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venerdì 9 marzo 2018

Ideologia o realismo cristiano?


Ho diverse volte trattato quest’argomento. Ci ritorno volentieri perché ne vale sempre la pena. Inoltre è una magnifica cartina da tornasole per verificare su quale piano si vive veramente il Cristianesimo. 

Quandero ventenne alcuni sacerdoti ponevano a me e ai miei coetanei la domanda seguente: “Chi è Cristo per te, per la tua vita?”. 
È una domanda fondamentale davanti alla quale ci trovavamo spaesati, disarmati e, d’altronde, questi sacerdoti non ci rispondevano, non ci aiutavano a trovare un modo convincente per rispondere. Forse sotto sotto non lo sapevano neppure loro ...

Nei vangeli Cristo afferma di essere la “via, la verità e la vita”. Lui stesso che è il Logos, la Parola incarnata di Dio, secondo la rivelazione, è in realtà la Vita. Le sue parole sono “parole di vita eterna” perché cariche della forza vivificante della sua presenza. È tale forza vivificante della presenza divina che viene sperimentata nella vita cristiana. Quando si parla tradizionalmente di “vita di grazia”, significa che il credente è abilitato ad entrare in un modo di esistenza che non è quello ordinario. Attraverso questo modo di esistenza i martiri hanno potuto testimoniare la loro fede fino alla morte, rafforzati e assicurati da un’energia non umana. Parlare di Cristianesimo, dunque, significa riferirsi ad un evento che nasce da un incontro, nella fede, con una Persona la quale lascia il segno di sé nei cuori che La cercano, in chi assume con cuore ben disposto i Sacramenti, in chi Lo confessa nella giusta fede: 

Credi nel Figlio delluomo?”. Quegli rispose: “Chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gesù gli disse: “Tu lhai già visto; è colui che parla con te, è lui”. Egli disse: “Signore, io credo”. E ladorò (Gv 9, 35-38). 

Di certo la presenza di Cristo nella Chiesa e nel cuore del credente è qualcosa di discreto, non di eclatante. Ciononostante è tale da farsi riconoscere e questo è un dato di fatto che ha sempre accompagnato la storia della Chiesa stessa. Se tutto ciò non viene messo al suo giusto e centrale posto, poiché Cristo è una persona, è la Vita che nutre realmente la nostra vita, tutto diviene una questione di idee. 

Nel momento in cui, per una ragione o un’altra, la cosiddetta Grazia si oscura e non opera più, tutta l’attenzione si sposta sul piano di idee giuste che devono contrapporsi e combattere idee sbagliate.

A quel punto abbiamo il paradosso di persone idealisticamente ortodosse ma esistenzialmente opposte al Cristianesimo, gente che combatte per principi morali (ad es. la famiglia cosiddetta "tradizionale") ma che nella vita privata fa l’esatto contrario
Oggi tutto ciò è così diffuso che parlare nei termini soprastanti risulta quasi incomprensibile quand’anche non ampiamente risibile. Lo si constata prima di tutto da parte dei cosiddetti “credenti”. Per essi è letteralmente oscura la distinzione tra idee cristiane e Cristo. Al contrario, nell’epoca patristica era ben evidente la differenza tra i “vuoti discorsi” e il Verbo. I primi, se non collegati al secondo con una prassi autentica non servono a nulla, rimangono vuoti, anche se sono perfettamente ortodossi. Questo spiega la straordinaria diffusione del monachesimo nei primi secoli, monachesimo che era orientato alla prassi e allesperienza cristiana, al quale si sottomettevano volentieri i Padri. 

Perciò per essi la lotta per la verità non era una lotta per dei discorsi ortodossi, da contrapporsi a discorsi eretici, non era una questione di parole. La lotta per la verità era la lotta per lasciare aperta la via che conduce ad una reale esperienza del Verbo, nella Grazia. I discorsi sono solo dei mezzi che orientano o ostacolano quest’esperienza, degli umili servitori. 

