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lunedì 19 maggio 2014

Il Dio-Trinità


Il proposito di questo blog è unicamente quello di sottolineare gli aspetti comuni tra l'antica tradizione latina e quella cristiano-orientale, dal momento che l'Occidente, perdendo le proprie radici, finisce per perdere anche quanto lo può unire con il Cristianesimo orientale. D'altronde, lo abbiamo visto, le due realtà si comprendono e si illuminano a vicenda, se osservate partendo da determinati presupposti.
Purtroppo non è sempre possibile sottolineare gli aspetti comuni perché succede che, o prima o poi, ci s'imbatte su alcune differenze. In questo post tratterrò la differenza-base che, direi, riguarda un modo piuttosto diverso di concepire il Dio-Trinità tra l'Oriente e l'Occidente cristiano.
Cercherò d'essere più semplice e più neutrale possibile, per quanto questo argomento non sia all'ordine del giorno e la coscienza dottrinale si sia quasi totalmente spenta nella grande maggioranza dei cristiani odierni.
Anche per questo argomento, che ha fatto scorrere fiumi d'inchiostro e ha fatto intrattenere interminabili dialoghi tra teologi di opposte fazioni, farò due schemi riassuntivi partendo da quali, poi, ognuno è libero di fare gli approfondimenti che crede.

Primo concetto di Trinità (orientale)

Questo primo schema riguarda il concetto di Dio nella patristica (ossia nelle opere dei Padri greci e latini). Da questa letteratura dei primi secoli, notiamo quanto segue:







1) Dio è l'unità di un unico essere (area arancione) composto da tre persone: Padre, Figlio e Spirito.
2) Il Padre è "da tutti i secoli", non proviene da alcuno ma è il generatore di vita all'interno della Trinità, l'unico generatore di vita (i greci parleranno, in questo senso, di "monarchia" del Padre).
3) Il Figlio, in quanto persona, è generato dal solo Padre.
4) Lo Spirito Santo, in quanto persona, è generato dal solo Padre (per "processione", diranno i padri greci).
5) L'unico essere trinitario è animato da un'unica vita-attività-volontà in sé (freccia circolare azzurra più interna, condivisa e conosciuta solo dai Tre. Nessun altro vi può partecipare).
6) L'unico essere trinitario "proietta" da sé energia, grazia, attività, vita che si riversano direttamente nel cosmo. In questo senso, nell'Oriente cristiano, si dice ancor oggi che la "grazia" distribuita nei sacramenti è "increata" ossia ha il marchio e il carattere divino in tutto e per tutto.
7) Il cosmo che riceve questa grazia ne è trasfigurato (non a caso in Oriente è particolarmente importante la festa della Trasfigurazione di Cristo, trasfigurazione della sua stessa realtà materiale[1]). L'uomo ne viene deificato (ossia diviene Dio per grazia, come affermano arditamente molti autori patristici greci).

A partire dal sesto punto, si comprende  come lo Spirito venga conosciuto nel mondo non in quanto Persona (che rimane un "affare interno" alla Trinità) ma in quanto grazia, forza, attività o, come diranno gli esicasti nel XIV secolo, "energia".

Questo tipo d'impostazione ha un'immediata ricaduta: la Chiesa che vi crede non può non avere una forte impostazione mistica, più che istituzionale. In questo quadro, come dirà san Serafino di Sarov nel XIX sec., il fine della vita cristiana è unicamente acquisire lo Spirito Santo. I cristiani, allora, si rivolgono a chi nella Chiesa cerca di vivere lo Spirito Santo, incarnando una tradizione evangelica vivente. Il monachesimo riveste, dunque, un ruolo ecclesiologico essenziale. L'attività di questa Chiesa, se autentica, non può che avere un marchio tipicamente carismatico.

Secondo concetto di Trinità (occidentale)

Questo secondo schema riguarda il concetto di Dio nel pensiero agostiniano (particolarmente nel De Trinitate) e nella tradizione da lui discendente (particolarmente nella teologia aristotelico-tomista). Da questa letteratura - che si differenzia in questo punto da altri autori patristici - notiamo quanto segue:







1) Dio è l'unità di un unico essere (area arancione) composto da tre persone: Padre, Figlio e Spirito.
2) Il Padre è "da tutti i secoli", non proviene da alcuno ma è il generatore di vita all'interno della Trinità.
3) Il Figlio, in quanto persona, è generato dal solo Padre.
4) Lo Spirito Santo, in quanto persona, è generato dal Padre e dal Figlio, per "processione", come da un'unica causa. Questo è il cosiddetto "filioque", ossia la provenienza dello Spirito "anche dal Figlio", oltre che dal Padre.
5) L'unico essere trinitario è animato da un'unica vita-attività-volontà in sé (freccia circolare azzurra interna). Con l'intelletto l'uomo, in qualche modo o analogicamente, può conoscere l'attività intra-divina [2].
6) L'unico essere trinitario non può condividere nulla di divino verso il cosmo, altrimenti verrebbe meno come Dio o renderebbe Dio il cosmo (per i presupposti filosofici aristotelici). 
7) L'essere trinitario si serve, dunque, di mezzi creati per intervenire nel cosmo. Questo spiega perché la "grazia" distribuita nei sacramenti sia stata definita come "soprannaturale ma creata". 
8) L'uomo che riceve questa grazia viene santificato in senso eticizzante: è il "buon uomo" morale ed etico. Se santo, brilla per "eroicità di virtù" [3]. Egli ordina il cosmo secondo il "volere di Dio".

