicemente, Dio non esisterebbe!
Le
guarigioni e i miracoli compiuti in nome di Cristo indicano che il
singolo fa dei logia e il caso evangelico in cui gli apostoli
non vi riescano fa indignare Cristo stesso perché mostrano che
essi, nonostante la Sua presenza fisica, non sono ancora stati
permeati dalla sua grazia a causa della durezza del loro cuore (Mt 17, 14
ss.). Infatti, chi ha fede come un granello di senape, può pure fare
cose meravigliose (Lc 17, 6; Mt 17, 20).
Un
altro termine scritturistico per indicare “parola” è rema.
Rema non è che un flatus vocis, il nostro modo
ordinario di parlare, una parola che di suo non crea nulla, anzi, a
volte distrugge. È così che l’atto della parola è disgiunto
dall’atto creativo e la terra, a causa della disobbedienza
adamitica, divorzia dal Cielo.
La
“Parola di Dio” non è e non sarà mai rema, parola
unicamente umana, ma logos, parola divina. La sacra Bibbia non
è di suo una raccolta di logia, poiché contiene solo parole stampate nella loro nuda materialità, ma è una veridica e autorevole
testimonianza dei logia divini, dell’esistenza reale di tali
atti creativi in tutta la storia della salvezza che perdura nel
presente. La Chiesa e l’evangelizzazione non sono questione di
remata, parole unicamente umane, ma di logia, parole
creative e divine.
Di
conseguenza, “se non amiamo il prossimo che vediamo, come possiamo
amare Dio che non vediamo?” (1 Gv 4, 21), non potrà mai essere
interpretato in senso psicologico e umano ma in senso unicamente
elevato, spirituale, divino. La Chiesa è nel mondo per portare lo
Spirito di Dio, non per adagiarsi allo spirito secolarizzato o
piacere ai vari Scalfari del momento.
Ed
ecco perché il luogo per eccellenza in cui si custodisce la sacra
Scrittura è il santuario o l’altare, non un luogo qualsiasi: la
Rivelazione, infatti, discende da Dio, pur essendo anche parola
umana, non da un semplice uomo. Stabilire la chiesa come edificio
nell’ordine tradizionale di un tempo, significa obbedire ad un
ordine simbolico che ci riporta a queste verità basilari poiché la
simbologia parla sempre e in ogni epoca allo spirito umano, anche se
la ragione non lo comprende immediatamente. Ecco perché in un
edificio ecclesiastico non può non esistere il santuario come spazio
normalmente chiuso ai laici <4>.
Inoltre,
la distinzione biblica del termine “parola” tra logos e
rema, ha forti conseguenze in ambito ecclesiale e liturgico
perché mostra chiaramente che il piano divino non potrà mai essere
quello umano, per quanto l’uomo possa esserne reso in parte
partecipe solo in Cristo. La loro confusione e sovrapposizione
indica, alla fine, una profonda confusione nell’intendere la fede e
la figura di Cristo.
In
un ambito ecclesiale nel quale viene tutto psicologizzato e
umanizzato, nel quale “l’amore per il prossimo” significa
dargli spettacolarmente da mangiare a san Petronio di Bologna (giusto
per fare un solo esempio di cui riportiamo una immagine), la presenza
della Grazia per la quale è stata costituita la Chiesa, può venire
seriamente oscurata. È pure una indiretta confessione che oggi si è
impotenti a operare i logia evangelici, se ancora si crede che
un tempo li si operava. Ci si affida, allora, a espedienti unicamente
umani. Ma se la via che porta al Cielo è equivocata ed oscurata,
quell’ambito ecclesiale in tali condizioni non può che votarsi
all’insensatezza e rendersi come il sale non salato: buono solo ad
essere calpestato dagli uomini (Mt 5, 13) <5>.
Per
principio queste analisi non si muovono con l’intenzione di
condannare persone o ambienti ma registrano dei dati di fatto:
operate certe scelte ampiamente secolarizzate, un ambito ecclesiale
si stacca da solo dal tronco evangelico con la sua linfa vitale. Di
conseguenza non potrà che votarsi alla sterilità religiosa e
abbassare i logia
evangelici a puri remata.
La via per l’agnosticismo è, così, ampiamente spianata e, di
conseguenza, certe
comunità ecclesiali potranno avere sempre meno autentici fedeli e sostituiranno i rimanenti con
operatori sociali o atei di fatto ai quali forniranno ogni giustificazione.