A dire il vero, la verità cristiana, nella sua essenza, non è una questione di semplici termini tant’è che soprattutto nei primi secoli il linguaggio teologico era sfumato e una stessa parola, che in Egitto significava una cosa, ad Antiochia ne significava un’altra. Questo linguaggio flou è poi stato considerato primitivo perché impreciso, dinnanzi alla grande scolastica e agli sviluppi seguenti della teologia. Chi emette tale giudizio mostra un'incapacità valutativa: non capisce che, nei primi secoli, ciò che importava era giungere all’obiettivo-Cristo. I discorsi erano semplici vie per giungervi. Il linguaggio umano non dava particolare ansia ai Padri, al punto che giunsero ad affinarlo solo dopo secoli sulla spinta delle eresie. Questo dimostra ampiamente che la loro preoccupazione era un’altra.

Da essi comprendiamo che i termini, per quanto importanti, sono relativi nel senso che sono sottomessi a favorire l’incontro nella Grazia con Cristo. Il monachesimo stesso per secoli è stato il custode non di un’intelligenza ma di una sapienza cristiana, prima di conformarsi in gran parte ad un appiattimento generale, ad una filosofizzazione e idealizzazione del Cristianesimo, in cui era imperiosamente importante l’intelligenza stessa

Con l’inizio dell’era moderna c’è stata un’ulteriore svolta determinata dal sospetto per la vita mistica e per la spiritualità (**). Così il Cristianesimo è stato sempre più presentato popolarmente come un insieme di idee da credersi per ricevere un premio nell’eternità. L’incontro personale nella Grazia, si è appiattito a semplice vita morale, esercizio di virtù.

Di qui la lotta per le “idee giuste” e per la “giusta” pratica morale. Dando per scontato e ponendo in ombra l’aspetto interiore della vita cristiana, il baricentro si è inevitabilmente spostato su un aspetto puramente ideale quindi esteriore.

E giungiamo ai giorni nostri in cui si crede che gli antichi martiri cristiani sono morti per delle “idee giuste” senza avvedersi che, così pensando, non esiste più alcuna differenza tra il Cristianesimo e un partito politico (*). 

Nel solo novecento quante persone sono morte per delle “giuste idee” politiche, di destra o di sinistra? A questo punto il Cristianesimo viene fagocitato nell’idealismo e diviene una delle tante opzioni della storia.

Se poi all’idealismo si aggiunge pure lo psicologismo (con il popolare detto “è giusta la scelta che ci fa stare bene con noi stessi”), allora la frittata è fatta nel senso che si ha finito per annullare totalmente la rivelazione cristiana. 

Con l’idealismo ci si stacca senza avvedersene dall’esperienza nella Grazia e si riduce tutto ad una questione di idee. Con lo psicologismo ci si stacca pure dalle idee per approvare quanto ci fa stare psicologicamente bene (morale o meno che sia) dimenticando che lo stesso san Paolo trattava duramente e teneva in schiavitù il proprio corpo (1 Cor 9, 27). Si passa, così, da una oggettività ideale ma astratta (perché tende ad accantonare l’esperienza umana in Cristo) ad una soggettività psicologicamente reale.

L’idealismo e il moralismo sono uno stadio che contraddistingue diversi cosiddetti “tradizionalisti cattolici”, lo psicologismo è lo stadio che contraddistingue i cosiddetti “progressisti cattolici”. Posizioni che, come vediamo, sono entrambe in discesa, seppur ad un livello differente. 

Il Cristianesimo, in realtà, è ben altro!

_____________

(*) Su un blog tradizionalista cattolico, "Opportune importune", il responsabile, un improbabilissimo chierico ottuagenario con lo pseudonimo di Baronio, se ne esce dicendo che i martiri cristiani sono morti per delle idee cristiane, a differenza dei modernisti che non si sacrificherebbero di certo per le loro idee eretiche. Nessuno di chi legge ha il coraggio o la capacità di confutare tale enorme corbelleria.

(**) Ho più volte accennato a questo sospetto con il quale si tollera la spiritualità che, in ambiente clericale, tende ad essere vista come qualcosa di femmineo, di debole e risibile, non come qualcosa di realmente serio (come può essere per essi la riflessione filosofico-accademica sul fatto religioso). Inoltre, per tali ambienti la pratica spirituale è ritenuta qualcosa di soggettivo, qualcosa sul quale non si può assolutamente fondare l'unità della Chiesa (basata, per loro, su unici criteri oggettivi di espressione dogmatica e canonica). 
Al contrario, la pietra di fondamento della Chiesa, stabilita dalla confessione di Pietro, è basata sulla fede non quale espressione intellettuale (ai tempi di Cristo si era ben prima della cultura illuministica, rinascimentale e razionalistica) ma quale espressione di profonda adesione vitale-esperienziale alla persona di Cristo stesso.
L'unità che Cristo promette ai suoi discepoli non è un prodotto codificato dal diritto canonico o da una filosofia con presupposti teologici ma procede direttamente dall'unione con Lui ed Egli la predicò e dimostrò ben prima dell'avvento dei diritti canonici e degli affinati concetti teologici.
È incredibile come questi discorsi siano tutt'altro che comprensibili e, d'altronde, questo prova la totale lontananza di molte strutture ecclesiastiche attuali dalla Chiesa del Nuovo Testamento stabilita da Cristo. 