Questo tipo d'impostazione ha un'immediata ricaduta: la Chiesa che vi crede non può non avere una forte impostazione istituzionale mentre l'aspetto mistico è, per lo più, oscurato o ritenuto poco essenziale. Per questo genere di cristianesimo lo Spirito Santo, in quanto grazia-forza-vita divina, è praticamente qualcosa di misterioso e assai poco chiaro. La prassi cristiana (intesa come attività caritativa) finisce per avere il sopravvento sulla contemplazione cristiana (intesa come "vita nello Spirito").
L'attività di guida istituzionale si appoggia sullo studio e sul ruolo determinante e insostituibile del magistero papale al quale i cristiani non possono non essere vincolati.

Conclusione

Nel corso dei secoli l'Occidente  e l'Oriente cristiano hanno cercato sempre delle vie per integrare i due concetti di Trinità. Ogni tentativo, però, non è mai giunto ad una vera e stabile conclusione poiché, di fatto, non si tratta solo di semplici diverse accentuazioni ma di orientamenti tali che, in definitiva, non sono compatibili tra loro.
Il cosiddetto "filioque", mai accolto in Oriente, avrebbe potuto esserlo se l'Occidente avesse considerato che lo Spirito, come grazia non come persona, nasce dal Padre e passa nel Figlio e da questo, poi, procede nel mondo (freccia circolare esterna blu, nel primo schema). Ma questa posizione è sempre stata vista come inaccettabile per il Cristianesimo occidentale per cui le cose rimangono come sono.
Il "filioque", d'altronde, non è solo un "affare interno" alla Trinità, qualcosa di astratto, come potrebbero credere alcuni, ma è una credenza che ha evidenti ricadute nello stile d'una Chiesa, come abbiamo sommariamente accennato.

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[1] Mentre in Oriente la festa della Trasfigurazione di Cristo è sempre stata considerata tra le feste maggiori, in Occidente, ancora nel XV sec., era una festa facoltativa o minore. La storia dell'arte ci mostra in modo inequivocabile la differenza tra questi due mondi: in Occidente, durante il Rinascimento, sono stati realizzati degli affreschi della Trasfigurazione completamente naturalistici, senz'alcun irraggiamento di luce (come, invece, il fatto evangelico riporta). Nel quadro bizantino e orientale in genere, una rappresentazione puramente naturalistica, quindi totalmente immanente, di tale fatto è assolutamente inconcepibile poiché tutto il creato partecipa direttamente dell'irraggiamento della realtà divina; Cristo è la porta attraverso la quale, nella luce della grazia, si vede lo splendore divino.

[2] Questo spiega lo sviluppo della teologia come "attività razionale" nell'idea piuttosto ingenua di poter sondare i misteri di Dio attraverso la ragione umana. Quest'idea inizia ad imporsi nelle scuole teologiche carolinge per poi diffondersi, lentamente, in tutto l'Occidente cristiano. In tal modo, la teologia sapienziale (insegnata nei monasteri e nella prassi ascetica) viene lentamente accantonata a favore di una teologia sempre più intellettuale. Quest'ultima, poiché si serve della razionalità in un campo nel quale la patristica non voleva coscientemente entrare (il campo intratrinitario), pensa che quanto la precedeva non era che "preistoria" della teologia mentre la vera teologia (o rinascimento teologico) avveniva solo con le università e col sapere razionale, nel basso medioevo. Tuttavia, progressivamente questa teologia - che inizialmente non si dissocia dalla prassi di pietà - diviene solo speculazione filosofica e razionale, sganciata da ogni possibile esperienza. A quel punto, dal momento che una frase può essere contraddetta da un'altra, inizia ad insinuarsi un certo agnosticismo che trova il suo trionfo definitivo nell'epoca moderna. L'uomo agnostico attuale ha una sua radice nell'eterogenesi dei fini della teologia medioevale quindi, in definitiva, in una teologia equivocata.

[3] La diffidenza per il misticismo, tipica dell'età controriformistica, trova in pieno settecento con la condanna del quietismo, il suo apice più elevato. D'ora in poi, in Occidente, si preferisce la via "sicura" delle opere, dell'attivitismo in obbedienza alla Chiesa, rispetto alla via elitaria e poco sicura (perché vista come individualista) di un certo misticismo con cui la persona tende a sfuggire al controllo dell'istituzione ecclesiastica.

Si noti che in ambito riformato esiste la medesima diffidenza per il misticismo: Lutero non poteva sopportare i mistici della sua epoca. In quest'ambito l'unica grazia divina accettabile è quella con cui Dio "giustifica" il peccatore per la sua fede. In tal modo il peccatore non diviene necessariamente un uomo etico ma semplicemente un uomo giustificato, perennemente e intrinsecamente corrotto. Le posizioni luterane portano all'estrema logica conseguenza alcuni presupposti del mondo cattolico, particolarmente quelli che negano la deificazione dell'uomo per grazia, com'è insegnato nella patristica greca.

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APPENDICE 


(risposte ad alcune domande)

1) Sul Filioque, ho sentito da qualche parte che la concezione orientale - cioé dello Spirito procedente anche del Figlio non in quanto persona, ma nelle sue azioni nel mondo (ex Patre per Filium, credo si dica così) - è rimasta nel mondo cattolico; anzi ci sono alcuni fra i miei amici che son convinti che l'insegnamento della Chiesa in occidente sia in verità questo. Mi sbaglio su questo argomento? O forse neppure quest'opinione concorda con la teologia patristica?