È questo che significa il fico sterile che, perciò, viene maledetto
da Cristo e immediatamente muore (Mt 21, 19). Il vangelo riporta che
Cristo può anche maledire e ciò dev’essere sempre ricordato ...
Pur
nella sua complessità, tutto è semplice e logico per chi lo sa
vedere e ha l’onestà di ammetterlo: l’attuale crisi nel
Cristianesimo occidentale nasce da una crisi di fede. Infatti, non
solo non si crede più come un tempo ma ormai non si crede affatto.
©
Traditio Liturgica
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1 L’interpretazione
ecclesiale della sacra Scrittura, anche da parte di un singolo,
avviene quando si tiene conto delle catechesi patristiche sulla
stessa e dell’insieme dell’insegnamento ecclesiale nei secoli.
Ma oggi chi si riferisce davvero agli scritti patristici, visto che
sono considerati dalla maggioranza dei teologi cattolici come
“preistoria” della teologia? La stessa istanza magisteriale
della Chiesa cattolica è spesso interpretata in modo molto
storicistico per cui gli ultimi pronunciamenti e interpretazioni
sostituiscono e si contrappongono senz’altro a quelli passati.
Tutto ciò è fortemente problematico e determina inevitabilmente un
approccio solo individualistico alla sacra Scrittura.
2 Si
noti come spesso tale proibizione sia stata sommariamente
interpretata come un “oscurantismo clericale”.
3 Il Logos è dunque la “parola creatrice” fatta carne in Cristo. Stupisce, sapendo ciò, l'iniziativa di qualche esegeta cattolico, il quale col desiderio di rendere “comprensibile” questo passo, lo ha tradotto: “In principio era la comunicazione”. Questo desiderio di rendere i passi evangelici con i termini della cultura contemporanea finisce per abbassare il significato fino a renderlo totalmente risibile.
3 Il Logos è dunque la “parola creatrice” fatta carne in Cristo. Stupisce, sapendo ciò, l'iniziativa di qualche esegeta cattolico, il quale col desiderio di rendere “comprensibile” questo passo, lo ha tradotto: “In principio era la comunicazione”. Questo desiderio di rendere i passi evangelici con i termini della cultura contemporanea finisce per abbassare il significato fino a renderlo totalmente risibile.
4 Ho
già scritto altrove su questo argomento. Qui mi limito a ricordare
che il santuario indica, secondo le mistagogie antiche, la realtà
interiore e nascosta del Cristianesimo. La sua normale
inaccessibilità ai laici lo sottolinea a livello simbolico. Aver di
fatto disprezzato questa simbologia, con il libero accesso nel
santuario da parte di tutti o con la sua abolizione in diversi
edifici ecclesiastici moderni, non può non avere delle evidenti
ripercussioni anche nel modo di intendere la fede che, infatti non
casualmente, è interpretata in senso sempre più antropocentrico.
D’altronde lo stesso fatto di costruire le chiese in modo
antitradizionale indica un modo diverso e spesso opposto di
concepire la fede stessa.
5 A
fianco della cattedrale di Gemona, nello stesso istante in cui al
suo interno si svolgeva la messa serale, c’era un camion il cui
cassone era pieno di ossa e teschi umani. In un primo momento non me
ne accorsi. È stato un ragazzo con la sua fidanzata a indicarmelo poiché se ne uscì con una infelicissima frase che faceva tanto
hallowen: “Possiamo portarne via qualche pezzo?”. Probabilmente
degli operatori comunali avevano scavato nei dintorni rinvenendo
questi resi in seguito sommariamente caricati su un camion a bella
vista e portata di qualsiasi passante. Considerata la reale vicinanza alla
cattedrale non posso non pensare che il clero non ne fosse a
conoscenza ma evidentemente ne è rimasto completamente
indifferente. A me tutto ciò è suonato come una chiarissima
desacralizzazione e banalizzazione e ho reagito pregando brevemente
per le persone di cui vedevo i miseri resti. D’altra parte un
ambiente ecclesiale che si è quasi totalmente secolarizzato, com’è
quello della Chiesa cattolica friulana, come può aiutare i laici ad
avere un concetto elevato della vita umana e degli stessi resti
umani che, per un battezzato, sono sacri in quanto furono abitati da
un uomo che ricevette il battesimo e la grazia di Dio? Qui siamo
molto peggio che dinnanzi ad una eresia e i suoi frutti, d’altronde,
lo confermano sfacciatamente.