9 commenti:

  1. Grazie del pregiatissimo articolo.
    L'idealismo (o ideologismo) è proprio quello con cui mi scontro con la maggior parte dei "tradizionalisti". Ma lo psicologismo è anche un problema dei "tradizionalisti", anche se non manifestato attraverso una sorta di relativismo, ma attraverso la ricerca "smodata" di trarre piacere (che è cosa ben diversa dal frutto o dalla consolazione spirituale) dalla propria preghiera.

    E infine, il grande problema dei "tradizionalisti" è quello di "creare" la tradizione, ammettendo che la Chiesa possa cambiare ma... fino a un certo punto arbitrariamente deciso! E allora tra di essi spopolano atteggiamenti spacciati per tradizionali che nella vera Tradizione sarebbero stati degni di reproba...

    Purtroppo, è difficile molto spesso vivere in questo contesto, essendo cattolici integrali e tradizionali ma non "tradizionalisti" nel senso appena definito. Talvolta ciò mi è pure valso l'appellativo di "cripto-ortodosso"...

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    1. Gentile amico,
      bisogna essere seri: affibbiare etichette a chi si pone delle domande o, semplicemente, fa qualche critica appoggiata su validi fondamenti, è da insensati.
      Noi viviamo in un tempo e in un luogo preciso ed è la prima cosa da tenere in mente poiché le nostre coordinate spazio-temporali ci influenzano sempre nel male e nel bene. Da secoli siamo stati immersi in mentalità illuministe, scientiste, razionaliste, idealiste, e possiamo ancora ritenere candidamente di avere un Cristianesimo intatto?
      Variazioni e continuità caratterizzano inevitabilmente ogni contesto umano, proprio perché umano!
      Non deve meravigliare che ciò succeda. Quello che deve, semmai, porre problema è pensare che NON succeda affatto e, forti di una coscienza inesistente, si giudica il passato o chi non è come noi.
      La Chiesa nel periodo dei santi Padri è stata spesso vista come una Chiesa "preistorica" o "primitiva" perché all'intelligenza e agli esercizi di intelligenza preferiva la sapienza e la sua pratica. Di qui la lentezza con la quale si sviluppava la sua teologia.
      Sennonché queste cose le sente soltanto da me o da pochi altri. La maggioranza giudica questo passato (e non solo questo!) con i metri e i criteri di un presente pregno di mille ideologismi.

      Dire che "i martiri cristiani morivano per un'idea" è una bestemmia, incoscente, stupida, empia. Gli stessi apostoli non testimoniavano "un'idea" di Cristo o su Cristo ma Cristo stesso, essendo stati investiti della sua forza nella Grazia della Pentecoste.
      Ma tutto questo appartiene al mito da demitizzare, per i progressisti, e ad una tradizione puramente formale, per alcuni altri tradizionalisti.
      Vedere questo non significa essere "cripto-ortodossi" come dicono a lei o "filo-ortodossi" come direbbero ad altri. Vedere questo significa vedere la realtà!
      Un certo tradizionalismo cattolico è decisamente lo stadio precedente di un certo progressismo. In fondo lo stesso Lutero non fece altro che portare all'estrema conseguenza certi presupposti impazziti che vedeva in seno al Cattolicesimo del suo tempo ...

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  2. Gentile Pietro,

    non posso che condividere quanto da Lei scritto. Infatti una delle differenze fondamentali fra il cristianesimo (inteso in senso tradizionale) e l'islam è proprio che per questo la redenzione viene adoperata tramite un Libro, mentre fra noi è proprio una Persona a fare questo.