L'insegnamento del Filioque nel mondo cattolico è chiaro: Il Figlio, unitamente al Padre, è responsabile dell'esistenza della Persona dello Spirito Santo.

Questo è il cosiddetto Filioque che si è imposto nelle Chiese occidentali e si è diffuso ampiamente a partire dalla riforma carolingia.
Lo potremo chiamare "Filioque teologico" per differenziarlo dal "Filioque economico", ossia dall'invio (o missione) dello Spirito come forza di grazia nel mondo da parte del Padre per il Figlio.
Il primo tipo di "Filioque teologico" (o immanente alla Trinità) non è accettato dalla patristica greca. Neppure i padri latini (ad eccezione di Agostino) lo accolgono al punto che quando dicono che il Figlio (con il Padre) inviano lo Spirito, lo fanno sempre in un contesto economico o di missione.
Il secondo tipo di Filioque, quello economico al quale lei fa allusione (per Filium) è ampiamente accolto nella patristica greca e latina.

2) Poi, se il Filioque è stato inteso fermamente come dice Lei sopra in occidente, allora non dovremmo dire che dal XI secolo la Chiesa di Roma (e le chiese latine in genere) sono divenute eretiche, e che allora le condanne lanciate verso di noi (lo dico come cattolico e, quindi, preoccupato) dall'Oriente abbiano ragione?


Per rispondere, osserviamo i fatti storici principali a freddo, per quel che sono.

Dall'XI secolo la Chiesa di Roma inserisce il Filioque nel credo contravvenendo ad una diposizione di papa Leone III (IX sec.) che lo proibiva. 
Quel che, però, è peggio, è che si contravviene ad una norma che stabiliva, per la Chiesa intera (dunque per l'Occidente e per l'Oriente) di non mettere mano nel Credo a meno che, in un sinodo ecumenico, tutti non lo avessero accettato.
È, dunque, un cambiamento effettuato da una sola parte, senza coinvolgere tutti, in una materia che riguarda tutti, cosa che allora non poteva essere né compreso, né tollerato (soprattutto perché proveniva dalla prima sede, la più antica e venerabile).
D'altronde, la variazione s'inserisce in un contesto del Credo che non è un contesto "economico" ma unicamente teologico: le Persone trinitarie sono distinte tra loro per le loro relazioni di origine!
Questa novità, proibita in precedenza, è stata introdotta a Roma su imposizione degli imperatori germanici di allora, che l'avevano da tempo imposta nelle loro chiese e questo non ha potuto suonare, per l'Oriente, che come uno schiaffo di tipo teologico con evidenti conseguenze politiche.
In un certo senso, l'Europa medioevale si costruisce anche grazie al... Filioque!
Da allora, le due Chiese (occidentale e orientale) hanno cercato un modo per risolvere quest'incidente tutt'ora in piedi. 
C'è una soluzione che permetterebbe di sistemare le cose: nella Trinità esiste un flusso di vita intimo ad essa (è simbolicamente rappresentata dalla freccia blu circolare più piccola del primo schema). Questo significa che la forza vitale trinitaria, lo Spirito inteso come energia immanente alla Trinità, è generato dal Padre e passa per il Figlio. È un terzo Filioque ma di tipo teologico (dunque, a ben vedere, esistono due Filioque teologici, uno inaccettabile e uno accettabile).
Nella patristica greca se ne parla piuttosto di rado  e compare in scritti di autori tardivi: Gregorio di Cipro (XIII sec.) e Gregorio Palamas (XIV sec.).
Se questo fosse accettato, tutto si sistemerebbe perché si entrerebbe in sintonia con le testimonianze antiche. Purtroppo non lo si considera perché pare essere ancora assai imbarazzante smentire le assisi che il mondo cattolico ha tenuto posteriormente (particolarmente i concili di Lione e di Ferrara-Firenze) dove si ha ribadito il Filioque agostiniano insegnato dai franco-germanici.

Per soccorrere i dubbi di qualcuno che potrebbe comprensibilmente sospettare la fondatezza storica di quanto ho esposto, mi pare giusto chiamare in causa un testimone di allora: Anastasio il Bibliotecario (segretario di tre papi nel IX sec.). Costui scriveva:


“San Massimo fa comprendere che i Greci ci accusano falsamente poiché noi non diciamo che il Figlio è la causa o il principio dello Spirito Santo, come essi pretendono, ma prendendo in considerazione l’unità di sostanza del Padre e del Figlio, noi riconosciamo che Egli procede dal Figlio, come dal Padre, ma ne comprendiamo certamente il termine “processione” nel senso di “missione” (missionem nimirum processionem intelligentes): san Massimo traduce piamente e rappacifica coloro che conoscono le due lingue, poiché è evidente che egli insegna a noi, come ai Greci, che lo Spirito Santo procede in una certa maniera dal Figlio e in un’altra non ne procede (secundum quiddam procedere, secundum quiddam non procedere Spiritum Sanctum ex Filio), mostrando la difficoltà di tradurre la Sua proprietà da una lingua a un’altra”. 

(Ad Ioannem diaconum, PL 129, 560C-561A)

Qui Anastasio testimonia chiaramente qual'era la situazione a Roma nel IX secolo: come energia, attività, grazia lo Spirito procede dal Figlio, come provenienza personale solo dal Padre (= "in una certa maniera procede dal Figlio e in un'altra non ne procede")!

Ecco perché papa Leone III proibiva d' inserirlo nel Credo ma permetteva che venisse insegnato, comportamento che, per chi non conosce quanto spiegato, sembrerà strano se non proprio contraddittorio!
Purtroppo, però, tutto questo è passato sotto silenzio in favore di un'interpretazione armonizzante a favore dello status quo con cui si giustificano gli sviluppi posteriori. Per farlo non è raro cadere in una certa leggerezza filologica e storica con le quali si leggono i fatti remoti con gli "occhiali" e le esigenze del presente. Il rischio, appunto, è quello di far dire ai testi quanto essi non dicono.
Le cose, allora, rimangono ferme come sono!

Fatta questa disanima non sta a me pronunciare giudizi teologici o di valore. Posso solo dire cosa sia più coerente con le testimonianze patristiche e cosa tende a discostarsi da esse, ben sapendo che questo determina, alla fine, teologie differenti e stili di Chiesa ugualmente differenti, forse non proprio sempre ... compatibili! 


3) Forse non ho capito bene il testo, ma non riesco a capire la vera differenza fra "deificazione" e "santificazione"; cioè seppur è vero che da secoli in Occidente le "attività" e l'aspetto "pratico" hanno preso il posto che genuinamente corrisponde all'azione divina, mi pare anche vero (e lo dico dalla mia esperienza nel mondo tradizionalista, pur sappendo che non è perfetto) che l'aspetto della Grazia come azione diretta di Dio (Spirito) che trasforma l'uomo e lo porta in cielo rimanga abbastanza saldo - al meno negli ambienti che ho conosciuto io. Quindi non si potrebbe dire che la "santificazione" occidentale, nonostante il diverso linguaggio, è nella sua essenza la stessa cosa della "divinizzazione" bizantina?


Non sta a me dire "Dio agisce qui e non agisce lì", tant'è vero che negli stessi evangeli Cristo si presenta addirittura ai samaritani (ritenuti degli eretici per i giudei), mentre verso i giudei non è sempre molto tenero!

Appurato ciò, il concetto di santificazione in Occidente è, generalmente, più generico rispetto a quello orientale, molto più vicino al cammino mistico tracciato dai carmelitani riformati, tanto per capirci meglio. Attualmente sembra addirittura più generico ancora, rispetto a qualche decennio fa' !
In Oriente, generalmente, si parla di "purificazione-illuminazione-deificazione" tappe sulle quali sembra che l'Occidente sorvoli. Certamente non le esprime con i termini di "illuminazione-divinizzazione" che presuppongono il concetto di grazia increata. 
Anche nel concetto di santità, a ben vedere, ci sono delle accentuazioni differenti al punto che un santo cattolico può benissimo non essere un "mistico" mentre nel mondo orientale è praticamente necessario che lo sia!
Siamo su piani di "intesità" diversa, oserei dire.
Per il resto non posso dare giudizi di valore, così in astratto.

Grazie per l'attenzione.


22 commenti:

  1. Mostrato questo, pare piuttosto clownesco quando l'Oriente cristiano tende a ricalcare modelli ecclesiologici occidentali (facendo ad esempio leva sul concetto di obbedienza rigorosa alla gerarchia, quasi fosse fine se stesso). Mentre in Occidente questo ha una sua logica e una sua ragione d'essere (condivisibile o meno che sia), in Oriente è semplicemente una stonatura (poiché contrasta con la sua antica tradizione). Si può spiegare solo per una strana e acritica emulazione del mondo Occidentale. D'altronde il clericalismo (che è all'origine di questo falso concetto di obbedienza) è una tentazione che conquista sempre più anche l'Oriente cristiano.

    Così, se il Cattolicesimo pare destinato a seguire - pur con qualche secolo di ritardo - le logiche estreme del mondo riformato e luterano, il mondo ortodosso (almeno in qualche sua parte) pare destinato a seguire - pur con qualche secolo di ritardo - alcune posizioni teologiche latine del basso medioevo (autoritarismo ecclesiastico, tendenziale visione legalistica, ecc).

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  2. Altro appunto interessante:

    1) Il primo schema se equivocato fa pensare che basti la grazia divina e tutto si trasforma: concezione magica che sopprime la libertà umana (monofisismo pratico). In realtà la patristica è chiara: l'uomo deve preparare e prepararsi a Dio che, rivelandosi, lo trasfigura. Di qui la necessità dell'ascesi.
    2) Il secondo schema tende a spingere verso il volontarismo: la volontà umana è determinante! Nei suoi estremi questo porta ad un vero e proprio pelagianesimo in cui la grazia di Dio di fatto non conta più (arianesimo pratico).
    Che oggi nelle Chiese in Occidente non si parli più di "grazia di Dio" è un indice chiaro ed eloquente che si ha compiuto un cammino di "evacuazione" per cui Cristianesimo non è altro che idealismo, come ho mostrato qualche post addietro: http://traditioliturgica.blogspot.it/2014/05/levento-della-redenzione.html

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  3. POst molto interessante ed esplicativo...da rileggere più volte per afferrarlo appieno, ma fa cogliere alcune differenze che non conoscevo bene, o che sembravano solo disquisizioni filosofiche fine a se stesse.
    Purtroppo condivido il fatto che la Chiesa sia diventata ormai una instituzione che guarda solo in basso, con qualche accenno di sacro messo lì più per abbellimento che altro...

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    1. Grazie per l'attenzione! Io non mi rendo conto delle eventuali difficoltà di comprensione degli altri perché le cose che ho descritto le ho digerite da molto tempo e fanno parte di me.

      Ma effettivamente il Cristianesimo attuale (anche parte dei cristiani d'Oriente) è un Cristianesimo a-logos, ossia senza ragione vera, senza conoscenza di se stesso.