    Non posso nemmeno che sorridere perchè stamattina, proprio prima di leggere il suo scritto, ho avuto modo di controllare fino a quale punto siano arrivate le cose. Ho infatti sentito sulla Radio Maria spagnola (mia madre la ascolta ogni giorno) un prete (?), autore - si diceva - di alcuni libri di teologia, dire che "ogni volta che sentiamo che Gesù ci delude ('cada vez que sintamos que Jesús nos falla') dobbiamo confrontarci con Lui e metterLo contro il muro". Quindi sarebbe Dio a dover renderci conto!

    Infatti quando si riduce il cristianesimo ad un'ideologia o una morale, si finisce bestemmiando, seppur non essendone coscienti...

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    1. Caro amico,
      l'esempio che lei mi pone mostra chiaramente che di Cristianesimo qui si ha solo la parvenza esteriore. Nella sostanza non c'è più niente. Riguardo al Dio mostrato dall'Islam prossimamente scriverò qualcosa che mi sembra interessante...

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    2. Lo leggerò con interesse, come questo ottimo articolo.

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  3. Proverò a riproporre il mio commento:
    Non trovo nulla di male nel dire che i martiri sono morti per le loro idee, visto che la frase citata spiega il senso: "La verità è che tu non saresti pronto a morire per le tue idee, come invece i Martiri di tutti i tempi hanno versato il sangue per la Fede in Cristo".
    Quindi le idee di cui si sta parlando sono quelle della Fede. Sono idee perché risiedono nella ragione (la fede ha sede nella ragione, spiega san Tommaso), ma ciò non esclude che queste stesse idee siano anche Nostro Signore Gesù Cristo, il Verbo fatto carne. Diverso è il discorso di chi muore per le proprie idee quando esse non hanno niente a che spartire con la fede cattolica (massoni, illuministi, ecc.), nel cui caso non c'è corrispondenza tra idee e realtà.

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  4. Egregio Luigi,
    penso che non siamo autorizzati a proiettare sui protomartiri cristiani le nostre pie idee preconcette, fossero pure confortate da citazioni tomiste.
    L'errore solito che si fa negli argomenti religiosi è leggere il prima con il senno di poi. Invece ci si deve interrogare cosa spingeva i protomartiri a testimoniare nonostante tutto.
    Il protomartire per eccellenza, santo Stefano, vede il Cielo aperto ed ha, quindi, una teofania. Forte di questa personale esperienza non gli importa nulla morire e permette che lo lapidino. Egli, come si vede, non muore per una idea ma forte dell'esperienza di Cristo.
    I Padri iniziano a porre dei "paracarri" nella confessione Cristiana solo perché spinti dalle eresie. Non partono con l'iniziativa di diffondere delle "idee" ma di far partecipare le persone all'empiricità della Grazia di Cristo. Qualche teologo giunge a dire che, perciò, prima che si formassero i dogmi un cristiano di Antiochia poteva riconoscere il proprio fratello cristiano di Lione (per fare un esempio) sulla base di questa personale esperienza di Cristo che cambia la vita.
    Nell'XI secolo san Simeone il Nuovo Teologo insiste vigorosamente sull'esperienza della Grazia nella ricezione sacramentale. Non gli interessa fare un castello di idee ma far tenere aperta la condizione con la quale, nei sacramenti, si è formati empiricamente in Cristo.
    Egli, in questo, fa ricordare quei primi cristiani i quali erano tentati di credere che un lapso potesse aver rinnegato Cristo, per paura delle persecuzioni, proprio perché in lui la grazia di Cristo non ha funzionato. Anche qui, come si vede, ci si imbatte in qualcosa di esperienziale, non semplicemente ideale.
    "Noi non combattiamo per delle parole [ossia per semplici idee] ma per far in modo che le persone si incontrino con Cristo", diceva qualche altro autore patristico, che cito a memoria.
    Che con la sensibilità scolastica si sposti il baricentro dell'attenzione sul mondo delle idee è innegabile. Per qualcuno questo è un bene, per qualcun altro questo è un male. A prescindere dalla valutazione che se ne può dare, il fatto è evidente a tutti. Perciò, ripeto e riaffermo, non ci è lecito con una sensibilità neoscolastica, proiettare le proprie idee in un passato che aveva altri equilibri e altri stili.
    Personalmente non trovo davvero alcuna differenza in chi, battendo all'inverosimile sulle idee, si pone sulla stessa arena di chi ha idee opposte. Il Cristianesimo è e resta prima di tutto un fatto e se non diviene fatto concreto nella propria vita, sarà senz'altro una bella filosofia (più o meno consolatoria) ma nulla più. Il nostro mondo è divenuto ateo (dopo secoli di Cristianesimo istituzionale!!!) non perché non mancassero sacerdoti e religiosi (un tempo ce n'erano a iosa!) ma perché questo Cristianesimo ha finito per essere visto come idee ossia come puro "flatus vocis". È questo il dramma che non si può di certo eludere e dovrebbe interrogare profondamente i credenti di oggi.

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  5. Ho ricevuto una nuova risposta da Luigi.
    Non la pubblico per il semplice motivo che questo non apre un corretto confronto ma, volente nolente, uno scontro. Ho parlato molto chiaramente e se uno non vuole intendere continui pure così. Cristo, si badi BENE, ha scelto degli umili pescatori, uomini pratici, e li ha instradati alla verità sperimentale tutta intera con l'infusione dello Spirito Santo. Se avesse voluto giocare con le idee e credere che filosofeggiando si arriva ad una "visione dettagliata della verità" (cosa che io ritengo semplicemente oscena) avrebbe scelto i dotti farisei. Cristo, al contrario, ha operato una scelta che andava in ben altra direzione per indicare che vuole cuori disponibili (e puliti), non menti piene di saccenza e tranelli.
    Se il Cristianesimo oramai non parla più al mondo è perché è divenuto una montagna di idee e non pensa ad orientarsi verso l'unico necessario, è divenuto Marta (piena di faccende pratiche e intellettuali), non Maria. E questo, caro Luigi, non è affatto "Prammatismo" ma realtà evangelica. Se poi in nome del Vangelo si vuole fare altro dal Vangelo lo si faccia pure ma se ne sia almeno coscienti.
    Dio l'aiuti nel suo cammino.

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  6. Rispondo ad un terzo intervento di Luigi che non pubblico ma di cui cito qualche stralcio.

    Luigi motiva la sua risposta appoggiandosi, dice lui, a "i Padri della Chiesa e i teologi di sana dottrina".

    Il punto da me rimarcato non è tanto teologico quanto storico, cosa che sfugge al mio lettore e che perciò mi contesta. Non si può appiattire il prima con il senno del poi e non si può credere che l'ethos patristico sia identico in tutto e per tutto allo stile scolastico.

    Ma Luigi non mi capisce ed è per questo che mi controbatte ricordandomi che san Paolo chiamato da Cristo era un "dotto fariseo, divenuto poi una delle colonne portanti della Chiesa primitiva.
    Questo sempre per avvalorare la sua tesi che si può benissimo morire per delle idee.

    Appellarsi a san Paolo è assai fragile perché l'Apostolo per quanto "dotto fariseo" considerò il suo sapere un nulla rispetto alla sapienza in Cristo ed è perciò che combatté la sua stessa provenienza che lo formò come "dotto fariseo". D'altra parte l'Apostolo si convertì NON per delle idee, ma PURE lui, per aver ricevuto una teofania e morì testimoniando quel Cristo che aveva personalmente incontrato.

    Quello che è importante e che Luigi dimentica non è "porre la propria intelligenza al servizio di Dio", cosa che eventualmente è solo secondaria e non immediatamente necessaria, ma aprire il proprio cuore a Dio, cosa tutt'altro che scontata soprattutto in chi "si crede" Cristiano per la semplice testimonianza di idee.

    Alla fine il mio lettore pensa che il rifiuto del mondo attuale verso il Cristianesimo non sia motivato per le eccessive idee che questo ha prodotto (a scapito dell'offerta di una esperienza di Cristo) ma per la fede annacquata e mondanizzata dei suoi ministri sacri.

    Anche qui si giudica superficialmente perché il vero problema (e non sono solo io a dirlo ma anche persone ben addentro alla storia della Chiesa) è, appunto, l'evaporazione della spiritualità e con essa dell'esperienza possibile di Cristo nella Chiesa.

    I Padri non lottavano per idee ma per mantenere aperta la via all'esperienza di Cristo. Se tutto ciò non è compreso (e il mio interlocutore pare non capirlo) il problema è ben grave. Finis.

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