      Pensi che quanto ho descritto faceva parte delle catechesi con cui, nei primi secoli, s'istruivano i cristiani.
      Che sanno oggi i cosiddetti cristiani? Poco o nulla. E chi dovrebbe aiutarli, a volte, è più disorientato di loro.

      Non si faccia illudere da certi siti o blog tradizionalisti che abbaiano come cani sulla decadenza della Chiesa e poi - è stata la mia amara esperienza! - dimostrano di non sapere neppure le basi della fede. Citano a memoria le frasi del catechismo o le encicliche dei papi e non sono in grado di comprenderne le ragioni profonde. È un cristianesimo fortemente ideologizzato!

      In generale è come dice lei: ovunque (che si guardi a "destra" o a "sinistra") ci troviamo davanti ad un'istituzione "che guarda solo in basso, con qualche accenno di sacro messo lì più per abbellimento che per altro".

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    2. Questa orizzontalità pero' la noto molto di più in Occidente, dove anche molti monaci (sic) tralasciano la verticalità in favore di una dimensione prettamente umanistica.
      Il concetto di divinizzazione per esempio è del tutto assente nel Cattolicesimo, l'ho scoperto in Grecia...

      nikolaus

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    3. Il monachesimo occidentale, purtroppo, ha in grandissima parte perso il carisma originario. Il problema era già ai tempi di san Francesco, figuriamoci ai nostri! Un monaco benedettino diceva: "la nostra regola è di san Benedetto, la nostra spiritualità ignaziana, la nostra teologia domenicana (tomista)...". Questo negli anni '50. Oggi l' "insalata" è ancora più variegata... ;-)
      Il concetto di divinizzazione non può essere supportato dalla teologia cattolica (checché se ne dica e nonostante i tentativi mal riusciti di qualche gesuita). Per la teologia cattolica, infatti, il termine "divinizzazione" è ardito, eccessivo, quasi eretico.
      Questo lo si può capire, in parte, se si osservano le mie osservazioni in questo post.
      A questo punto bisognerebbe fare un discorso più approfondito sul concetto di "misticismo" in Oriente e in Occidente e anche qui si vedrebbe che, a dispetto di termini quasi identici, i contenuti non sono esattamente gli stessi.
      Infatti ad una teologia (per quanto astratta possa sembrare) corrispondono ricadute pratiche ben precise!

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  4. Ma grazie a lei....non lo dico per piaggeria ma questo è davvero un gioiello di blog, uno dei migliori in assoluto su certi argomenti...almeno qualche appiglio, qualche fonte a cui attingere è rimasta...oltre a opere basilari ovviamente...la prossima che ho in lista è "Detti dei padri del deserto "

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  5. In un punto io la trovo una visione troppo semplificata: tra la concezione trinitaria occidentale e orientale andrebbe distinto ed analizzato maggiormente il tipo di linguaggio utilizzato: teologico per quella occidentale, mistico per quella orientale ma non bisogna perdere il fine ultimo: possiamo amare Dio più di quanto lo conosciamo, quindi andrebbe amato di più ciò che di nascosto ed incomprensibile vi è nella Santissima Trinità ed in questo ci sono d'esempio i Santi poco dotati di intelligenza ma stracolmi di zelo e d'amor di Dio. Per questo io trovo invece comprensibile la condanna del quietismo in quanto portava ad una eccessiva soppressione dell'ascesi e ad una distorsione della mistica: si scambia il mezzo per il fine, così come lo si fa al suo contrario, quando gli atti della carità si travisano in un eccessivo attivismo esteriore.

    Pantocrator

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    1. In realtà se lei prende in mano i discorsi trinitari dei Cappadoci vi trova né più né meno che un linguaggio teologico! Ed è esattamente con quel linguaggio che è stato redatto il Credo niceno-costantinopolitano.
      Il linguaggio teologico, come si sa, non si è formato subito ma, mediando termini dalla cultura di allora, si è strutturato poco per volta.
      La grande scolastica riprende il medesimo linguaggio teologico patristico all'interno di uno schema di pensiero a lei peculiare. Poi, pian piano la teologia tende sempre più a filosofizzarsi...
      Il linguaggio dei mistici e il linguaggio teologico, uniti assieme, sono una peculiarità orientale in cui, prassi e "teoria" vanno sempre di pari passo.
      In Oriente chi non studia teologia può benissimo conoscerla attraverso la prassi ascetica di chi si esercita per il Regno dei Cieli. In questo modo sapienza e conoscenza non sono dissociate tra loro.
      La nostra storia, in Occidente, ha avuto un percorso differente, travagliato, con la condanna, come dicevo, del quietismo e, dietro a questo, con il sospetto verso la via mistica, ossia verso la via della più alta conoscenza e sapienza cristiana.
      Taglia oggi, taglia domani, taglia dopodomani, che rimarrà?

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  6. Mi permetto di scrivere che la questione grazia/energia creata od increata poiché, a mio parere, è una questione mal-posta che andrebbe sviscerata meglio. Il problema del cattolicesimo è che l'impostazione dell'acquinate, che mostra un equilibrio ammirevole, non poteva che generare quel razionalismo scolastico in coloro che non erano in grado di maneggiarlo con cura, perché non mi si venga a scrivere che in oriente o prima del 1000 non ci fosse un'impostazione diciamo scolastica, c'era, ma aveva il suo ruolo ed àmbito d'applicazio e.
    Il discorso fatto dimostra per l'appunto già quel che Origène segnalava ossia il distacco tra gerarchia iniziatica e gerarchia spirituale che in realtà sarebbe sempre bene fossero integrate ( credo venga da qui l'antica prassi per cui i vescovi si eleggono tra i monaci ) ed è ovvio che ciò dovrebbe essere un riferimento certo.
    Isomma spesso le posizioni occidentali non sono così erronee, neanche quelle che troppo banalmente sono tacciate di legalismo, il pregio è l'equilibrio ( equilibrio anche teologico che dovrebbe permettere un uso congruo sia di Platone che di Aristotele che possono camminare assieme senza problemi ).

    Un altro tema interessante è la confusione tra la persona divina e la persona umana che ha portato i dibattiti fin poco tempo fà, pedissequamente supini alllo psicologismo attuale, a parlare dei due io di Cristo o di come potesse esservene uno solo.
    Anche questa , a mio giudizio, è una questione del tutto mal posta perché la consapevolezza dell'uomo divinizzato trascende la sua stessa coscienza. Il Verbo incarnato è Dio ed è Uomo e prima di perdersi in vaniloqui sulla possibilità di come questo sia spiegabile, bene sarebbe giungere alla sua condizione secondo il famoso detto paolino e capire che chi è consapevole è ben più che cosciente, il che significa che la consapevolezza implichi quest'ultima.Ma forse sto divagando...

    Aggiungo allora, e và pur detto, che la mistica cattolica un po' meritava le critiche che ha subito pregna di sentimentalismo com'era. Ma questo dipende dall'esaltazione della volontà dell'uomo rispetto all'intelletto. Ora che la volontà tra le potenze dell'anima sia la più nobile , più nobile dellla ragione stessa, io non ho dubbi e non per questo mi sento un volontarista proprio perché sò che dopo l'anima c'è lo pneuma. Grande confusione è fatta in occidente tra mente ed intelletto.

    daouda

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    1. 1) È vero che l'Acquinate era una mente fine il cui equilibrio, successivamente, è stato infranto in direzione razionalistica (per l'Aquinate la teologia nasce e deve portare alla pietà). Ma è anche vero che i punti di partenza dell'Aquinate non potevano prescindere dalla teologia confezionata precedentemente a lui, ossia quella di orientamento agostiniano studiata nelle scuole franco-germaniche.
      L'Occidente ha cercato di "venirne fuori" meglio che poteva attraverso vari "lavaggi" culturali ognuno dei quali ha lasciato il suo contributo nel bene e nel male.
      La questione grazia-energia creata/increata chiederebbe uno spazio maggiore, ne convengo. Non so se potro' dedicarlo, pur avendo gli strumenti e i riferimenti bibliografici per farlo.

      2) L'umanità/divinità è un aspetto insito allo stesso Cristo sul quale i padri, parlandone sempre con reticenza e perché costretti, hanno gettato dei riferimenti imprescindibili. È vero che l'uomo divinizzato supera ogni categoria, come lei dice, come è vero pure che Dio, per Dionigi, supera la stessa idea di Dio al punto che l'eccessiva luce divina diviene tenebra.
      Ma queste affermazioni non possono di certo relativizzare o oscurare i concetti che noi umani utilizziamo (con tutti i limiti ad essi connessi). Non mi pare giusto, dunque, attribuire ad essi la qualifica di "vaniloqui" a meno che non siano un discorso che, per i Padri stessi, porterebbe ben lungi dalla pietà.

      3) La confusione occidentale tra mente e intelletto è, di fatto, provenuta dall'esaltazione dell'attività mentale in un campo, come quello della mistica, in cui agiscono altri elementi.

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    2. Per l'appunto quindi non è tanto l'approccio scolastico il problema, e credo che l'approfondimento del retroterra occidentale come la questione sulla grazia creata od increata sarebbero ridimensionabili anche se non se non appianabili si volesse affrontare da entrambi i lati il problema.
      Tutto sommato Agostino può aver ripreso un'intuizione di Origène quando parla della Monade come Endiade e viceversa giacché se si dice che lo Spirito è amore esso viene comunicato dall'amante Padre all'amato Figlio e teoricamente non può giustificare una processione anche da questo, quantunque si possa criticare questa impostazione. Ma il problema principale dell'intendere la trinità dipende credo dal riferircisi ab extra invece che permanere all'interno dell'Essere di Dio. Così non solo si rischia il monarchismo ed il subordinazionismo effettivi, ma non ci si renderebbe più conto di che cosa sia effettivamente la kenosis del Verbo , riducendo Cristo ad un semplice avatar ed è una cosa che stanno facendo abbastanza spesso...

      Beh che ci si sia portati lontani dalla pietas mi sembra evidente. Ma questo punto si collega direttamente con l'altro sottostante poiché abusare della ragione disconoscendo l'intelletto-spirito dell'uomo implica il disprezzo della mistica o perlomeno la sua distorzione. Come poi spiegare i dogmi se , come diceva Basilio, non si possiede lo Spirito?

      daouda

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    3. Attenzione che, comunque, l'approccio scolastico si basa sulla cosiddetta teologia catafatica che, come sta, non coincide molto con l'impostazione dei padri greci da cui poi prenderà avvio la teologia bizantina. Questo giusto per capire dove si situa il "gradino" di differenza che, con il tempo, aprendosi a forbice, diviene un vero e proprio allontanamento.

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    4. Più che altro è venuta a mancare in occidente la sensibilità, che in principio fu disciplina pietosa e dopo divenne legalismo ( vedasi in ciò massimo rispetto ai suoi interroganti, Romanitas vs Ellenitas(?), per comprendere che il dogma evita l'errore e non afferma la verità.

      daouda

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  7. Ah...non metto certo in dubbio che in Occidente la mistica sia andata man mano affievolendosi, ma per fortuna il lavoro partorito dalla Scolastica non è ancora "morto". Che il linguaggio mistico in Occidente non sia stato più compreso lo si capisce dalla storia travagliata di certi Santi e anche non (penso a Meister Eckhart che appunto cercava di esprimere la mistica con un linguaggio teologico)... ma come Lei ben vede, neppure San Massimo il Confessore lo fu all'epoca. Per completare il quadro obbiettivamente, se la Chiesa d'Occidente si è "clericatizzata", è riuscita però in alcuni periodi del Medioevo a manifestare l'eminente superiorità del potere spirituale, nelle Chiese d'Oriente...certo cesaropapismo ancora rimane tale e quale.

    Pantocrator

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  8. Gentile signor Pietro:

    Questo scritto mi fa riflettere (è sicuramente quello che Lei intendeva), e, riconoscendo anzitutto le mie limitazioni (ho letto molto poco i Padri, spero di farlo di più nel futuro; e in genere poca teologia), vorrei condividere qualche riflessione con Lei, ed anche domandarle qualche chiarimento.

    - Sul Filioque, ho sentito da qualche parte che la concezione orientale - cioé dello Spirito procedente anche del Filio non in quanto persona, ma nelle sue azioni nel mondo (ex Patre per Filium, credo si dica così) - è rimasta nel mondo cattolico; anzi ci sono alcuni fra i miei amici che son convinti che l'insegnamento della Chiesa in occidente sia in verità questo. Mi sbaglio su questo argomento? O forse neppure quest'opinione concorda con la teologia patristica?

    - Poi, se il Filioque è stato inteso fermamente come dice Lei sopra in occidente, allora non dovremmo dire che dal XI secolo la Chiesa di Roma (e le chiese latine in genere) sono divenute eretiche, e che allora le condanne lanciate verso di noi (lo dico come cattolico e, quindi, preoccupato) dall'Oriente abbiano ragione?

    - Forse non ho capito bene il testo, ma non riesco a capire la vera differenza fra "deificazione" e "santificazione"; cioè seppur è vero che da secoli in Occidente le "attività" e l'aspetto "pratico" hanno preso il posto che genuinamente corrisponde all'azione divina, mi pare anche vero (e lo dico dalla mia esperienza nel mondo tradizionalista, pur sappendo che non è perfetto) che l'aspetto della Grazia come azione diretta di Dio (Spirito) che trasforma l'uomo e lo porta in cielo rimanga abbastanza saldo - al meno negli ambienti che ho conosciuto io. Quindi non si potrebbe dire che la "santificazione" occidentale, nonostante il diverso linguaggio, è nella sua essenza la stessa cosa della "divinizzazione" bizantina?

    La ringrazio per questo post. Purtroppo queste cose non vengono trattate nel mondo "reale" in cui abito.

    Kyrie eleison

    PS: Aprofitto per chiederLe come va la sua edizione dei testi bizantini.

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    1. Anche a lei grazie per l'interesse!
      I punti che ha toccato meritano una trattazione a parte e, quindi, sarò obbligato a spenderci una parola in più aggiungendo a questo post un'appendice con le risposte alle sue domande.
      I testi bizantini, ovviamente, proseguono. Ma non sono lavori veloci, come ha ben capito...

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    2. Grazie tanto! Non penso di poter rispondere, e neppure commentare le sue glose, quindi mi limiterò a rileggerle e riflettere su di esse!

      Capisco quanta fatica richieda l'edizione dei testi; pregherò affinché finisca bene!

      Kyrie eleison

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  9. umilmente vorrei sottolineare che questa differenziazione è stata favorita anche dalla liturgia: il Canone Romano, con la sua scarsissima attenzione, alla dimensione pneumatica (lo Spirito Santo è nominato solo nella dossologia) ha sicuramente favorito questo: poi anche la teologia della forma dei sacramenti: nell'Oriente è lo Spirito, invocato dal sacerdote, che transustanzia i doni, mentre in Occidente è lo stesso ministro che consacra ripetendo 'in persona christi' le parole del Signore.
    Anche la liturgia delle sacre ordinazioni raffigurava bene questa idea tipicamente occidentale: San Tommaso diceva che il chierico viene ordinato non quando gli viene infuso lo Spirito Santo con l'imposizione delle mani, ma con la consegna degli strumenti, ovvero con l'attribuzione della potestà che essi esercitano

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    1. Una cosa mi ha sempre colpito: l'antico pontificale romano non è reperibile, scrivevano alcuni seri commentatori liturgici. L'unico pontificale romano che abbiamo è in realtà un pontificale romano-germanico.
      Come dire che i libri liturgici che possediamo, della liturgia romana, sono comunque stati "filtrati" da una sensibilità non romana.
      Questo può aver trasmesso alcune cose fedelmente mentre altre le ha adattate ad altre comprensioni. Forse è qui la risposta al nostro quesito.
      Infatti è normale che esistessero delel differenze in un territorio così vasto come l'Impero romano e con etnie e popoli così differenti. Ma un conto è la differenziazione, un altro conto è l'irrigidimento e la contrapposizione, cosa che poi è avvenuta determinando i risultati odierni.
      Anche oggi, se questo post è letto da un super-tradizionalista cattolico, costui affermerà che chi sbaglia sono i "greci" e che questo post è pretestuoso per gettare discredito al mondo cattolico.
      In realtà non è affatto così, ma vaglielo tu a spiegare...

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  10. Gentile signor Pietro,

    seguo sempre con interesse i suoi post. Dato che proprio ieri leggevo questo passo del De Trinitate di Sant'Agostino, che mi sembra appropriato alla discussione, mi permetto di riportarlo qui sotto:

    E tuttavia non è senza motivo che in questa Trinità si chiama Verbo di Dio solo il Figlio, Dono di Dio lo Spirito Santo solo, e Dio Padre quello solo da cui è generato il Verbo e da cui procede primariamente lo Spirito Santo. Ho aggiunto "primariamente" perché si legge che lo Spirito Santo procede anche dal Figlio. Ma anche questo glielo ha dato il Padre, non dopo che già esisteva senza esserne in possesso, perché quanto ha dato al Verbo unigenito glielo ha dato generandolo. Egli lo ha dunque generato, in modo che il loro Dono comune procedesse anche dal Figlio e che lo Spirito Santo fosse lo spirito di ambedue. [15,17.29].

    Mi sembra quindi che Sant'Agostino descriva una processione primaria dal Padre, e la processione del Figlio come risultato del fatto che tutto ciò che è del Padre è dato anche al Figlio. Nella visione occidentale questa sottile ma significativa distinzione è andata perduta?

    Non vorrei scrivere una sciocchezza, ma sembra anche che nella concezione orientale da Lei esposta, non ci sia una vera relazione diretta tra il Figlio e lo Spirito Santo, ma che sia mediata dal Padre come sorgente di entrambi. Non è una debolezza di questa concezione?

    Grazie e continui col suo interessantissimo lavoro

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    1. Grazie per la sua continua attenzione.

      Prima di tutto quando ci si accosta a un discorso sulla Trinità è necessario farlo con molta attenzione per non proiettare delle istanze razionalistiche in un campo nel quale non possono esistere. Parlando della Trinità si deve giungere all'adorazione, secondo i Padri, non ad un mero ragionamento logico e/o mondano.

      Detto questo, è bene precisare una cosa fondamentale: le relazioni di origine.
      Per quale motivo il Padre è e rimane Padre ed è chiamato così? Perché non trae la sua origine da alcuno e, al contempo, origina il Figlio (per generazione) e lo Spirito (per processione). Questa sua caratteristica di originare le altre due persone trinitarie è INCOMUNICABILE, ossia se il Figlio generasse, con il Padre, la persona dello Spirito santo (=Filioque) sarebbe pure lui Padre (è innegabile!) non sarebbe più Colui che è chiamato Figlio. In questo caso ci sarebbero due Padri (anche se il Figlio lo sarebbe di "minor" importanza e solo con il "Padre principale" perché in compartecipazione con esso).

      Ecco spiegata tutta l'ironia di Fozio il Grande quando esaminava il tema del Filioque.
      Fozio aggiungeva pure che se questa caratteristica di far procedere fosse propria ad ogni persona (quindi allo Spirito, oltre che al Figlio), allora si giungerebbe al ridicolo di uno Spirito che fa procedere se stesso.

      Il ragionamento foziano non è fuori luogo: nella Trinità o ci sono caratteristiche proprie e incomunicabili alle persone (la paternità per il Padre, ad esempio, che implica la rigorosa e unica generazione delle altre due persone, caratteristica che non ha nessun altro) o ci sono caratteristiche comuni a tutte le tre persone (come il dono di santificare o la volontà unica). E se il Padre e il Figlio hanno in comune la processione della persona dello Spirito, perché lo Spirito non deve averla? Se è comune a due, perché non dev'essere comune a tre?

      Invece tornando al ragionamento dei padri, il Figlio non è un "Padre minore" in partecipazione al solo Padre, né una concausa nella processione della Persona dello Spirito. Egli dunque non può originare lo Spirito, in quanto persona, neppure in compartecipazione con il Padre. Ecco perché l'idea che il Figlio genera la persona dello Spirito "come causa unica" con il Padre è sempre stata rigettata in Oriente.

      Invece, dal Figlio procede lo Spirito come soffio, grazia, energia salvifica.
      Dal Figlio procede l'AZIONE dello Spirito, non la Persona (come a volte equivoca sant'Agostino).

      Ecco perché lo Spirito è detto pure "amore" del Padre e del Figlio. L'amore definisce non una persona ma un'azione, una energia. Io, come uomo, non SONO l'amore ma posso AVERE l'amore. Lo stesso è dicibile su Dio: Dio è Padre-Figlio-Spirito, ma HA l'amore.

      E se nei Vangeli si scrive che Dio E' amore è perché quello che noi possiamo partecipare di Dio non è la sua vita interna ma quanto da lui proviene, la sua energia, la sua attività. Per questo per noi Dio E' AMORE. Ma in realtà Dio HA l'AMORE in quanto energia ed attività.

      Allora dal Padre nasce l'azione dell'Amore e dal Figlio l'azione dello stesso Amore. Invece, l'origine della Persona dello Spirito, che ha ugualmente l'Amore, è cosa unicamente del Padre.

      Questa è la visione della patristica antica (ad eccezione di Agostino). Anche alcuni passi apparentemente ambigui (di altri padri) se letti con attenzione evocano un contesto economico, dunque di AZIONE salvifica, dunque non personale, relativamente allo Spirito.

      Rientrano, allora, nella prospettiva che fu già dei padri cappadoci: il Padre è la sola origine della persona dello Spirito ma partecipa dell'energia dello Spirito come il Figlio. Il Figlio, a sua volta, invia nel cosmo (Filioque ortodosso) l'azione dello Spirito che procede dal Padre.

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